Dai tassisti ai parrucchieri: la mappa del “lavoro nero” a Trieste

Emergenza lavoro nero. I tre quarti delle aziende artigiane triestine sono “esposte”, con varia intensità, a forme di concorrenza sleale. Incrociando dati Istat e Unioncamere, l’ufficio studi nazionale di Confartigianato ha svolto un’ampia indagine su tutte le province della Penisola, allo scopo di capire quanto profondamente e negativamente l’economia sommersa condizioni quella che invece paga tasse e contributi.
L’artigianato triestino e regionale soffre un po’ di più rispetto alla tendenza nazionale, che, secondo l’elaborazione confartigianale, suggerisce un 65,8% di imprese che corre il rischio di subire forme abusive di concorrenza. Ma, all’interno di questo perimetro, l’intensità del pericolo viene differenziata: il 24,2% risulta ad “alta” esposizione, mentre il 41,6% è considerata a “media” esposizione. Il Friuli Venezia Giulia riporta medie più elevate: 68,5% il totale esposto alla concorrenza, con il 23,7% ad “alta” e il 44% a “media”.
Vediamo ora come questa analisi viene coniugata sul nostro territorio. Ci aiuta il grafico pubblicato a lato. Nella provincia di Trieste il settore è composto da 4457 aziende: Confartigianato stima che 1202 di queste siano esposte ad “alta” concorrenza sleale, quindi oltre un quarto del totale. Mentre sono 2104 quelle classificabili a “medio” rischio, quindi poco meno della metà.
Se noi componiamo la somma di questo duplice livello di esposizione, otteniamo la cifra di 3306 imprese: come si diceva, i tre quarti dell’artigianato giuliano sono potenzialmente interessati da pratiche concorrenziali abusive. Percentuali a loro volta più elevate di quelle registrate nel Paese e in Regione.
In questa fase Confartigianato non è ancora in grado di fare una proiezione numerica di quanti possano essere gli abusivi, anche perchè è oggettivamente difficile censire e misurare gli illeciti. E’comunque interessante e preoccupante rilevare le vaste proporzioni di un fenomeno, sul quale le due associazioni triestine, Confartigianato e Cna, hanno recentemente preso posizione, chiedendo alle autorità preposte interventi rivolti alla repressione o, perlomeno, al contenimento di un problema che, soprattutto in una stagione ancora dura dal punto di vista economico, si fa sempre più acuto.
Lo studio confartigianale è però in grado di segnalare quali sono i comparti dove queste forme sleali di concorrenza sono maggiormente insidiose. Su Trieste ne individua soprattutto tre: costruzioni, servizi alla persona, trasporti & magazzinaggio. Le costruzioni sono di gran lunga l’ambito ritenuto più vulnerabile: è formato da 2013 aziende, 255 edili e 1758 installatori. «In questo settore è difficile cogliere gli abusivi in flagranza di reato - spiega Enrico Eva, segretario generale di Confartigianato Trieste - quasi sempre si tratta di gente senza una sede fissa, che s’arrangia caricando alla bisogna i furgoni. Gli interventi coprono un’ampia tipologia, dagli imbianchini ai serramentisti, e hanno un certo valore economico. Le detrazioni (50% per gli edili e 65% per il risparmio energetico spalmabili su dieci anni, ndr) non sono un deterrente sufficiente a sconfiggere l’abusivismo».
Al secondo posto nella mappa del rischio si piazzano i servizi alla persona con 693 aziende “attentabili” dagli abusivi: i due terzi di questo capitolo sono rappresentati da parrucchieri e “altri trattamenti estetici”. Niente di più facile che trovare su Facebook - avverte ancora Eva - acconciatori maschili e femminili a domicilio, manicure e pedicure, massaggiatori senza qualifiche.
Terzo posto aggiudicato al comparto dei trasporti e magazzinaggio con 400 imprese danneggiabili dai soliti ignoti: in particolare, sono 255 i taxisti o i noleggiatori di vetture alle prese con potenziali abusivi.
Una quarta categoria artigianale a contatto con i malintenzionati riguarda i servizi d’alloggio e di ristorazione, che conta 109 realtà tra rosticcerie, gelaterie, pasticcerie.
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