Dai fasti degli anni ’90 alla crisi di visibilità La parabola della galassia camberiana
«Si stava meglio quando si stava meglio», scherza un esponente triestino di Forza Italia, ripassando la storia del partito in città e quella della sua corrente più forte, ovvero del gruppo che fa riferimento all’ex senatore Giulio Camber. Poche parole che dicono tutto, perché a confrontare il potere espresso dal camberismo vent’anni fa e quello odierno si capisce che di acqua sotto i ponti ne è passata.
La nomina di Acegas sarebbe stata fondamentale per rinverdire i fasti del passato di un gruppo sempre più chiuso nei confini cittadini, ora che in Regione non comanda più Forza Italia e che Camber ha lasciato Roma da due legislature, dovendo convivere nel mentre con le amministrazioni di centrosinistra espresse da Roberto Cosolini e Debora Serracchiani. E così, anno dopo anno, la presa sulla città si è allentata. E se è emblematica la fine della stagione di Marina Monassi alla presidenza dell’Autorità portuale, molti altri sono i legami perduti nel tempo con i ruoli di punta capaci di muovere (o rallentare) gli ingranaggi della città e le sue prospettive di sviluppo.
La corrente si è ridotta numericamente ma i reduci sono compatti, uniti da rapporti di fedeltà personale difficili da scalfire. E così hanno fatto rumore il recente passaggio alla Lega di Everest Bertoli, le critiche pubbliche di Bruno Marini e quelle solo interne di Piero Camber, non presentatosi alla cena organizzata per festeggiare la consegna del Sigillo trecentesco a Marina Monassi. Così come avevano fatto discutere in passato lo scontro con Roberto Antonione e Ferruccio Saro o l’abbandono di Paolo Rovis.
Gli uomini e le donne di osservanza camberiana muovono comunque ancora i propri passi sul terreno della politica cittadina, ma il contesto è radicalmente mutato. All’inizio dei Duemila, il controllo su Trieste si fondava su tre pilastri fondamentali: il Comune amministrato dal sindaco Roberto Dipiazza, l’Autorità portuale presieduta da Monassi e la Fondazione CRTrieste affidata a Massimo Paniccia. Ma le caselle erano molte di più: la Provincia, il Fondo Trieste e l’Aeroporto guidati da Renzo Codarin; la Camera di commercio e il Fondo di rotazione presieduti da Adalberto Donaggio; la Fiera assegnata a Luca Savino; il Terminal di Fernetti gestito da Roberto Prioglio.
Un mondo che vent’anni dopo appare ridimensionato, se si considera che quasi tutti gli incarichi nel mondo economico sono passati di mano. Resta tuttavia forte la presenza in Comune, dove sono camberiani gli assessori Angela Brandi, Maurizio Bucci e Lorenzo Giorgi, oltre ai consiglieri comunali Michele Babuder, Andrea Cavazzini, Manuela Declich, Alberto Polacco e Gianni Russo. Oltre al capogruppo e consigliere regionale Piero Camber, fratello dell’ex senatore. E ancora: le deputate Sandra Savino e Laura Stabile, il capogruppo in Regione Giuseppe Nicoli, il presidente di Trieste Trasporti Pier Giorgio Luccarini, il presidente di Esatto Andrea Polacco, la presidente di CRTrieste Tiziana Benussi, il presidente e il segretario di Confartigianato Dario Bruni e Enrico Eva, il presidente del Teatro Rossetti Sergio Pacor.
Grandi speranze erano state riposte in vista delle regionali. Era stato Camber, in una cena ristretta fra leader del centrodestra, a proporre di affidare la guida della coalizione al partito più votato alle politiche. Ma il 4 marzo è stato un flop per Forza Italia e l’ex senatore ha deciso di non attenersi alla parola data: da qui venti giorni di frenetiche trattative, con Sandra Savino intenta a proporre prima il nome di Riccardo Riccardi e poi una lunga sequenza di alternative, immancabilmente d’area camberiana. Dopo un rapporto mai del tutto franco con Renzo Tondo e l’ascesa di Serracchiani, la possibilità di indirizzare le politiche regionali e tornare alla guida del Porto era sfumata. Oggi a sfumare è l’incarico di Monassi in Acegas: non resta che puntare tutto su Autovie Venete. —
D.D.A.
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