Danese: «Tutti gli enti sapevano che ero indagato»
Ma il manager tace davanti al gip. Il legale: era noto che la «100 maestri» organizzava eventi
«È chiaro dove vogliono andare con questa inchiesta. Più di un anno fa, quando ho saputo di essere indagato, ho informato verbalmente dell’avvio dell’indagine il Comune e gli altri enti pubblici con cui lavoro da più di dieci anni. Nessuno ha sollevato obiezioni e le collaborazioni sono andate avanti...» Lo ha dichiarato ieri all’esterno dell’aula del gip Roberto Danese, il giornalista-manager indagato per truffa, illecito conseguimento di contributi pubblici e fatture false. Danese è agli arresti domiciliari da martedì e ieri è stato convocato dal giudice Massimo Tomassini per l’interrogatorio di garanzia. Avrebbe potuto spiegare, raccontare, confutare, al limite, litigare.
Invece si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il Codice glielo consente e il difensore, l’avvocato Alessandro Cuccagna, glielo aveva caldamente consigliato. Due sono infatti i «fronti» aperti con la Procura. Il primo è quello della custodia cautelare; il secondo quello del contenuto dell’inchiesta. Finché il primo non sarà risolto, il secondo problema non verrà affrontato, anche perché oggi la sproporzione tra le due parti è enorme. L’accusa conosce tutto delle sue «carte»: la difesa gioca alla cieca, almeno fino all’udienza del Tribunale del riesame, quando potrà venire in possesso del fascicolo gestito dal pm Giorgio Milillo.
Per il momento dunque, «bocca cucita» col magistrato e scarne dichiarazioni anche all’esterno dell’aula del gip, dove ieri si sono seduti attorno a un tavolo il giudice che ha detto «sì» all’arresto, l’indagato e il suo difensore. Finché non conosceranno tutti i «mattoni» con cui la Procura ha costruito l’accusa, Danese e il suo avvocato non diranno nulla. Ieri hanno però depositato nelle mani del giudice Massimo Tomassini molti documenti. Secondo il difensore dimostrano che Roberto Danese non ha mai taciuto ai vertici degli enti pubblici i nomi delle ditte o delle associazioni senza fini di lucro attraverso le quali mirava ad ottenere l’incarico di organizzare questo o quello spettacolo, questa o quella iniziativa.
«I nomi delle associazioni erano sempre stampati sui manifesti, annunciati nelle conferenze e riportati negli articoli dei giornali e nei servizi televisivi. Tutti conoscevano la ’100 maestri’ e la Roberto Danese Organizzazione» ha spiegato l’avvocato Alessandro Cuccagna. «Negli uffici del Comune e degli altri enti da lungo tempo i finanzieri avevano acquisito la documentazione sui pagamenti. Tutto si è svolto alla luce del sole. Tutti sapevano dell’inchiesta. Era nota anche la vendita dell’appartamento di via Roma con il cui ricavato è stato estinto un mutuo e pagati numerosi debiti. Tutto è dimostrabile con ricevute ed estratti conto.
Non c’è mai stato e non c’è un fondo nero. Non esistono paraventi – ha aggiunto il difensore – perché nelle associazioni senza fini di lucro altre persone erano attive anche se Roberto Danese rivestiva un ruolo preminente, sancito dal suo ruolo di presidente. Confido nell’imminente pronuncia del Tribunale del riesame. Poi discuteremo in maniera mirata sugli altri atti». La preminenza che Danese aveva raggiunto nell’organizzazione di spettacoli per gli enti pubblici, era dovuta – a detta degli stessi enti – alla sua iniziativa, alla sua conoscenza del mercato e alle sue entrature negli uffici. Conosceva i desideri degli amministratori e proponeva loro «La notte dei saldi», così come «Il sabato nel rione». «Accettavamo spesso le sue proposte - ha spiegato l’assessore Paolo Rovis - perché erano valide e sostenevano altre iniziative, richiamavano turisti e pubblico».
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