«Dalla Baviera a Trieste la birra sulla pipeline Siot»

D’Agostino: un’idea da studiare insieme. Ma la base di partenza è sfruttare al meglio tutte le strutture del Porto già esistenti e progettare per il futuro
Il terminal della Siot a Trieste
Il terminal della Siot a Trieste

TRIESTE. Ha voluto fare una «boutade», forse «un ragionamento un po' fantascientifico», però ci crede. Se non altro «qualcosa di interessante ne verrebbe fuori»: lo spazio sotterraneo che accoglie l'oleodotto transalpino potrebbe essere utilizzato ad esempio per trasportare la birra dalla Baviera. Che sia la bibita dell'Oktoberfest o altro, l'importante è «sfruttare tutte le risorse del porto con ragionamenti magari pazzoidi ma utili per il futuro».

Zeno D'Agostino, commissario dell'Autorità portuale di Trieste, ha lanciato quest'idea emersa in un convegno a Monaco con i vertici di Siot, la società che amministra parte del tratto «dell'unico oleodotto che, a parte nel passaggio sull'Isonzo, è completamente interrato». Un pensiero solo apparentemente bizzarro, rilanciato ieri in un intervento coordinato dal direttore del Mib - School of Management di Trieste, Vladimir Nanut, all'interno del VI "Learning lab Asfor sulla leadership" quest'anno dedicato a sostenibilità e cambiamento, a cui partecipano una cinquantina tra docenti della Scuola e aziende. «Un'occasione - ha detto Nanut - che può essere utilissima per i manager-leader».

«Abbiamo una squadra interna al Porto - ha spiegato D'Agostino parlando della sua idea - che va ad analizzare dinamiche di questo tipo. E con la Siot inizieremo a studiarla». Un esempio che gli ricorda un po' questa ipotesi è «il progetto proposto da un'università romana che posizionava un tubo a fianco dell'autostrada, in cui veniva messo un binario dove si sparavano dei bancali a una velocità estrema. Questi tubi però erano in superficie e quindi c'era il rischio che potessero rompersi». L'iniziativa a Trieste «sfrutterebbe il potenziale dell'attuale oleodotto - continua D'Agostino - che, stando a un colloquio che ho avuto con il presidente della Siot, potrebbe perdere d'importanza, in caso di costruzione di una ulteriore struttura in concorrenza».

Lo spazio dell'oleodotto sfruttato così come pensa D'Agostino diventerebbe «il primo caso - dice -, per il momento non ho visto altri esempi nel mondo». Nella sua esperienza bolognese il commissario dell’Authority aveva già sfruttato uno spazio simile: «Avevo venduto i passaggi sotto l'interporto a Fastweb». Comunque, nell’ottica di sfruttare al massimo le strutture già esistenti, «non sarà forse la birra quell'elemento - aggiunge D'Agostino -, ma il fatto che ci sia una galleria che compie questo percorso ci spinge a fare ragionamenti innovativi». E allora perché no, «potrebbe essere il futuro della Siot: studiamola insieme».

Alla platea del Mib D'Agostino illustra anche l'ipotesi di una chiatta che da Trieste giunga a Cremona attraverso la navigazione fluviale interna per trasportare parte delle merci di Arvedi, proprietario della Ferriera, oggi trasportate da otto treni al giorno, «un numero sempre in crescita»: «Così si potrebbero calmierare i prezzi dei treni: se hai l'alternativa chi fa i treni non alza le tariffe».

Il commissario intanto ha anche ribadito che è sempre aperto il tavolo sui vantaggi fiscali che derivano dalla condizione del porto franco internazionale. Quanto alla richiesta di una “No tax area” per Trieste - proposta al governo dalla governatrice Debora Serracchiani - «noi finora abbiamo fornito documentazioni - ha affermato D'Agostino -. Il discorso c'è già su Milano e Napoli e poi su Trieste, ma se noi puntiamo sul fatto che siamo già una zona franca dal punto di vista doganale, si possono aggiungere anche gli aspetti fiscali. C'è qualche linea di pensiero che ritiene che ci siano già questi vantaggi, perché esiste un passaggio dell'Allegato VIII, che secondo me ha senso, per cui non si possono imporre tasse all'interno del Porto franco se non sono collegate a un effettivo servizio che il soggetto che percepisce la tassa eroga nei confronti del soggetto che la paga». Un punto a favore dunque già in tasca per i terminalisti del porto triestino. «Infatti loro non pagano né Imu né Ici», conferma D'Agostino. Il gioco dunque sembra essere più facile per ottenere questo ulteriore status. «Su alcuni elementi già oggi siamo “No tax area” rispetto ad altri porti. Si può seguire la stessa linea giurisprudenziale, per esempio, per la fiscalità del lavoro. Penso che qualche imprenditore voglia fare qualche iniziativa di questo tipo: se vince in questo campo, gli si apre un mondo».

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