Dalle sorgenti incantate fino al Ponte Cerkvnik sopra il fiume misterioso
«Vela Voda - Izvor 1 km». Il cartello in legno alla Ku„ica - Rebar, un rifugio-bivacco in pietra eretto lungo il sentiero, indica la direzione per arrivare alla sorgenti del Reka/Timavo. Il segnale per la sorgente è l’ultimo sotto una serie di cartelli in legno che indicano la posizione e le direzioni per Zagreb - 123 km, Trst - 49 km, Pula - 79 km. Alla fine per individuare l’origine del fiume misterioso siamo dovuti tornare indietro dal bosco di Zabice, respinti da una sbarra di confine comparsa all’improvviso sullo sterrato, in mezzo alla boscaglia. Perciò abbiamo fatto dietrofront, raggiunto le auto, imboccata la strada per Rupa, superato il valico e, una volta in territorio croato, non abbiamo fatto altro che seguire i cartelli turistici che mandano verso le fonti del Timavo.
Ci tengono molto i croati a questa primogenitura: il Reka/Timavo gorgoglia nei terreni della Republika Hrvatska come un torrentello sì e non per un chilometro, però la cura che i croati mettono nel salvaguardare e valorizzare le sue sorgenti è ammirevole, e molto patriottica. Quando lasciamo le auto all’imbocco di un ripido sentiero, a 730 metri di quota, sulle pendici del Monte Dletvo, abbiamo già superato ampie aree boschive dove espliciti cartelli invitano a stare attenti agli orsi. Scendiamo a passo svelto lungo il sentiero e finalmente, scaracollando giù tra enormi faggi, raggiungiamo il fontanile. Quello “ufficiale”, per così dire, visto che le sorgenti sono in realtà un intricato e vasto sistema di polle che sembrano zampillare da ogni parte nella selva. Ma questa dove siamo - munita di regolare libro di vetta ad uso degli escursionisti -, è quella che a tutti gli effetti ha l’aria di essere la “vera” sorgente: un flusso d’acqua purissima e levissima versata da un anfratto roccioso coperto di muschio, e che forma una piccola vasca di commovente limpidezza. È emozionante: quest’acqua mitologica borboglia in questo bosco tolkeniano i suoi primi vagiti, passa in silenzio il confine con la Slovenia, mormora per una quarantina di chilometri diventando sempre più grande e baldanzoso fino a sparire con assordanti ruggiti nelle voragini di San Canziano, quindi soffia e sospira come uno spettro sottoterra per altri cinquanta chilometri nelle italiche terre concedendo qua e là qualche fugace e abissale apparizione, e infine riappare spumeggiante a Duino dove regala le sue acque all’Adriatico. Non resisto a una ritualità banale e, prima di riprendere la marcia, mi abbevero alla fonte.
Poco dopo rieccoci in Slovenia, nella Valle di Vreme, la Valle dei Mulini, dove il Reka/Timavo si mostra al suo meglio. Questo è un parco nazionale, e i tracciati permettono di seguire il corso del fiume in un autentico paradiso naturale. Prendiamo il sentiero da Famlje, oltrepassando un ponte adrenalinico affacciato sul Reka - antipasto degli orridi che vedremo fra poco -, e presto ci avviamo lungo il sentiero attrezzato che porta dritto a San Canziano. Prima che il Timavo abbandoni il flysch impermeabile per infilarsi come una lama nel calcare, la piana si presenta fertile e opulenta. Poi, sotto i ruderi fantasmatici del castello di Noviscoglio/Školj, il fiume si insinua in una stretta e ombrosa gola tra pareti strapiombanti, quasi ad annunciare l’intenzione di sparire di lì a poco, come in effetti avviene. Tutto il percorso è costellato dai ruderi di antichi mulini e vecchie segherie. Le rovine fanno capolino nella vegetazione fra le due sponde, come resti di una civiltà scomparsa. Ed è così: in un passato nemmeno troppo lontano ai margini della Grande Acqua sorgevano più di quaranta mulini, che alimentavano un’economia rurale e autarchica destinata a svanire del tutto negli Sessanta del Novecento con l’avanzare dell’industrializzazione. Si sgretolò allora una comunità che intorno all’ acqua del Timavo aveva organizzato non solo la sopravvivenza, ma una cultura legata ai capricci del fiume, alle sue piene e al suo improvviso ritrarsi, al suo essere una via di comunicazione con altri orizzonti, laggiù verso il mare, in tempi in cui proprio nei mulini i contadini del carso convergevano da ogni direzione, perché lì si potevano conoscere le novità che riguardavano realtà lontane e vicine, guerre e commerci, scoperte e abbandoni.
Superato il castello di Noviscoglio che domina sui precipizi dove s’infila il Timavo, scendiamo nella forra e seguiamo il corso fino ad arrivare sotto Mala Dolina, dove il fiume cattura l’ultimo sole e si catapulta finalmente nelle voragini di San Canziano. Un tracciato scosceso e non protetto porta fin sotto la volta di uno degli accessi a quel gigantesco labirinto che sono le Škocjanske Jame. Chiazze di luce creano riflessi giocosi sulle pareti di roccia, mentre poco sotto il fiume ribolle assordante mentre precipita con furia ipnotica nell’inghiottitoio. Non resta che tornare su, fino a Škocjan, e mettersi in fila con i turisti alla biglietteria del moderno centro visite per una scampagnata nel complesso delle Grotte di San Canziano.
Ci siete mai stati? Andateci. È a circa mezz’ora di strada da Trieste, ma è come entrare in un altro mondo. Niente a che vedere con la Grotta Gigante o le Grotte di Postumia o altri complessi ipogei aperti ai turisti. Queste voragini parlano, anzi urlano, ed è il rumore del tempo profondo. Dal Ponte Cerkvnik, sospeso a quaranticinque metri sopra il greto del Reka rombante, in uno dei canyon sotterranei più grandi del mondo, la visione del fiume è mozzafiato. Di più: da qui si può avere un’idea abbastanza precisa di cosa può fare l’acqua quando ci si mette, con quanta forza può scavare la terra scavalcando i millenni come fossero istanti. Lo fanno tutti i fiumi carsici, ovviamente, ma qui il Timavo lo grida all’uomo senza tanti complimenti: tu e la tua misera vita, guarda io cosa sono capace di fare. Già nel 1819, quando c’era l’Impero, il consigliere provinciale Matej Tominc pensò di cominciare a portare sistematicamente i visitatori nella Dolina Grande, facendo firmare un registro di presenze, perché tutti vedessero quella meraviglia. «E già allora le guide si facevano pagare», ci dice Jana Martin›i›, responsabile del marketing delle Škocjanske Jame, che incontriamo alla direzione del parco. «E oggi contiamo fino a centomila visitatori all’anno», gongola il direttore delle Grotte, Stojan . Š›uka. «Abbiamo fatto grandi miglioramenti e ammodernato l’intero complesso - aggiunge sornione - ma forse il successo non è tutto merito nostro: le Grotte di Postumia recentemente hanno lanciato una grande campagna pubblicitaria, ma per chi viene da ovest non siamo prima di Postumia, così molti turisti arrivano qui forse pensando di andare a Postumia...».
Nelle Grotte di San Canziano il Timavo scompare definitivamente per continuare sottoterra il suo viaggio verso il mare. È ora di cominciare a seguirlo in questa avventura nel buio.
(2 - Continua. La prima puntata è uscita il 2 agosto)
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