De Eccher: «Via dall’Italia? Possibile»

Pesa la vicenda dell’interdittiva anti-mafia. L’imprenditore edile: «Ha creato danni enormi, stiamo pensando a trasferire il gruppo»
L'area di Manhattan dove sta operando Rizzani De Eccher
L'area di Manhattan dove sta operando Rizzani De Eccher

TRIESTE. «Sì, ci stiamo pensando. Non escludiamo di trasferire la sede del gruppo all’estero. La vicenda relativa all’interdittiva anti-mafia sui lavori della Terza Corsia ci ha creato danni enormi ed è stata psicologicamente impattante». Claudio de Eccher, che insieme al fratello Marco conduce uno dei primi dieci gruppi italiani specializzati nelle grandi costruzioni, racconta con amarezza le recenti vicissitudini giudiziarie dell’azienda.

«Rizzani de Eccher produce il 95% del fatturato all’estero - continua - facciamo un mestiere difficile e rischioso, ma in Italia paghiamo le tasse e diamo lavoro non solo ai nostri dipendenti ma a un vasto indotto, come dimostra, per esempio, la collaborazione con Cimolai».

Il Tar accoglie il ricorso di Rizzani de Eccher contro l'interdittiva antimafia
Un cantiere per la terza corsia dell'A4

Ma come si è arrivati all’interdittiva della Prefettura di Udine ?

Guardi, il mondo delle costruzioni funziona basandosi su un ampio ricorso al sub-appalto: faccia conto che arriviamo a operare con quasi 300 aziende. Le filtriamo attraverso un lavoro di “due diligence” e ne consegnamo l’elenco alle forze dell’ordine. E’stato così rilevato che tre subappaltatrici avevano contatti con la n’drangheta ed è scattato il provvedimento della Prefettura di Udine, che abbiamo immediatamente impugnato avanti al Tar di Trieste ottenendo piena soddisfazione».

Avete avvertito un’atmosfera ostile sul territorio?

Diciamo che abbiamo avvertito una certa aggressività da parte delle istituzioni. Con il governatore Serracchiani poi ci siamo spiegati: di lei possiamo fidarci. Sa chi ci è stato più vicino? I sindacati. La nostra gente è il nostro principale patrimonio.

Ma, se decidete di lasciare l’Italia, dove vi trasferirete?

Austria, Slovenia, Svizzera: le alternative non mancano. Ma è prematuro parlarne.

Parliamo invece dell’andamento del gruppo durante il 2014.

Per Rizzani de Eccher si tratta di un anno all’insegna della crescita, nonostante la crisi economica globale di cui comunque vediamo gli effetti sia su molti concorrenti che sui nostri margini. Contiamo di chiudere il bilancio 2014 con un fatturato di circa 650 milioni: nel 2013 i ricavi furono quasi 572 milioni, nel 2012 ammontarono a circa 424 milioni. Migliorare la marginalità, ripeto, sarà invece più difficile.

Il 95% del fatturato ottenuto sui mercati esteri: quali sono per voi i più interessanti?

Abbiamo un ingente portafoglio ordini di 3,5 miliardi, all’interno del quale le voci più importanti riguardano Russia e Algeria. In Russia abbiamo lavoro per 1,5 miliardi, in Algeria per 1,3 miliardi, cui si aggiungono altri 200 milioni di commesse nel Medio Oriente. Ci classifichiamo tra i primi dieci gruppi nazionali del settore con una caratterizzazione produttiva “di nicchia”.

E in Italia?

Negli ultimi vent’anni ci siamo concentrati su alcune commesse nel Settentrione, rinunciando praticamente al Centro-Sud. Abbiamo scelto di lavorare soprattutto con i privati, evitando il mondo dei lavori pubblici. Se in futuro dovesse ripartire il mercato delle costruzioni, potremmo anche rientrare in gioco, a patto che si operi in un mercato sano.

Non vi interessano i lavori pubblici ma intervenite nella realizzazione della Terza Corsia.

Direi che sia l’unica commessa pubblica che abbiamo in portafoglio. E faremo di tutto per costruirla.

In un settore sottoposto a forte stress, che si va profondamente riorganizzando, ritenete di allargare il vostro raggio d’azione con nuove acquisizioni?

Ci stiamo guardando intorno, non solo in Italia. Il fattore dimensionale è importante. Ma dobbiamo farlo con criterio e in coerenza con la nostra vocazione: siamo una boutique delle costruzioni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo