Dal tramonto dei “meetup” al traguardo delle regionali con il via libera di Rousseau

La nuova opzione del mandato zero consente al triestino Patuanelli, uomo forte dei grillini locali di progettare la sfida a Fedriga nel 2023. Testando alle prossime comunali l’intesa con il dem  

TRIESTE «Siamo entrati in una nuova era». L’ex capo politico Luigi Di Maio descrive così il voto con cui gli iscritti del Movimento 5 stelle hanno dato il via al «mandato zero» e all’alleanza con i «partiti tradizionali». Detto senza eufemismi, si tratta del diritto al terzo mandato per chi è stato consigliere comunale e della strada spianata ad accordi col Partito democratico. In Friuli Venezia Giulia la coalizione giallorossa esordirà nel 2021 alle elezioni a sindaco di Trieste e Pordenone. E le trattative che precederanno il voto potrebbero aprire alla successiva candidatura di Stefano Patuanelli alle regionali del 2023.

La base pentastellata ha dato compatto appoggio alla fine del tetto dei due mandati, mostrandosi più disorientata sull’apertura alle alleanze elettorali, ma i consiglieri regionali e comunali M5s sono allineati. L’epoca dei duri e puri è finita, riconosce un eletto in piazza Oberdan: «Il Movimento è maturato e nei municipi forma la classe dirigente per i livelli più alti. Non si può continuare con liste di sconosciuti».

Dopo il primo mandato trascorso in Comune all’opposizione di Roberto Dipiazza e il secondo da senatore e ministro, Patuanelli potrà giocarsi un terzo giro di giostra. Oltre a lui, in Fvg l’escamotage del mandato zero interessa solo Paolo Menis: con alle spalle due candidature a sindaco di Trieste, il sodale storico di Patuanelli punta la Regione, dove invece si fermeranno dopo due tornate i consiglieri Andrea Ussai, Ilaria Dal Zovo e Cristian Sergo, che non sono mai stati consiglieri comunali. Potranno invece fare il bis il collega Mauro Capozzella e i deputati Luca Sut e Sabrina De Carlo, che ha seccamente smentito i gossip romani che le attribuiscono un flirt con la Lega.

Oggi Patuanelli è tra i più fidati di Giuseppe Conte e leader del M5s in Fvg: graduale l’avvicinamento al premier, repentina la rottura con Davide Casaleggio e Di Maio, quando Patuanelli è stato tra i pontieri dell’alleanza organica col Pd, perseguendo il progetto di affidarne la guida a Conte alle prossime politiche. Il figlio del fondatore gli ha dato del “craxiano”, mentre i rapporti con Di Maio si sono appianati rispetto a quando il triestino ha sostenuto la fine della leadership del campano.

Tre anni sono un’eternità in politica, ma il responsabile del Mise non fa mistero al suo entourage di considerare un progetto concreto la sfida a Massimiliano Fedriga (ammesso che il governatore voglia il bis). A Roma il Pd non farebbe barricate: manca un candidato altrettanto pesante e, se permarranno gli attuali equilibri, in Fvg potrebbe non esserci gara contro il centrodestra.

La preparazione dell’alleanza è partita timidamente da qualche mese. In Consiglio regionale il M5s ha alzato i toni contro la giunta, dopo il silenzio del primo anno di legislatura, quando il governo con la Lega imponeva riserbo rispetto alle scelte non condivise di Fedriga. Dopo il cambio di passo, pentastellati e dem condividono emendamenti in Regione e alla Camera, organizzano assieme conferenze stampa e siedono allo stesso tavolo in incontri pubblici. A Trieste Ussai partecipa alle iniziative Pd sulla sanità; a Udine i capigruppo Domenico Liano e Alessandro Venanzi diramano comunicati unitari; a Roma Patuanelli e Debora Serracchiani collaborano, con la deputata dem che vede di buon occhio il grillino in Regione.

Si tratta di operazioni di vertice, perché la visibilità è da tempo solo degli eletti e si è esaurito il fermento di comitati e banchetti. Né si sono visti i “facilitatori” inventati da Di Maio per organizzare quel lavoro sul territorio che nessuno sta più svolgendo. «Siamo diventati come gli altri partiti», dice un big del M5s regionale, secondo cui «la piattaforma Rousseau ha ucciso i meetup sostituendoli con niente». Pure il predominio sui social è surclassato dalla macchina della Lega. Ma a mancare è soprattutto la militanza sul territorio, tanto che alle prossime amministrative il M5s non si presenterà in nessuno dei 12 comuni in lizza. Dopo aver fatto correre il simbolo solo in uno dei 117 municipi al voto nel 2019, la speranza di esserci almeno a Cividale è sfumata. In futuro i grillini inseriranno singoli candidati in liste civiche di centrosinistra, davanti all’impossibilità di presentarne di proprie. L’entusiasmo del “vaffa” è finito e nella VII circoscrizione di Trieste il M5s si è praticamente suicidato, passando da cinque a due consiglieri, fra dimissioni e indisponibilità dei non eletti al subentro.

Le amministrative 2021 saranno un test probante per capire dove si arresterà la flessione del Movimento, confermata in tutte le elezioni dalle politiche 2018 in poi. A Trieste i grillini tengono aperta la possibilità di correre da soli al primo turno e confluire sul centrosinistra al ballottaggio: candidata di bandiera sarebbe la consigliera comunale Cristina Bertoni, moglie di quell’Alessandro Fraleoni Morgera che ha messo la faccia sul disastro alle ultime regionali. Nei territori ci sono ancora difficoltà a convergere su nomi condivisi, come a Roma e in alcune regioni, ma Patuanelli spingerà perché il M5s dia subito sostegno al dem Francesco Russo, amico personale al di là della politica. Lo scambio avverrebbe sulla Regione e intanto a Pordenone, con i giallorossi guidati da un pentastellato, che tuttavia difficilmente arriverà al ballottaggio contro l’uscente Alessandro Ciriani.

Le regionali sono fra tre anni, ma se vorrà giocarsi la carta, Patuanelli dovrà cambiare presto strategia comunicativa. Il triestino si è fatto assorbire dal ruolo di capogruppo al Senato e poi dalla delega allo Sviluppo economico, che in tempi di Covid sta riservando grane inimmaginabili. Ma ciò si traduce in scarsa presenza sul territorio e mediazioni non giocate a favore del Fvg, come nel caso del taglio dei voli Alitalia per Roma. Una promessa mantenuta è la chiusura della Ferriera di Servola, spinta dai finanziamenti a fondo perduto del Mise, ma gli impegni sull’introduzione del regime di porto franco sono fermi ai titoli di giornale. Cose triestine, che poco interessano a elettori friulani e pordenonesi tutto da conquistare. —

1. continua

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