Dalle case al golfo: così il depuratore di Trieste pulisce la città e dialoga col mare

TRIESTE Se i pesci, le alghe e i molluschi che popolano il golfo di Trieste avessero la parola, forse ci direbbero che sono contenti di avere a che fare con qualcuno che “tratta” con loro e tenta di mantenere l’ecosistema marino in equilibrio. In questa sorta di capacità di dialogo con il mare sta il segreto dell’innovazione che rende unico il depuratore di Servola, gioiello tecnologico e super automatizzato targato AcegasApsAmga, di cui tra due giorni (il 9 marzo) ricorre il terzo anniversario dall’avvio.
I numeri
L’impianto, che occupa un’area di 34.500 metri quadrati e rappresenta un ampliamento della struttura già esistente, la cui prima pietra venne posta nel 1929, è stato realizzato con tre anni di lavoro e 52,5 milioni di euro, coinvolgendo diversi enti, in primis la Regione, e permettendo di superare una procedura di infrazione comunitaria che pendeva sulla testa della regione sin dal 2008 (ora il trattamento biologico viene effettuato completamente a terra, come previsto dall’Ue).
Il “depuratore che parla con il mare”, per usare lo stesso nome e slogan scelti da AcegasApsAmga e dal gruppo Hera, per la grande struttura all’interno dello Scalo Legnami, è il cuore di tutto il processo di smaltimento delle acque reflue prodotte nelle case, negli uffici e nelle fabbriche della città. Depura i liquami di 190 mila persone (mentre per il resto della popolazione sono operativi i depuratori di Zaule a Muggia, Basovizza e Sistiana).
Qualcosa come 80-100 mila metri cubi al giorno, fino a 150 mila in occasione di eventi che richiamano in città migliaia di persone (numeri che dall’inizio della pandemia sono rimasti invariati, a differenza di zone dove il calo importante del turismo o il blocco delle fabbriche hanno dimezzato la portata). Le acque reflue confluiscono qui dopo aver attraversato un sistema fognario fatto di 370 chilometri di condotte e 60 di canali e torrenti tombati, e vengono trattate, disinfettate e depurate, per poi essere rilasciate, attraverso due condotte sottomarine parallele di 7,5 chilometri, nel centro del golfo, grazie a 600 torrini che permettono una diffusione omogenea.
Il dialogo con il mare
«È qui che si sviluppa il dialogo con il mare - spiega Paolo Jerkic, responsabile impianti di depurazione per AcegasApsAmga -. Le tecnologie intelligenti permettono di calibrare in modo dinamico l’intensità del processo depurativo, in basse ai dati che ci vengono forniti da Ogs e Arpa, che monitorano il mare: l’impianto modifica l’intensità dell’abbattimento di sostanze nutrienti delle quali il mare ha bisogno, come fosforo e azoto, per mantenere in equilibrio l’ecosistema».
«In questo modo - evidenzia Andrea Cain, responsabile dell’impianto di Servola - più che ridurre l’impatto ambientale, possiamo governarlo. Questa caratteristica rende il depuratore unico: si è investito su questo aspetto perché il golfo di Trieste ha fondali bassi ed è abbastanza chiuso, andavano adottate soluzioni per rendere sempre più efficace e sostenibile il processo di depurazione». Il depuratore è enorme, eppure vi lavora solo una decina di persone, grazie all’alto livello di automazione e al sistema di telecontrollo, che consente all’impianto di rimanere “da solo” di notte, monitorato in remoto. Le stesse tecnologie avanzate sono state utilizzate per superare il problema degli spazi ridotti: qui si realizzano trattamenti che avrebbero necessitato di una superficie cinque volte più ampia.
Il viaggio dalle case al golfo
Ma come avviene il “viaggio” delle acque reflue dei triestini dalle case al mare? Il sistema fognario è composto da due collettori, quello di zona bassa e quello di zona alta (per le zone alte, come Cattinara), che fanno entrare i liquami nella parte originaria del depuratore, sotto la galleria di Servola. La portata media dell’acqua in ingresso è di circa 4 mila metri cubi all’ora, ma varia a seconda delle giornate e degli orari (le punte si toccano nelle prime ore del mattino). Qui avviene il trattamento primario: attraverso un sistema di griglie a maglie via via più strette si trattengono i materiali solidi, dai cerotti ai cotton fioc, fino a quelli della grandezza di un micron, e si separano gli oli e le sabbie. A questo punto le acque passano sotto la ferrovia attraverso una condotta e arrivano nella parte nuova dell’impianto, per il trattamento biologico. Qui le acque vengono depurate grazie a colonie di batteri che “mangiano” i composti organici e azotati trasformandoli in gas e sostanze innocue per il mare. Le acque entrano in 16 vasche nelle quali sono sospesi miliardi di microsfere in Biostyrene avvolte da una pellicola di batteri che aggrediscono gli inquinanti. In una seconda fase si replica il procedimento attraverso microsfere di Biolite. Si procede poi con un trattamento chimico-fisico e, infine, con la disinfezione, senza prodotti chimici, ma attraverso 240 lampade a raggi ultravioletti, che bruciano gli ultimi residui batterici prima che entrino in mare. La durata del “viaggio” casa-golfo? Circa 4 ore.
All’interno dell’impianto, «che legge la città nelle acque», come ricorda il responsabile comunicazione AcegasApsAmga Riccardo Finelli, vi sono poi macchine che raccolgono i fanghi derivanti dai processi, le cui sostanze organiche vengono trasformate in biogas per ricava energia elettrica. I fanghi vengono poi pompati al depuratore di Zaule e trasformati per uso agricolo. —
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