Dal 2011 spesi 60 milioni in lavori pubblici a Trieste
TRIESTE La pista ciclabile da Campo Marzio a via Orlandini, la riqualificazione di via Duca D'Aosta e via Ghega, le alberature del viale XX settembre, il rifacimento del giardino di piazza Hortis, i serramenti per la scuola Venezian, gli adeguamenti agli asili nido e alle scuole Stock e Codermatz, la sistemazione del capannone di via dei Macelli dove sistemare le scenografie per il Teatro Verdi, il completamento dell’impianto sportivo dell Polet a Opicina. Sono alcuni dei cantieri del Comune che prenderanno il via in questo 2016. Nei due mesi iniziali di quest’anno l’amministrazione ha già messo a bando opere pubbliche per 8,5 milioni di euro così ripartiti: 2,3 milioni per strade e marciapiedi, 1,2 milioni per la tutela del territorio (ambienti e spazi pubblici), 300mila euro per la manutenzione dei mercati, 1,5 milioni per gli edifici scolastici, 350mila euro per l’edilizia abitativa e 2,6 milioni per gli edifici pubblici (sportivi, culturali e religiosi). Sono soldi del bilancio 2015 che vanno ad aggiungersi ai 10 già spesi per le opere pubbliche l’anno scorso. Lo hanno rilevato in una conferenza stampa il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto. «Con i 18 milioni complessivamente ultimamente stanziati - ha sottolineato il sindaco - siamo ritornati alla capacità di spesa ante Patto di stabilità pur in presenza del Patto di stabilità stesso».
Ma un dato soprattutto gli amministratori comunali hanno voluto mettere in rilievo: la forte incidenza sul totale degli appalti vinti dalle ditte triestine. Dal 2011 al 2015 infatti su un totale di 58 milioni di euro spesi per lavori pubblici con relative aggiudicazioni di gara, opere per oltre 32 milioni sono state affidate a ditte di Trieste, con percentuali in crescita dal 2011. Nel complesso tuttavia si è trattato di un trend positivo con il 60% di ricadute a favore delle imprese locali e il 23% di quelle regionali. Nello specifico, solo nel 2015 su oltre 10 milioni di euro di opere aggiudicate, più di 6 milioni di euro sono andati a imprese con sede nella nostra città con una perccentuale di oltre il 60%, il 31% è finito a imprese del resto della regione e solo l’8% a quelle da fuori regione. Nel 2014 le percentuali erano state rispettivamente 51%, 16% e 31%, nel 2013, 52%. 14% e 33%, nel 2012, 73%, 18% e 8% e nel 2011, 47%, 37% e 15%. Analoga la tendenza se si considerano le gare aggiudicate. Nel 2015 su 56 totali, 34 (60,7%) sono state vinte da ditte triestine, 15 da ditte regionali e 7 da extraregionali.
Dapretto ha messo in rilievo come il trend venga confermato anche nei primi due mesi del 2016 perché dei 2,4 milioni già asegnati, il 55% è andato ad aziende triestine, il 36% ad aziende del resto della regione e il 9% a quelle da fuori regione. Il sindaco ha sottolineato che «con gli 8,5 milioni di euro messi a gara in questi primi mesi del 2016, siamo ritornati a una situazione indubbiamente più favorevole. Con la quale si conferma un dato significativo: riusciamo finalmente a garantire di nuovo una serie di opere pubbliche importanti per la città, pur in un momento edilizio in calo. La media delle assegnazioni alle imprese triestine palesemente in crescita dimostra che il tessuto delle ditte locali riesce a essere competitivo per la dimensione media delle gare proposte dal Comune. Abbiamo privilegiato - ha specificato - le necessità più importanti per la vita dei cittadini, partendo dalle scuole e poi le strade e i marciapiedi. Per entrambi nel 2016 ci saranno ulteriori bandi. Attualmente - ha concluso Cosolini - fatta eccezione per alcune grandi opere, non va trascurato che l'unica 'stazione appaltante' di rilievo sul nostro territorio è il Comune di Trieste».
Cifre considerate ancora troppo basse dai rappresentanti di Confartigianato e Cna edili presenti alla conferenza stampa che hanno rilevato come negli ultimi sette anni siano fallite 160 imprese edili e 1200 persone siano state licenziate. Di fronte a interventi critici, Cosolini ha reagito: «Siamo chamati a rispettare la legge, la chiudiamo qua».
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