Dai valori alla salute: le Cortine di ferro che ancora resistono tra l’Est e l’Ovest
BELGRADO Quella fisica e tangibile, fatta di muri e fili spinati che, nella descrizione di Churchill, correvano «da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico», è finita nei libri di storia, nel 1989. Ma la caduta del muro di Berlino non ha cancellato altre Cortine di ferro che separano ancora l’Europa. Sono fratture sui valori e sulla visione del mondo e della società, ma anche divisioni più materiali, sugli standard di vita. Che portano gli europei dell’Est a vivere anni in meno rispetto agli occidentali.
Sono questi i risultati di alcuni studi resi pubblici in questi giorni che disegnano un’Europa ancora frammentata, divisa – con qualche eccezione – tra Ovest ed Est, come trenta e più anni fa. Studi come quello, monumentale, del Pew Research Center, che raccogliendo le opinioni di quasi 60 mila europei e russi tra il 2015 e il 2017 ha scoperto che «le persone nell’Europa centro-orientale» e gli occidentali hanno ancora «atteggiamenti e valori» contrastanti, spesso antitetici. Differenze «che possono essere estreme, in qualche caso», ha specificato il Pew, citando ad esempio il numero bassissimo di europei dell’Est e dei Balcani che «accetterebbero un musulmano in famiglia», solo il 12% in Cechia, il 21% in Ungheria, il 29% in Romania, contro l’88% dei Paesi Bassi e l’82% della Norvegia. È una paura «irrazionale» dell’Islam, ha denunciato il giornale cèco Hospodarske Noviny. Ma lo stesso vale – fattore che preoccupa, conoscendo il passato antisemita nella regione – per l’ostilità contro gli ebrei, con «gli europei occidentali molto più aperti ad accettare ebrei» in famiglia o come vicini.
Ci sono anche altre cortine di ferro che faticano a essere smantellate, a Est. Dove una stragrande maggioranza della popolazione – con le eccezioni di Praga e in maniera minore Bratislava - «osteggia i matrimoni tra persone dello stesso sesso». E anche sull’aborto legale ci sono divisioni forti, con un 60% in media a Occidente che sostiene che l’interruzione di gravidanza deve essere «legale in tutti o nella maggior parte dei casi», mentre in alcune sacche a Est – in testa Polonia, Russia e Ucraina – la percentuale si rovescia.
Da Stati costretti per decenni sotto il giogo del socialismo reale, più o meno rigido, ci si aspetterebbe poca attenzione al sacro. Al contrario, nella regione – con l’eccezione dei Paesi baltici e della laica Cechia – Dio e le Chiese rimangono una pietra angolare della società, con «la maggior parte dei cittadini dell’ex blocco orientale che spiegano che l’essere cristiani è una componente-chiave della loro identità nazionale». A Ovest al contrario pochi credono che «essere cristiani sia importante per essere veramente francesi o inglesi».
Ed emerge lo «sciovinismo culturale», una delle misure più accurate del «nazionalismo», ha aggiunto lo studio del Pew, svelando che percentuali enormi in Grecia, Georgia, Armenia, Bulgaria, Russia, Bosnia, Romania e Serbia considerano la propria cultura migliore rispetto alle altre. E condividono la frase «la nostra gente non è perfetta, ma la nostra cultura è superiore». L’accettazione dell’altro, del diverso, delle minoranze, la visione di Dio e della religione, una pretesa superiorità culturale segnano una chiara «cesura Ovest-Est» basata sui valori, ha messo nero su bianco il Pew Center.
C’è un’altra barriera che stenta a cadere: quella sull’aspettativa di vita. Lo ha ricordato Eurostat, segnalando che a Est si vive anni in meno rispetto alla media Ue. E nelle regioni più povere in Romania e Bulgaria, ma anche in Ungheria, quasi 12 anni in meno rispetto a Spagna e Italia. —
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