Danno di immagine all’Arma, chiesto il conto ai carabinieri che pretendevano il ”pizzo”

Procedimento avviato dalla procura della Corte dei conti per i militari che taglieggiavano i camionisti
TRIESTE
. Arriva il conto, denaro sonante, per i tre carabinieri coinvolti nei taglieggiamenti ai camionisti. A gennaio i brigadieri Procolo Mellone e Luigi Neri e l’appuntato Roberto Morleo, avevano patteggiato davanti alla giustizia ordinaria la pena di un anno e 10 mesi di reclusione con la condizionale per l’accusa di concussione.


In questi giorni la procura della Corte dei conti ha definito il procedimento nei confronti dei tre militari e si appresta a inviare alla sezione giurisdizionale la valutazione del presunto danno di immagine. Praticamente a ognuno dei tre militari potrebbe arrivare un conto di qualche decina di migliaia di euro. Un risarcimento, che in questo caso lo Stato, chiede ed esige da chi, con il proprio operato, ha danneggiato l’immmagine pubblica dell’amministrazione per la quale lavora. In pratica, secondo la procura della Corte dei conti, l’azione dei tre carabinieri e il clamore conseguente alla vicenda, hanno creato non pochi problemi alla stessa Arma. Che si è trovata a dover affrontare la questione spinosa nei confronti dell’opinione pubblica. Questo è accaduto, sempre secondo la procura, anche se la vicenda della concussione è stata oggetto di un’indagine da parte degli stessi militari di via dell’Istria e della compagnia di Muggia, colleghi dei tre finiti sotto inchiesta, in servizio appunto al radiomobile di Muggia. I tre sono attualmente sospesi dal servizio e ricevono il cosiddetto assegno alimentare in attesa della definizione anche del procedimento disciplinare che è scattato al termine di quello penale.


Sono stati accusati di 26 episodi di concussione realizzata. Al brigadiere Procolo Mellone la procura orginaria aveva attribuito dieci «incontri» con i camionisti. All’appuntato Morleo dieci, al brigadiere Neri, due. Tutti e tre erano stati arrestati nei primi giorni dell’inchiesta coordinata dal pm Raffaele Tito.


Determinanti si erano rivelate le intercettazioni ambientali e telefoniche chieste dalla procura e autorizzate del Tribunale. Le «cimici» nascoste a bordo delle Alfa Romeo del nucleo radiomobile di Muggia avevano raccolto in diretta non solo le confidenze autoaccusatorie dei protagonisti di questa triste vicenda, ma anche alcune voci di camionisti bloccati sulla Grande viabilità e costretti a pagare pesanti sanzioni per infrazioni immaginarie o pretestuose.


In un caso il camionista si era ribellato al pagamento del «pizzo». Aveva protestato con vivacità e con una penna aveva iniziato ad annotare il numero di targa dell’Alfa 156 dell’Arma. Era stato preso a calci e la dissuasione in un primo momento sembrava aver avuto effetto. L’uomo ne aveva però parlato con altri autisti di Tir e la notizia si era diffusa. Molti camionisti stranieri già da tempo parlavano apertamente nel loro ambiente di lavoro del rischio rappresentato dal passaggio nel territorio di Muggia. Era corsa anche voce della presenza di una pattuglia di carabinieri «particolarmente attiva».


La prima denuncia era stata presentata alla compagnia di Muggia nel novembre 2007. Subito dopo il comandante del reaparto, il capitano Maurizio Licalzi, l’aveva trasmessa con grande riservatezza al Comando provinciale. Ed era partita l’indagine. Poi c’era stato il rinvio a giudizio con l’ammissione al patteggiamento. Ora arriva il conto da pagare allo Stato.
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