Dalle streghe al Pedocin le scoperte di Lonely Planet

Trecento pagine, sette sezioni, e tante curiosità danno vita alla guida dedicata al Friuli Venezia Giulia
Una veduta di Ponterosso, tra i luoghi più suggestivi di Trieste
Una veduta di Ponterosso, tra i luoghi più suggestivi di Trieste

«Il Friuli Venezia Giulia è un territorio pieno di bellezza, dotato di originalità e varietà che non sono seconde a nessuno nella Penisola: sono regioni come questa, o come il Piemonte, che potranno riportare in auge il turismo in Italia». Sono a dir poco lusinghiere le parole che il direttore commerciale e marketing di Lonely Planet, Angelo Pittro, ha usato ieri durante la presentazione del volume dedicato al Friuli Venezia Giulia dal più noto editore di guide turistiche del mondo. Un testo, uscito dalla penna e dal girovagare dello scrittore Luigi Farrauto, che svelerà i lati nascosti della regione anche a molti autoctoni.

Territorio «non artefatto»

Farrauto e Pittro e l’autore hanno esposto il loro punto di vista da “esterni specializzati” in presenza del vicepresidente regionale Sergio Bolzonello e del direttore di TurismoFvg Michele Bregant. «Quel che fa la differenza e rende il Friuli Venezia Giulia una destinazione interessante per il nostro pubblico - ha detto Pittro - è il fatto che questa regione sia sostanzialmente intatta e possa offrire un’esperienza autentica, non artefatta: un territorio non svenduto ai negozi di cianfrusaglie, ai menù per turisti nei ristoranti, alla cementificazione».

Il dirigente di Lonely Planet ha sottolineato poi l’efficacia della collaborazione con TurismoFvg: «Abbiamo intrecciato i media tradizionali e i nuovi media: incrociando la guida cartacea o il racconto del Fvg che abbiamo fatto alla radio con mezzi come Facebook, Twitter, Instagram. È stato un percorso articolato e unico».

Il Friuli Venezia Giulia “strega” la Lonely
La copertina della guida Lonely Planet dedicata al Friuli Venezia Giulia

Regione «lenta»

Secondo Farrauto il Friuli Venezia Giulia «è una regione lenta nell’accezione più positiva del termine: oggi la lentezza necessaria a penetrare la complessità è un lusso». E le trecento pagine della sua guida provano che l’autore non si è tirato indietro innanzi al compito. È un’esperienza leggermente straniante osservare i luoghi che si abitano attraverso la lente, il classico stile Lonely Planet, con sui siamo abituati a scoprire il resto del mondo: l’impressione che se ne trae, alla fin fine, è che Farrauto sia riuscito a sentire i luoghi quanto gli autoctoni.

Della separazione dei sessi del Pedocin scrive: Questa tradizione asburgica non solo si è mantenuta fino ai nostri giorni, ma è difesa strenuamente dai triestini, che paiono divertiti dalla divisione». Un tratto del peculiare humor cittadino che, così come l’uso del «volentieri», l’autore coglie al volo. Questo intuito è confermato dall’attenzione minuziosa che la guida dedica alla storia e alle culture della regione: dalle località più note ai luoghi più sconosciuti, in tutte le stagioni. Il territorio regionale è trattato in sette sezioni geografiche (le montagne, le pianure pordenonese e udinese, i Colli orientali, il goriziano, la costa e la laguna, il Carso e Trieste).

Ecco alcuni esempi, giocoforza presi qui e là, dei temi trattati.
Montagna La guida si addentra nei rilievi friulani quasi paese per paese. L’autore riporta anche i lati meno noti della loro storia (c’è addirittura un paragrafo dedicato alla “Kosakenland in Nord Italien”), perdendosi nel paesaggio: il lettore autoctono (perlomeno quello più saldamente radicato a mare) si stupisce di scoprire i nostri parchi naturali, così come attrazioni inaspettate come il paese degli orologi di Pesariis o le miniere della val di Resia.

Pianura La definizione di Nievo del Friuli, «piccolo compendio dell’universo», assume concretezza quando Farrauto definisce i Magredi «una steppa centroasiatica». La guida conduce il viaggiatore ad assaporare tutte le risorse dello spazio compreso fra monti e mare, diviso in territorio di Pordenone e Udine. Tanta l’attenzione dedicata alle città ma anche a paesi, tradizioni, enogastronomia, percorsi con cui scoprire queste terre: ad esempio il Cammino Celeste che collega Aquileia con i santuari di Maria Saal e Brezje.

Collina «Posto bizzarro» le Valli del Natisone, scrive Farrauto: «Terra di ferrovie abbandonate, trincee di guerra e leggende di streghe con i piedi all’indietro». Parole che magari non verrebbero in mente a chi ci capita un po’ per caso. Quanto al Carso, è definito «l’altra metà del cuore dei triestini, meta irrinunciabile delle loro scampagnate e pezzo importantissimo della loro tradizione». Il Collio è «da visitare per una sola e unica ragione: stare bene».

Mare Farrauto percorre passo passo la costa di una regione in cui l’acqua è il fattore fondante del paesaggio: dalla Laguna - «sembra il Mekong» - alle spiagge di Grado e Lignano, fino al gioiello di Muggia «ingiustamente trascurato».

Top 20 e itinerari In apertura la guida propone una Top 20 delle mete regionali (le prime quattro i capoluoghi) e diversi itinerari: dalle montagne al mare, passando per la Grande guerra, l’enogastronomia e gli sport estremi, «per i più impavidi». Bolzonello ha constatato che «le peculiarità colte dall’autore corrispondono alla lettera ai club di prodotto immaginati nel nostro nuovo piano operativo del turismo: una sintonia che ci conforta. Questa guida ci aiuterà ad essere competitivi nei prossimi anni». Bregant ha sottolineato «l’importanza del risultato: la Regione e TurismoFvg hanno lavorato oltre un anno perché ciò avvenisse. La collaborazione è stata proficua ma rispettosa dell’indipendenza di Lonely Planet e dell’autore».
 

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