Dalla politica allo sci Di Centa torna all’antico
TRIESTE. Dagli sci alla politica agli sci. La traiettoria di Manuela Di Centa è più una linea retta, percorsa avanti e indietro, che un cerchio olimpico. Perso il treno (il seggio in Parlamento), la passione politica si esaurisce in un amen e rispunta quella antica per la montagna. Andata e ritorno. «Felice di annunciare che quella passione non avrà mai fine», scrive la campionessa di Paluzza ufficializzando la sua candidatura alla presidenza Fisi, la Federazione sport invernali.
È passata una settimana da quando la Corte costituzionale ha bocciato il ricorso della Regione, giunta Tondo, che contestava il taglio di un seggio, il tredicesimo Fvg alla Camera, proprio quello di Di Centa. Il tempo, breve, di digerire il rospo e la regina di Lillehammer in quel fatidico 1994, il primo anno dell’era berlusconiana, si rimette in pista. E convoca la stampa martedì prossimo alle 11 all’hotel Principe di Savoia in piazza della Repubblica a Milano. Oggetto: «Parlarne con voi e condividere il programma». La foto di presentazione è quella della Manuela ventenne, in mezzo alla neve, famosa e vincente. Immagine ripescata dagli archivi per una nuova partita, nemmeno troppo facile in realtà. «Metto a disposizione la mia esperienza», disse qualche settimana fa a Sochi, anticipando la sfida a Flavio Roda, ex allenatore di Alberto Tomba, il presidente Fisi in carica. «Se non ci provassi - spiegava ancora pochi giorni fa -, sarebbe come se mi lavassi le mani dopo tutte le mie esperienze sportive e professionali». Il riferimento è alla vicepresidenza del Coni, all’elezione nel Cio, al ruolo di sindaco del villaggio olimpico di Torino, quando accolse re, regine, capi di Stato. Nessuna menzione invece alla politica, dove pure si è ritrovata d’improvviso al piano di sopra senza fare alcuna gavetta. Quando ha provato a prendere voti, alle europee 2004, niente da fare. Quando invece il Porcellum le ha consentito il posto blindato in lista, nel 2006 e nel 2008, prima con Forza Italia, poi con il Pdl, il traino di Berlusconi ha regalato due legislature. La terza, nel 2013, è sfumata per una virgola.
Otto anni fa in regione Di Centa fu la sorpresona che infastidì vari forzisti di lungo corso: nella lista alla Camera, dietro a Vanni Lenna e Renzo Tondo proprio lei, e a seguire i Romoli, i Gottardo (peraltro un amico), i Moretti, i Blasoni. Predestinata? «Preferisco privilegiata», precisava prima del voto. Il sorriso incantatore? «Berlusconi ama le persone solari e positive, quelle che cercano di affrontare la vita con passione, forza d’animo e coraggio». Così in carriera politica, allora, che a un certo punto si parlò della Di Centa come di un possibile anti-Illy.
La lanciò Roberto Antonione a un pranzo romano con Gottardo, Saro e Romoli. «Sarebbe un ottimo candidato, innovativo, capace», disse l’ex governatore triestino. Al posto degli applausi arrivarono veleni. «So che è una buona fondista. Ma mi pare che, questa volta, parta da troppo lontano», disse Roberto Menia. «La rispetto come collega parlamentare, non credo si possa dire altro», aggiunse gelidamente Giovanni Collino.
E lei? «Cerco di essere onesta, coerente con i miei principi, umile nei confronti di cose che non conosco. Non sono un animale politico, lavoro per imparare», disse Manu all’inizio della sua attività parlamentare. Due anni dopo, sempre senza preferenze, conquistò la riconferma alla Camera, ma stavolta dal collegio del Trentino Alto Adige. Cinque anni per firmare in prima persona 8 ddl, un’interpellanza, 5 interrogazioni e 7 emendamenti.
Adesso c’è la Fisi. E un probabile percorso di polemiche. «Darà una bella ripulita fino in fondo», si legge nei forum online di sport invernali. Sarcasmo. Gli addetti ai lavori non hanno perso un minuto di “Sinivalkoinen vahle” (finlandese, “La menzogna bianco blu” in italiano), documentario che demolisce il fondo, lo sport nazionale finlandese, e ospita le parole del tecnico di atletica Sandro Donati: «Manuela Di Centa ha fatto sicuramente uso di Epo». L’ex campionessa, mai trovata positiva, si limitò a dire un paio d’anni fa a La Stampa: «Quando, e se vedrò il film, risponderò».
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