Danieli porta a casa l’intesa miliardaria, Fincantieri attende

ROMA Le aziende del Friuli Venezia Giulia portano a casa un solo accordo di cooperazione economica nell’ambito della Via della seta. Dopo gli incontri del Business forum Italia-Cina organizzati ieri a Roma durante la visita del presidente Xi Jinping, l’intesa sarà firmata nella mattinata di oggi a Villa Madama: protagonista sarà l’azienda Danieli & C. Officine meccaniche di Buttrio, che sigla un patto da un miliardo di euro per la realizzazione di uno stabilimento siderurgico a Sumgait in Azerbaijan.
L’impresa friulana è leader mondiale nel campo e il partenariato con la Cina darà gambe alla costituzione di un ciclo produttivo integrato nell’ex repubblica sovietica. L’operazione vale 1,1 miliardi, necessari per installare una catena autosufficiente, dall’estrazione del minerale fino alla laminazione, per un totale di cinque impianti da erigere nell’area.
La firma verrà apposta dal presidente Gianpietro Benedetti, ma a Villa Madama sarà presente anche Anna Mareschi Danieli, manager dell’azienda friulana e presidente di Confindustria Udine.
Il coinvolgimento dell’azienda friulana era stato stabilito dal contratto di servizio stipulato nel 2016 con Baku Steel Company, senza che si riuscisse mai ad arrivare al dunque a causa del mancato finanziamento dei lavori, il cui appalto è stato ora rilevato dai cinesi. Gli asiatici si occuperanno della parte edilizia e lasceranno a Danieli gli aspetti tecnologici e impiantistici per un controvalore di circa duecento milioni. L’accordo sarà l’unico riguardante il Fvg all’interno di un ventaglio di proposte che coinvolge trasporti, energia, impianti siderurgici, credito e turismo, con l’inserimento di colossi come Cassa depositi e prestiti, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Terna, Andaldo, Snam, Italgas, Enel, Eni e Ferrovie.
Danieli è attiva in Cina dal 1979 e ora il suo management centra una nuova alleanza, sebbene Mareschi Danieli abbia per settimane manifestato timori rispetto ai paralleli accordi tra Autorità portuale dell’Adriatico orientale e China communications construction company.
La rappresentante di Confindustria Udine ha scritto al proposito anche una lettera aperta in cui invitava «alla cautela», evidenziando che «la Cina sta investendo, aggiudicandosene il controllo, in moltissime infrastrutture strategiche europee», in assenza di «qualsiasi forma di reciprocità». Secondo la manager, «stiamo facendo il gioco altrui, trattando da singoli, senza l’Unione europea alle spalle. È esattamente quello che vogliono, non credete?». Posizione che non lasciava presagire la firma poi spuntata all’ultimo.
Al contrario di quanto inizialmente trapelato, Fincantieri non ha invece stretto accordi specifici, nonostante la presenza a Roma dell’ad Giuseppe Bono e dei dirigenti che si occupano dei rapporti con la Cina. Solo pochi giorni fa, il presidente Giampiero Massolo ha invitato a gestire la Via della seta come un’opportunità, pur davanti ai timori che il gigante cinese può incutere. Fincantieri ha d’altronde già attivato propri canali di mediazione con il Dragone, da cui è nato l’asse con China State Shipbuilding Corporation, il maggiore conglomerato cantieristico cinese.
Il memorandum punta all’ampliamento della cooperazione industriale in tutti i segmenti della costruzione di navi mercantili e a novembre è arrivata la firma tripartita Fincantieri-Cssc-Carnival, con cui si è avviato il progetto da 1,5 miliardi per la produzione di due navi da crociera (più ulteriori quattro in opzione), che saranno le prime unità del genere mai realizzate in Cina per il mercato locale.
Saranno costruite da maestranze cinesi con l'assistenza tecnica di Fincantieri. Per Bono si tratta di diventare «first mover in ambito navalmeccanico», creando «ulteriori opportunità per le pmi del nostro indotto» che potrebbero insediarsi nel distretto di Baoshan a Shanghai e diventare fornitori anche per il ramo produttivo asiatico.
I vertici nazionali di Confindustria approvano intanto gli accordi con la Cina, «senza strappi con i nostri partner strategici e d'intesa con l'Europa», con pieno ancoraggio all’alleanza atlantica e aumentando «i flussi commerciali non solo dalla Cina in Europa, ma soprattutto verso la Cina». Una linea ribadita anche dal presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto, favorevole al memorandum che l’Autorità portuale sta per siglare con Cccc.
Dopo l’appoggio di Mareschi Danieli al progetto italo-cinese in Azerbaijan, a rimanere isolato è il presidente di Unindustria Pordenone Michelangelo Agrusti, anche ieri tornato a bocciare le intese con la Cina. Agrusti si augura che «l’Italia non si trasformi in un gigantesco inginocchiatoio. Questa operazione è congegnata per favorire l’export cinese. Deve esserci un rapporto paritario e per questo a negoziare non può esserci l’Autorità portuale e nemmeno una singola nazione: ci vorrebbe l'Europa intera, possibilmente alleata con gli Stati Uniti».
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