Dalle pause caffè “mini” alle punizioni in vetrina: la stretta sui regionali

Malumori tra i 3.700 colletti bianchi per la linea dura decisa dal neodirigente Forte. Tra gli effetti sgraditi anche i ritardi nel pagamento di straordinari e buoni pasto
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Udine 21 ottobre 2018 tornelli in regione Agenzia Petrussi foto Massimo Turco
Udine 21 ottobre 2018 tornelli in regione Agenzia Petrussi foto Massimo Turco

TRIESTE Straordinari e buoni pasto non pagati da due mesi. Circolari che invitano a limitare le “pause caffè”. Richiesta di illustrare minuziosamente tutte le uscite dall’ufficio. Invito ai dipendenti a visionare i provvedimenti disciplinari comminati ai colleghi. Una volta il posto di lavoro in Regione era considerato il bengodi: i “regionali” erano coccolati dalla politica perché massa di manovra elettorale e motore della macchina amministrativa. In tempo di crisi, le cose non sono cambiate poi molto e i colletti bianchi se la passano meglio di tanti altri, ma oggi le carezze sembrano finite.

Nei palazzi della Regione l’anno nuovo è cominciato fra i mugugni dei 3.700 impiegati e dirigenti, sparsi fra Trieste, Udine e le altre località del Friuli Venezia Giulia. Anzitutto questione di soldi, a cominciare da due mesi di straordinari non saldati: qualche centinaio di euro per i più operosi, che saranno pagati solo a febbraio a causa delle lungaggini prodotte dagli aggiornamenti dovuti al rinnovo contrattuale firmato a ottobre. Per erogare gli arretrati previsti dall’accordo, la Regione ha infatti deciso di sospendere le voci accessorie del trattamento. Stessa storia per i buoni pasti, anch’essi congelati da un bimestre: un valore di circa trecento euro a dipendente, che sarà anch’esso accreditato il mese prossimo.

Ma ciò che più innervosisce i colletti bianchi è il senso di scarsa fiducia che ritengono connotare la gestione del personale introdotta dal centrodestra. A cominciare dall’esordio del direttore centrale della Funzione pubblica Francesco Forte, che nell’ottobre scorso scrisse ai propri pari per chiedere di limitare la “pausa caffè” degli impiegati. La motivazione stava nella «necessità di porre attenzione alla condotta tenuta dal personale, al fine di evitare che l’intrattenersi dello stesso, lungo i corridoi o nei pressi delle macchinette distributrici di bevande, esprima un contegno non consono, suscettibile di poter arrecare pregiudizio all’immagine dell’Ente». Atteggiamenti reiterati, stando alla circolare di Forte, che «non si ascrivono ad attività lavorativa».

Né effetto migliore ha prodotto la stretta sul sistema di timbratura per i dipendenti che si spostano fra le sedi regionali da una riunione all’altra. Negli anni passati bastava passare il badge in uscita dal proprio ufficio e farlo nuovamente al ritorno, giustificando nel sistema informatico le ragioni della missione. Poi sono emersi rumorosamente alcuni casi di assenteismo e ora il sistema prevede che il badge sia passato all’uscita dalla propria sede, all’entrata e all’uscita nella sede della trasferta, infine al ritorno nel proprio ufficio. Un modo per sapere quanto impiegano i regionali negli spostamenti e per scoraggiare anche la sosta per un caffè, dicono a Palazzo, quando in passato non c’era alcuna verifica su come veniva trascorsa il tempo fuori dall’ufficio. E sulla mancanza di fiducia qualcuno non manca di evidenziare il permesso straordinario non riconosciuto a una decina di impiegati carnici che si erano detti impossibilitati a raggiungere la sede di Tolmezzo durante l’emergenza meteo.

L’ultima goccia è l’avviso appena comparso sulla pagina dove i dipendenti gestiscono ferie, permessi e quant’altro. L’annuncio invita a prendere visione di tutti i provvedimenti disciplinari emessi fra 2017 e 2018. È la prima volta che il file viene reso pubblico, sebbene senza i nomi dei trasgressori per ovvie ragioni di privacy. Parecchi sono i “regionali” ad averlo preso come un atto intimidatorio: «Ci vogliono dire che le punizioni vengono applicate davvero, ma il 99% dei colleghi non ha mai sgarrato di un millimetro», mastica amaro un dipendente dopo aver scorso l’elenco di omesse timbrature, assenze ingiustificate, contegni offensivi, attività esterne non autorizzate, negligenze e inosservanza delle direttive, cui sono corrisposti richiami scritti, multe, sospensioni e licenziamenti. —




 

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