«Dalle sue idee macchine fantastiche»
Parla Fulvio Cok, per anni tuttofare e anima realizzativa dei prodotti di Ernesto Illy
«Me lo ricordo quando avevo iniziato alla Illy, era il ’68, non avevo nemmeno vent’anni, eravamo in pochi, 40-50 al massimo. Nessuna automazione, facevamo tutto a mano. Il prodotto che allora tirava erano i barattoloni da 2 chili e mezzo. Noi li costruivamo, poi venivano riempiti con i chicchi di caffè, pronti per il bar. Erano già pressurizzati, quella era stata un’invenzione del papà di Ernesto, Francesco Illy, negli anni ’30. Ernesto era uno tra noi, eravamo talmente in pochi e lo incontravi ogni giorno. Non è mai stato un padrone vero e proprio, ci faceva sentire parte di una famiglia, il padre di tutti noi. Era sempre presente e, anche quando non veniva, la sensazione era di averlo accanto. Sorrideva, creava armonia, ti dava una carica come nessun altro».
Fulvio Cok ha lavorato accanto a Ernesto Illy per quasi 40 anni, è riuscito ad andare in pensione qualche anno fa e lo stesso Ernesto, forse a malincuore, lo ha lasciato andar via. «Era uno che rispettava le scelte di vita» ricorda Cok, ma non senza averlo prima tenuto ancora per un anno come consulente a contratto. A vent’anni tuttofare, poi autista, meccanico, capo officina e negli ultimi dieci anni responsabile dell’Ufficio tecnico della Illy. Probabilmente non c’è persona, al di là dei familiari, che sia stato accanto a Ernesto più di Fulvio Cok. Da quando lo portava in automobile in giro a quando assieme hanno migliorato e innovato gli impianti della illycaffè, e quando assieme (erano in tre, lui, Ernesto Illy e Suggi Liverani) hanno messo a punto una delle prime macchine a cialde di successo. Vent’anni fa nasceva la Krups che faceva il caffè espresso con la tradizionale miscela da bar o la rivoluzionaria cialda. Fulvio Cok non aveva mai voluto rilasciare un’intervista. In questi anni in tanti lo hanno tirato per la giacca al rientro dai suoi viaggi per ordinare i costosissimi macchinari della illy.
Ieri ha parlato per la prima volta e per farlo ha scelto di tornare in azienda. Nessuna foto però. «Io non c’entro, se parlo è perchè voglio onorare la memoria del dottore». Anche se ormai in pensione, scendeva da Longera - dove abita - alla illy ogni tanto «per parlare con Ernesto, per confrontarsi e chiacchierare. «Dèi Fulvio vien che femo una ciacolada...». Non lo avrebbe mai lasciato andare in pensione: «Mi diceva che se vado mi arrugginisco e che l’uomo non è fatto per andare in pensione. Finché lavori e pensi sei vivo ed è quello che conta. Altrimenti ti spegni». È un torrente in piena Cok, è stato zitto per troppo tempo e ora non sembra nemmeno accettare la scomparsa. «Ce l’ho sempre davanti – dice guardando nel vuoto – Fulvio andemo a far un giretto, mi diceva. Veniva in reparto, mi prendeva accanto e assieme facevamo il giro dello stabilimento. Mi chiedeva come va, come stanno i dipendenti, si preoccupava che fossero contenti. E poi ci scambiavamo idee, pensieri.
Il suo pallino era migliorare sempre e costantemente. Era un padre per me, un amico. Un fratello». Cok era già presente quando la illy era piccola «mi ricordo, c’erano pochi soldi. Quando servivano 6 viti ne compravamo al massimo 8. Ora viaggiano i pacchi da 100». E da capo officina assieme a Ernesto Illy ha visto crescere l’azienda e arrivare al successo. «Lui pensava continuamente – racconta – era tanto più intelligente di noi. Nella sua mente c’era già il macchinario perfettamente funzionante. A noi dava l’idea e lo realizzavamo». Come la saldatura dei barattoli. Cok ha un guizzo di orgoglio: «A quella ci pensava continuamente. Ancora oggi nessuno al mondo riesce a fare le saldature a punti come noi della illy con un barattolo cilindrico di spessore 2/10. E quando abbiamo realizzato la Krups a cialde?». Sorride Cok. «Mi ricordo, troppo bello! Io e lui con un aereo privato a fare la spola con la Svizzera. Era come mio fratello, si divertiva e voleva portare lui le valigie. Parlavamo con i tecnici e poi giù a Trieste in azienda per mettere a punto la macchina».
Sempre al lavoro. «Mai in ferie, anzi non vedevamo l’ora che arrivassero le ferie per fermare la produzione e mettere mani alle macchine per rimetterle a posto, migliorarle. Poi la ripresa arrivava troppo presto e dovevamo stare lì a riparare gli impianti che non ripartivano subito bene. Lui sorrideva sempre, che il progetto e l’impianto andasse bene o no. L’armonia era tale che non ti sembrava nemmeno di essere al lavoro. Noi lavoravamo giorno e notte, poi verso mezzanotte arrivava Ernesto con la moglie Anna, le bottiglie e i panini. Si stava insieme a brindare, a mangiare e a fare la ciacolada. Poi si ripartiva al lavoro come se fosse mezzogiorno. Andavamo avanti per due giorni senza limiti finché tutto funzionava. Era come se fosse roba nostra. Nessuno ti motivava e dava forza come lui». Cok racconta, i fogli del bloc notes si riempiono fitti fitti, non vorrebbe mai smettere. Ricordi, aneddoti, esperienza e passione. Non ha dubbi Fulvio, nella sala riunioni della illycaffè: accanto a lui Ernesto Illy, non è mai andato via.
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