Dal pediatra all’architetto Mille no al Parco del mare

Traguardo raggiunto in pochi giorni dalla petizione lanciata dal comitato La Lanterna Da Razeto a Bassa Poropat cresce il dissenso: «La collocazione ideale è Porto vecchio»
Di Silvio Maranzana

Ormai sono un migliaio le firme raccolte sotto la petizione lanciata dal comitato La Lanterna che si oppone al progetto del Parco del mare sul Molo Fratelli Bandiera. «Tra gli altri - spiega la portavoce Giorgetta Dorfles - hanno firmato i docenti universitari Fulvio Senardi, Marina Petronio, Guido Pesante, l’editore Walter Chiereghin, il regista Giampaolo Penco, l’architetto William Starc, il pediatra Andrea de Manzini, il presidente del Pen club Antonio Della Rocca, l’ex direttrice del Revoltella e dei Civici musei Maria Masau».

Le motivazioni del dissenso vengono definite molteplici. Il sito del comitato ne delinea le principali: verrebbe oscurata la Lanterna, monumento storico ottocentesco dell’architetto Matteo Pertsch che caratterizza il porto nautico e la città; verrebbe devastato il profilo delle Rive, esempio paradigmatico dell’abbraccio di una città con il mare; il macroscopico edificio fungerebbe da enorme paravento: verrebbe spezzata la linea dell’orizzonte; il Parco graverebbe con la sua mole sull’armonico impianto della Sacchetta. Non vengono sottovalutate le conseguenze pratiche: il surplus di traffico e l’invasione di automobili in una zona già penalizzata dalla scarsità di parcheggi; i problemi relativi alla fruizione del contiguo bagno storico “Pedocin”, il terreno da riporto con cui è stato costruito il Molo che inficerebbe la stabilità di un edificio così imponente. Infine si sottolineano le perplessità sulle ricadute economiche di una simile impresa e sulla riduzione in cattività degli animali.

«La nostra mobilitazione non è che all’inizio - continua Giorgetta Dorfles - sto prendendo accordi con le associazioni ambientaliste e in particolare con Italia nostra, Wwf, Legambiente e Trieste bella per organizzare una conferenza stampa comune e annunciare una serie di iniziative. La raccolta di firme ora passerà anche alla fase “cartacea”. Si potrà firmare in alcuni locali pubblici e se non sarà sufficiente faremo anche dei banchetti in piazza. Vogliamo raggiungere un numero di autografi molto consistenti per far comprendere che la nostra è una posizione estremamente condivisa».

Piovono intanto i commenti favorevoli all’iniziativa via web sotto il sito del comitato e molti non sono affatto contrari al Parco del mare in sé, ma vedono come unica sua collocazione possibile quella del Porto vecchio. È la linea sostenuta proprio ieri dal consigliere regionale dei Cittadini Emiliano Edera e dalla consigliera comunale Maria Teresa Bassa Poropat che rilevano che «è ben poco razionale pensare al Molo Fratelli Bandiera perché si tratta di una zona quasi priva di parcheggi, specialmente durante la stagione estiva, dove il traffico manderebbe in tilt un sistema viario già in difficoltà, mentre è logico che chi frequenta il bagno alla Lanterna abbia valide ragioni per non essere d’accordo. Al contrario per il Porto vecchio - aggiungono i due consiglieri - rappresenterebbe un’opportunità all’interno del rilancio di un’area con grandi spazi disponibili per la quale sono già stati stanziati 50 milioni, andando a integrare l’ipotesi di trasferimento e ampliamento del Museo del mare».

Secondo Antonio Paoletti, storico promotore del Parco del mare, la struttura sul Molo Fratelli Bandiera potrebbe essere inaugurata tra fine 2020 e inizio 2021. Il sindaco Roberto Dipiazza ha recentemente convocato una riunione operativa per stringere i tempi dell’iter amministrativo. A sostegno dell’opzione Portolido un manifesto firmato da 35 rappresentanti di categorie, associazioni e aziende private. Lo stesso presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto ha firmato dicendosi favorevole, ma spiega che «la collocazione ideale sarebbe stata quella del Porto vecchio, ma ormai l’unica possibilità di partire in tempi relativamente brevi è quella di Portolido, a patto che ci si trovi di fronte a un business plan credibile che certifichi la capacità della struttura di autofinanziarsi».

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