Dal prosciutto cotto alle mascherine La rivoluzione di Masè

Il cambio di produzione nella fabbrica di San Dorligo L’azienda: «Operazione riuscita». La Cgil: «Colpo di grazia»

TRIESTE

Dal prosciutto di Praga alle mascherine. Durante il lockdown lo stabilimento dello storico marchio Masé, inventori e produttori dal 1.800 del più caratteristico salume triestino, ha sospeso la produzione di beni alimentari in favore dei presidi sanitari più gettonati al tempo del Covid. Un’impresa che l’imprenditore e amministratore delegato Stefano Fulchir, la cui famiglia ha preso il controllo del marchio nel 2013, rivendica come una «operazione riuscita che ha consentito di salvare posti di lavoro», mentre secondo Andrea De Luca della Cgil essa «certifica il colpo di grazia a uno storico marchio triestino che di fatto non esiste più». Fulchir sintetizza così il percorso preso dall’azienda negli ultimi mesi: «Fino a febbraio lo stabilimento lavorava normalmente, pur avendo in parte esternalizzato la produzione del marchio. Poi è arrivato il Covid, i locali hanno chiuso ed è sparita la domanda per i nostri prodotti. L’11 marzo abbiamo stoppato la produzione per carenza di ordini».

A quel punto metà della struttura (2.500 metri quadrati) è stata affittata a IVision Health, società guidata dalla sorella di Fulchir Eva, parte del gruppo di famiglia: è iniziata così la produzione di mascherine. A giugno, spiega ancora Fulchir, «abbiamo constato che gli ordini per Masé erano passati da 200 mila euro al mese a 20 mila, e abbiamo riconvertito integralmente la produzione». Ora lo stabilimento di San Dorligo è anche ufficialmente di IVision, e i macchinari per la produzione di salumi sono custoditi al piano di sopra. I pochi dipendenti rimasti sono stati riassorbiti dalla nuova realtà. Dice Fulchir: «Siamo i primi produttori di mascherine in Regione riconosciuti dall’Istituto superiore della sanità. Da noi lavorano 25 persone e sforniamo cinque milioni di mascherine al mese per ospedali, aziende, istituzioni. Il settore alimentare non ci reggeva più ed è stata una scelta forse rischiosa, ma riuscita».

Per Masé esiste un futuro? «L’azienda esiste ed esiste il punto vendita in Cavana che non intendiamo assolutamente chiudere. Abbiamo i macchinari, le ricette e un grande marchio. Ora non possiamo pensare a far ripartire la produzione, ma se ci fosse qualcuno interessato in futuro se ne potrà parlare». Secondo il sindacalista di Filcams Cgil De Luca si è perso però un patrimonio: «È grande il nostro dispiacere per la scomparsa di un marchio storico, dopo la graduale chiusura dei negozi, si è arrivati alla fine della produzione. Un colpo di grazia per l’ennesimo marchio triestino. Speriamo che l’imprenditore prenda in considerazione di reintegrare lavoratori dei punti vendita chiusi che magari ora sono senza lavoro». —



Riproduzione riservata © Il Piccolo