Dario è morto, ma non la sua musica rock
Domani a Ronchi la tumulazione delle ceneri. In eredità una video intervista e a breve l’uscita del cd
Si è spento nella notte tra giovedì e venerdì della scorsa settimana all’ospedale San Polo di Monfalcone Dario Trevisan, ronchese di 60 anni che ha declinato la sua vita nelle sfumature dell’arte, soprattutto nella musica e le note spigolose dell’hard rock suonate con gruppi come i Pat Heaven, i Dagh e i Bad Sign. Lo ha portato via un male inguaribile che lo ha costretto a letto in ospedale da gennaio, invaso dalle metastasi che lo hanno consumato assieme alle infezioni ormai non guaribili. Il suo corpo è ormai senza vita, è stato cremato, e le sue ceneri saranno deposte nella tomba nel cimitero di Ronchi dei Legionari, dopo una cerimonia che si terrà domani mattina alle 9. La sua voce, le sue note e la sua musica però resteranno per sempre assieme alla sua anima nel cuore della sua famiglia, dei suoi amici e dei suoi fan. Grazie a un video che è stato girato in ospedale il 10 settembre scorso, una videointervista in cui si racconta e fa da testimonial di vita nell’hospice, con un appello, da malato terminale affinché le cure delle persone malate come lui non siano fredde e spersonalizzata, ma piene di vita e umanità fino all’ultimo. E poi la musica. Quella resterà in eterno soprattutto dopo l’uscita di un cd per l’etichetta Andromeda Relix (specializzata in musica Rock) dove sono incisi due pezzi registrati con Trevisan alle tastiere, proprio in ospedale, qualche tempo fa. Un miracolo realizzato grazie al suo grande amico Massimo Devitor che con l’ok del primario del reparto Rsa Gualtiero Scaramella ha trasformato la stanza di Trevisan, per oltre due settimane, in sala d’incisione. Un’operazione complessa per rimettere Dario alle tastiere che ha coinvolto anche Andrea Garnacini, oggi vicesindaco di Heraclion (città più grande di Creta) che ha preso l’aereo per rimettersi alla batteria, Paolo Massarenti alla chitarra elettrica ma anche un infermiere che si destreggia alla chitarra e al computer come Valerio Colella eccezionalmente distaccato dalla centrale di sterilizzazione del San Polo, dove lavora abitualmente, per supportare il paziente e il suo ritorno alle tastiere.
«Una scelta forte e vincente quell’incisione – racconta Devitor – ha spostato la sua testa dal suo corpo e dal suo male, Dario si è immerso nella musica. L’esperienza gli ha allungato la vita e gli ha dato molta gioia». Il cd, ha assicurato Devitor, uscirà a breve. Lui come amico è riuscito a stargli vicino fino all’ultimo. «Sono riuscito a salutarlo quattro ore prima che spirasse – spiega commosso – alternava fasi di lucidità a momenti di sopore, stava molto male ed era sotto l’effetto dei farmaci antidolore. Ci siamo guardati negli occhi, mi ha riconosciuto e l’ho salutato. Si è addormentato con la mia mano appoggiata sul suo petto». Accanto a lui sino all’ultimo la compagna, Alessandra Collodi. Domani il saluto in cimitaro a Ronchi.
(g. g.)
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