Dai paracadute degli aviatori e dalla pioggia di rottami ricavati abiti in seta e utensili
La storia
Ricorre oggi a Romans, il 76mo anniversario della storica battaglia aerea della Seconda guerra mondiale che si consumò verso le 12.30. Quella del 30 gennaio 1944 era una fredda domenica e quel giorno il cielo era limpido sopra la chiesa parrocchiale del paese. La battaglia coinvolse quattro B-24 degli alleati. Rimasti isolati dal resto del gruppo i bombardieri vennero attaccati da numerosi caccia tedeschi. Una fortezza volante, colpita, esplose in volo e i suoi rottami caddero sparpagliandosi sul territorio sottostante. Due aviatori morirono nell’esplosione precipitando nei pressi della chiesa. Altri corpi finirono lungo l’argine del torrente Judrio assieme ad altri pezzi di aereo, nei pressi delle fornace di mattoni, mentre, sul fronte opposto, un pilota tedesco si schiantò col suo velivolo sulla strada che porta a Gradisca. In totale furono sei gli aviatori morti, mentre altri cinque si salvarono lanciandosi col paracadute prima dell’esplosione.
Altri bombardieri B-24, colpiti dai tedeschi, si schiantarono a Grado e a Tapogliano.
La battaglia aerea di Romans venne raccontata dai testimoni di allora, il 30 gennaio 2014 in occasione della presentazione del libro di Alfredo Furlan, dal titolo “Sinner’s Dream”, edito a cura del locale gruppo di ricerca “I Scussons”. Il libro condensa pure le testimonianze di Ezio Bolzan, il popolare “Eci”. Romanese, classe 1931, deceduto lo scorso anno, Bolzan all’epoca dei fatti aveva 13 anni: ricordava nitidamente quel giorno in cui cadde l’aereo e assistette pure alla discesa dei paracadutisti americani che si salvarono, mentre altri si schiantarono a terra morendo a causa della mancata apertura del paracadute. Bolzan, che a casa conservava ancora alcuni pezzi dell’aereo abbattuto, raccontava che, a parte qualcuno, i primi ad accorrere assieme a lui sul posto cercarono di aiutare i paracadutisti a slegarsi. I soldati tedeschi fecero subito prigionieri gli americani, i quali, davanti ai primi arrivati, avevano alzato le braccia in segno di resa temendo il peggio. Ai paracadutisti morti, invece, – aggiungeva Bolzan – vennero tolti i vestiti e quanto di utile avevano addosso (ad uno venne pure forzatamente tolto l’anello che portava al dito). I presenti recuperarono pure i paracadute: nei giorni seguenti molti a Romans indossavano delle camicie di seta realizzate a casa col tessuto ricavato dagli stessi paracadute. Vennero asportati anche altri pezzi dell’aereo, come i serbatoi di rame, trasformati in secchi, che ancora qualcuno a Romans sta usando. I soldati americani morti, vennero inizialmente portati nel cimitero di Romana, ma sucessivamente i loro corpi vennero trasferiti altrove. –
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