Dalla Slovenia alla Cina le nuove rotte del design tracciate da “Its 2014”
I più vicini arriveranno a Trieste da Slovenia e Serbia. I più lontani da Cina, Sud Corea, Taiwan, Giappone, talenti di quello sconfinato e inesauribile bacino asiatico da cui, negli ultimi anni, sono usciti quasi tutti i vincitori. Sono giovani designer nati nelle economie trainanti dei loro paesi d'origine e oggi in buona parte studenti nelle accademie di moda europee, che sanno esplorare vie nuove in quella rete globale dove tempo e distanze geografiche hanno perso significato.
E tutto, luoghi, epoche, riferimenti, è contemporaneamente presente, sullo stesso piano. Come in un'immagine di Instagram. Sulla passerella di “Its”, l'11 e 12 luglio nell'ex Pescheria, sfilerà il fior fiore dei nuovi creativi di moda, accessori e gioielli, quaranta giovani – età media 26 anni – selezionati nei giorni scorsi in una settimana di confronti delle varie giurie nella sede del concorso, in piazza Venezia a Trieste. Come spesso è accaduto nelle passate edizioni, nessun italiano sarà in gara, nè straniero ma studente in scuole o accademie italiane.
«Quest'anno – sottolinea subito Barbara Franchin, direttrice di Its, a scanso di critiche – i progetti sono stati sottoposti ai giurati con un semplice codice di identificazione, senza alcuna scheda biografica dell'autore. E almeno il dieci per cento dei pre-selezionati era di italiani o di scuole italiane. Ma nessuno ce l'ha fatta». Precisazione necessaria: l'anno scorso l'assenza di designer nazionali a Trieste aveva stimolato una lettera aperta a “Its” di Maria Luisa Frisa, direttrice del corso di laurea in fashion design dello Iuav di Venezia e in passato componente della giuria. Diciassette dunque le nazioni rappresentate in finale: oltre agli asiatici, alla coppia di designer sloveni creatori di gioielli e alla giovane serba che disegna borse, Trieste proporrà le collezioni di sei britannici, tre israeliani, due tedeschi e un rappresentante, rispettivamente, per Islanda, Colombia, Estonia, Austria, Francia, Svizzera, Belgio e Norvegia.
Oltre la metà dei creativi si è laureata o frequenta scuole londinesi, un primato formativo da anni inespugnabile, detenuto da Central St Martins, London college of fashion e Royal College of Art. Nella pattuglia dei quaranta creativi di “Its 2014” ce ne saranno dieci per la nuova sezione, “Artworks”, i cui lavori sono in via di realizzazione: si tratta di una categoria sostenuta da Swatch, che ha chiesto a questi finalisti, individuati tra tutti per lo spiccato contenuto artistico dei loro progetti, di reinterpretare il brand con parole, foto, video o materiali, mettendo in palio per il vincitore diecimila euro e uno stage retribuito nel laboratorio creativo del marchio. I confini tra moda e arte sono liquidi: a chi non ha paura di esplorare e invadere altri ambiti, è chiesto di spingere agli estremi visionarietà e concettualità.
E in via di creazione è anche il progetto speciale chiesto ai concorrenti nella gioielleria dallo sponsor Swarovski. L'idea è creare gli ornamenti dei “New nomads”: body-pieces – perchè ormai le collane si allungano sul busto, gli orecchini abbracciano collo o testa, gli anelli imprigionano la mano, quindi parlare di singoli oggetti non ha più senso – per nuovi nomadi, una fetta di consumatori che si sposta molto, mescola, fonde, scavalca i generi maschile e femminile, sceglie pezzi che con variazioni minime coprano tutta la giornata. Nuovi bohémien da sedurre con le idee e conquistare con linearità e praticità.
Che cosa mostrerà la passerella di “Its”? Grande sperimentazione soprattutto negli accessori e nei gioielli, dove le stampe in 3D velocizzano il processo di esecuzione e garantiscono leggerezza ai disegni più arditi. La natura è un'inesauribile fonte di ispirazione e molti cercano di cristallizzarla, di fermare l'attimo: gli sloveni Olga Košica e Rok Marinšek, partendo dalle stampe tridimensionali su polvere di poliammide, “congelano” i fiori per ricavarne orecchini e collane che hanno la delicatezza di un ricamo (la loro collezione, “Giardino d’inverno”, ispirata alla poesia di Pablo Neruda, è già stata presentata alla settimana della moda di Parigi, www.olgafacesrok) mentre, con la stessa tecnica di partenza, la norvegese Annie Berner guarda all'Art Decò per creare monili che poi completa con tecniche tradizionali, l'immersione nel rame, la copertura d'argento, la levigatura, per simulare la pesantezza del metallo.
È la magia degli schizzi d’acqua a colpire il cinese Beau Han Xu, talento del Royal College, che la materializza in collari di vetro riempiti di Swarovski polverizzati. Già consacrata sulle copertine di Wallpaper e i-D, la giapponese Maiko Takeda firma futuribili accessori da mettersi in testa o intorno al busto, realizzati con pellicole di acetato: il risultato sono “aureole” (o simil corone di spine) e maschere, ma anche borse o plastron impalpabili, iridescenti, del peso di una piuma, che paiono muoversi e cambiare colore ad ogni soffio d'aria (la sua collezione su www.maikotakeda.com, si intitola Atmospheric Reentry). E la natura entra anche nel progetto della belgradese Ivana Damjanovic, borse in carbonio e vetro che richiamano la curva dell'uovo, il ventre nella gravidanza, dunque preziosi contenitori di segreti.
Ai lati opposti, i progetti del colombiano Daniel Ramon Obregòn e del giapponese Takafumi Arai, il primo puro concetto, il secondo pura poesia. Daniel disegna accessori da portare in giro o indossare come proiezioni esterne del proprio corpo, e qui, inevitabilmente, siamo dalle parti di Lady Gaga; Takafumi confeziona scarpe di pelli molto diverse tra loro, scarpe-patchwork, con punti esterni e in apparenza grossolani, come faceva sua mamma quando rammendava i capi di tutta la famiglia, lei con poca maestria ma tanto amore e pazienza. Il gioco delle trasformazioni del corpo entra con prepotenza anche nelle collezioni moda. Un corpo “perimetrato”, dotato di propaggini, protetto con inserti di metallo o, al contrario, reso immateriale grazie a tessuti innovativi. Purtroppo nei pochi minuti della passerella le lavorazioni certosine e i dettagli non si potranno apprezzare, ma sono questi, spesso, a giustificare i premi.
Vedendo sfilare la collezione di maglieria della taiwanese Alison Tsai, allieva della Parsons di New York (www.alisontsai.com), non ci si accorgerà che i giochi di bianchi, neri e grigi sono ottenuti cucendo perline di diverse dimensioni dentro fettucce o applicandole all'esterno, seguendo quello che sembra un codice numerico. La giovane stilista dice che il punto di partenza del suo lavoro è il “materiale” inventato da lei stessa e che, anche inconsapevolmente, ne esce sempre qualcosa di “organico”, qualche forma di creatura vivente. Prima di darsi alla moda, Alison ha studiato in una scuola di medicina di Taiwan e ha lavorato per quattro anni in un istituto oncologico: forse i suoi tessuti sono un omaggio alla vita, alla rigenerazione delle cellule.
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