Dal loft alla villetta: le case dei triestini in affitto sul web

Boom di alloggi offerti ai turisti attraverso il circuito Airbnb. Prezzi tra 30 e 80 euro. Ma gli albergatori storcono il naso
Il proprietario di un appartamento messo in affitto sul web
Il proprietario di un appartamento messo in affitto sul web

TRIESTE L'idea è molto semplice: hai uno spazio da affittare, offrilo sulla rete a chi sta viaggiando. I tre amici Joe Gebbia, Brian Chesky e Nathan Blecharczyk che l'hanno avuta, iniziando nel 2007 con il loro appartamento di San Francisco, oggi sono milionari. Airbnb, fondato nel 2008, è il popolare sito che mette in contatto diretto i proprietari di una casa con chi viaggia, trattenendo una commissione dal 6 al 12% sulla somma pattuita tra locatore e locatario e il 3% da chi offre la stanza. Ad oggi conta 11 milioni di viaggiatori a livello globale con 600mila proprietà in oltre 34mila città in 192 paesi. In Italia, dal 2008 ad oggi, sono 1 milione le persone che l'hanno preferito al classico hotel e per il colosso californiano il nostro Paese è il terzo mercato, preceduto da Stati Uniti e Francia. Nel 2013 oltre 430mila persone in Italia hanno provato Airbnb per la prima volta. E l’offerta di alloggi cresce anche a Trieste.

In questa stagione, ottanta euro al giorno il prezzo medio per un appartamento in centro, cinquanta per una stanza privata che scendono a trentotto per una camera condivisa. Federico Vitiello, 30 anni, laurea in tecnologia multimediali e web, fondatore di Mood, occhiali da sole che grazie a piccoli mattoncini colorati a incastro puoi cambiare infinite volte in base al tuo umore, a gennaio ha pubblicato su Airbnb l'annuncio della sua casa a Santa Croce, offrendo le stanze in più e condividendo con gli ospiti bagno e cucina. Racconta: «Airbnb è un modo per arrotondare e fare networking anche in ambito lavorativo. Alcuni ospiti - prosegue - si sono interessati al mio progetto Mood collegandomi ad altre persone. In primavera ad esempio ho ospitato una coppia, lui americano, lei una modella francese che si è poi offerta di organizzare un photo-shooting completamente gratuito a Parigi per il mio progetto».

Ilaria Gazzara, 36 anni, originaria di Napoli, la passione per i viaggi e la casa del fidanzato lasciata vuota per gran parte dell'anno: «Avevo già conosciuto la realtà di Airbnb a Berlino, trovandola molto più accogliente del classico hotel, ci sono voluti due mesi per convincere il mio compagno perché aveva paura di aprire la propria casa ad estranei. Non abbiamo mai avuto problemi - conclude Ilaria -. È come se ci fosse un rispetto intrinseco tra le persone che scelgono di condividere».

Paolo e Valentina, viaggiatori instancabili, appena sposati, usano per la prima volta Airbnb nel 2012 a New York dove erano andati per partecipare alla maratona, decidono di allungare il soggiorno, gli alberghi costano una follia e grazie al passaparola scoprono i prezzi molto più convenienti della piattaforma. Provano e funziona. Appena rientrati a Trieste decidono quasi per gioco di mettere sulla rete anche il loro. Molti gli aneddoti sui viaggiatori tant'è - dice Paolo - che «sto pensando di scrivere dei racconti ispirati alle persone che abbiamo incontrato, ad esempio un giapponese che stava facendo il giro del mondo in bicicletta, mantenendosi con spettacoli di giocoleria nelle piazze». «Tra i primi ospiti - racconta Valentina - un ragazzo di Londra con cui siamo rimasti in contatto che si è presentato a sorpresa al nostro matrimonio».

Ogni movimento è registrato e gli intervistati affermano tranquillamente di dichiarare gli incassi come altre fonti di reddito. È l'ascesa della cosiddetta sharing economy, molto di ciò che possediamo resta inutilizzato ma la rete ci permette di condividerlo e magari di guadagnarci anche un po’. In parte è anche moda, di certo cambiano le relazioni: dieci anni fa sarebbe stato impensabile far entrare in casa uno sconosciuto, oggi la fiducia è sostenuta dalla nostra reputazione digitale. Nutrito tuttavia il fronte dei contrari: per gli albergatori in primis si tratta di concorrenza sleale e non mancano le accuse di evasione fiscale con più di qualche utente che farebbe il furbo nascondendo un vero business con più annunci riferibili a un solo soggetto.

La tecnologia insomma va più in fretta delle norme ma in città come Parigi, Amsterdam, Londra sono stati imposti limiti temporali agli affitti su Airbnb, superati i quali è necessario cambiare la destinazione d'uso dell'abitazione e comportarsi come una struttura professionale. Anche il governo della Catalogna, che l'anno scorso aveva multato Airbnb, ha infine autorizzato l'utilizzo del sito ponendo paletti e tassazioni. Meglio insomma regolamentare ciò che non si può fermare.

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