Dal sogno alla nascita di un impero Il patriarca del vino compie 100 anni
GORIZIA. Primo settembre 2014: Livio Felluga, patriarca dell’enologia d’eccellenza del Friuli Venezia Giulia festeggia cento anni, vissuti amando e rispettando la terra e suoi prodotti. La sua storia di uomo e imprenditore, nato cittadino dell’impero austroungarico pochi mesi dopo lo scoppio della Grande Guerra, è stata attraversata da eventi epocali che hanno cambiato il volto dell'Europa. Le sue intuizioni, i suoi sogni sostenuti da straordinarie capacità imprenditoriali hanno percorso le vie del mondo, dove i vini della Livio Felluga di Brazzano di Cormòns sono simbolo di qualità e vessillo di un territorio.
Il giorno del suo compleanno sarà vissuto nella semplicità degli affetti familiari, fedele al suo stile di riservatezza e sobrietà. Mentre il 20 settembre all'Abbazia di Rosazzo sarà il giorno delle celebrazioni pubbliche, organizzate dai figli Elda, Maurizio, Andrea e Filippo, ai quali da qualche anno ha passato il testimone nella conduzione dell'azienda. A sigillo di questo traguardo straordinario, nella secolare Abbazia e sui colli dove nel 1956 acquistò i primi 23 ettari di vigneto, avrà luogo un evento internazionale. In mattinata dalle 10 è in programma il convegno dal titolo “Arte e impresa a tutela del patrimonio rurale” a cui seguirà l'inaugurazione di Vigne Museum, grande iconostasi creata dall'architetto Yona Friedman e realizzata dall'artista Jean-Baptiste Decavèle con DAC .- Denominazione artistica condivisa di Roma. «Abbiamo pensato che questo fosse il modo migliore di celebrare papà - spiega la figlia Elda -. Lui stesso è stato un architetto del paesaggio quando per primo e controcorrente iniziò alla metà degli anni '50 a far rinascere la collina valorizzando e facendo apprezzare anche fuori dei confini regionali i vini di qualità».
«Per cinque generazioni il vino ci ha dato il pane», ricorda Livio Felluga nel libro “50 anni di carta geografica. Storia di un viaggio intorno” pubblicato nel 2006. «I nostri vini - prosegue il patriarca -, venivano spediti anche a Vienna, apprezzati dall'imperatore».
Alla fine della Grande Guerra Livio approda a Grado con la famiglia. «Avevo quattordici anni quando mio padre mi ha mandato in bicicletta a vendere vino a Udine, ho conosciuto il Friuli e me ne sono innamorato».
Dall'isola del sole alle terre del Friuli e poi nel mondo intero affidando a un’antica carta geografica il compito di farsi riconoscere nel legame con il territorio d'origine. Del suo vino, ha dichiarato la provenienza, anticipando i marchi di denominazione di origine controllata, adottati solo anni dopo. Un antesignano del concetto di marketing che lega prodotto, storia, cultura e territorio, oggi tanto in auge.
La vita non è stata tenera con lui: la seconda guerra mondiale si prese otto anni della sua gioventù. Quando tornò a casa dalla prigionia pochi lo riconobbero. Ma gli stenti non fiaccarono la sua tempra di uomo orgoglioso dei suoi ideali e ricco dei suoi sogni. «All'umanità manca cultura - ricorda Livio -. Serve il dialogo non le polemiche. Io mi considero un uomo molto felice. Ero contadino, conoscevo e amavo la terra e appena ho potuto, ho cominciato a comprarla. Quando la gente abbandonava la terra per guadagnare nelle fabbriche io ho creduto che dalle colline orientali del Friuli e del Collio potessero nascere ottime uve per grandi vini».
Sugli oltre 155 ettari vitati oggi vengono prodotti i prestigiosi uvaggi di “Terre alte”, “Abbazia di Rosazzo”, e “Sossò”, accanto ai Friulano, Sauvignon, Pinot grigio, Refosco dal peduncolo Merlot e Pignolo. «Ho comprato e modellato il terreno senza violentarlo - prosegue Livio -. Bisogna voler bene alla natura e alla campagna, perché quando si dà questo bene, la campagna dà dieci volte di più».
Autodidatta appassionato di arte e musica jazz, nel 2009 l'università di Udine gli ha conferito la laurea honoris causa in viticoltura. Oggi, come sempre, il suo sguardo di uomo innamorato della vita e della terra spazia lontano e a chi si complimenta risponde disarmante: «Cossa go fato de grande?»
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