Dalla Serbia all’Albania: la recessione è in arrivo
Lo prevede la Banca mondiale in uno studio sui Paesi dell’area fuori dall’Ue. Stimato un calo medio del Pil tra il 3 e il 5,6% in base ai due scenari possibili
epa08387153 People wearing protective face masks queue in front of a bank office in Sarajevo, Bosnia and Herzegovina, 27 April 2020, amid the ongoing coronavirus COVID-19 pandemic. Countries around the world are taking increased measures to stem the widespread of the SARS-CoV-2 coronavirus which causes the COVID-19 disease. EPA/FEHIM DEMIR
BELGRADO Una crisi profonda, ancora più violenta e deflagrante della “Grande recessione” di un decennio fa, con conseguenze economiche potenzialmente devastanti. E forse ingestibili da parte dei governi, se l’emergenza dovesse durare molto a lungo, innestandosi su un tessuto sociale già provato da guerre e troppe crisi passate e recenti.
È il futuro prossimo che incombe sui Paesi dei vicini Balcani ancora fuori dall’Ue, nazioni dove la pandemia di coronavirus ha mietuto meno vittime che a Occidente, ma dove gli effetti dell’epidemia sull’economia saranno altrettanto crudeli che nell’Europa più ricca. Le previsioni sono della Banca Mondiale, che in un nuovo studio dedicato alla regione ha parlato di «recessione» imminente per i Balcani, con un «significativo calo della domanda interna ed estera» e uno tsunami che sta già investendo soprattutto il turismo e il comparto dei servizi, che “pesano” per il 50-75% dell’occupazione totale nella regione.
Orizzonti che si traducono in numeri precisi e che fanno paura. La Banca Mondiale ha disegnato due scenari. Il primo, più roseo, prevede che la pandemia venga messa sotto controllo in Europa entro fine giugno, permettendo una «graduale ripresa» generale nei Balcani già nella seconda metà dell’anno. Il secondo si basa su proiezioni ancora più pessimistiche, con i vari lockdown in vigore fino ad agosto e una ripresa della vita economica anticipabile solo nell’ultima parte del 2020. In media, dunque, è prevedibile nella regione un crollo medio del Pil balcanico tra il -3% e il -5,6%, a seconda dello scenario che si avvererà.
Ma certi Paesi balcanici vivranno un 2020 veramente lacrime e sangue. A subire l’impatto più grave della pandemia sarà il Kosovo, che invece di un +4,1% di Pil nelle attese prima della crisi-coronavirus dovrebbe subire un calo dell’economia tra il -4,5% e l’11,3%, affossato in particolare dal crollo delle rimesse e degli investimenti. Male andranno le cose anche nel piccolo Montenegro, con un Pil in negativo tra il -5,6 e il -8,9%. Così come in Albania, già provata dal sisma, con un prodotto interno lordo che sta franando verso un -5%, nella peggiore delle ipotesi -6,9%. Grave anche la Bosnia-Erzegovina, proiettata verso un -3,2% o -4,2%, mentre le cose potrebbero andare leggermente meno peggio in Serbia (-2,5% nello scenario migliore, -5,3% in quello peggiore) e in Macedonia del Nord (calo tra -1,4 e -3,2%).
Sono numeri dietro i quali si nascondono imprese che chiudono, negozi che abbassano le serrande per sempre, lavoratori lasciati a casa, un bacino di rabbia che dovrebbe intimorire chi governa.
A preoccupare la Banca mondiale è soprattutto la Bosnia, con almeno 20 mila i posti di lavoro persi nella sola Federazione bosgnacco-croata fino a metà aprile; ma il quadro è fosco anche in Macedonia (+1,4% disoccupazione solo a marzo) e negli altri Paesi, in particolare quelli a forte vocazione turistica come Montenegro e Croazia. E c’è anche l’economia grigia, centinaia di migliaia di lavoratori in nero o marginali, per loro natura «cittadini vulnerabili», difficili da aiutare con misure di welfare, ha ammesso la Banca.
Bisogna dunque agire quanto prima per mitigare gli effetti deleteri della pandemia, ha suggerito la Banca, invitando i Paesi della regione a usare tutti i fondi a disposizione – come i 3,3 miliardi di recente annunciati dalla Ue per i Balcani, con Bruxelles che si dice al lavoro per un “mini-piano Marshall” per la regione – per attutire il colpo. Potrebbe non bastare: «Il rischio principale» per i Balcani è «una pandemia prolungata». In quel caso, Paesi ancora deboli come quelli balcanici avranno le mani legate. E la crisi economica in corso – e soprattutto le severe ripercussioni sulla società - «saranno difficili da gestire». —
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