Dai classici tribali all’omaggio a Maradona Ecco il ricco menù del Trieste Tatoo Expo
il caso
Lorenzo Degrassi
Più di duecento tatuatori provenienti da ogni parte del mondo, quasi 8 mila ingressi nel corso della tre giorni di kermesse e un discreto indotto per la città in termini di pernottamenti e consumazioni. Sono gli elementi distintivi dell’International Trieste Tattoo Expo, giunto quest’anno alla dodicesima edizione, che porta in città alcuni fra i più noti tatuatori presenti in circolazione.
Una piazza, quella triestina, fra le più amate dagli esperti del settore, grazie alla location molto suggestiva, con l’ex Pescheria e le sue vetrate sul mare a fare da cornice (e da ispirazione) al micromondo degli appassionati del tattoo, tanto che le richieste per essere presenti alla kermesse con il proprio stand sono andate esaurite già nel corso dell’estate.
Fra i presenti già dal primo pomeriggio di ieri molti gli stranieri, provenienti in particolar modo dalla vicina Slovenia, ma anche da Croazia e Austria, che avevano prenotato il proprio tattoo via web già nelle scorse settimane. Tatuatori “costretti” a mettersi all’opera fin da subito quindi: un’operazione di tatuatura, infatti, può significare mezz’ora di lavoro per un semplice disegno al polso fino a tre giorni completi di operazione per chi volesse farsi un'incisione lungo tutta la schiena. Fare e ricevere un tatuaggio, quindi, significa anche avere molta pazienza.
Fra i primi a sottoporsi all’ago del tatuatore c’è Ciro, alle prese con la riproduzione sulla caviglia destra del suo idolo, Diego Armando Maradona, che porterà via a chi lo incide non meno di tre ore di lavoro. «Con un tatuaggio si vuole esprimere il proprio modo di essere attraverso la pelle - racconta Ciro mentre è disteso sul lettino -. In pratica è una sorta di arte comunicativa».
Il perché del tatuaggio di Maradona è presto spiegato, un po’ meno chiaro è come mai la raffigurazione del “sinistro di Dio” finisca sulla caviglia destra. «L’altra era già occupata», spiega Ciro sorridendo.
Il tatuaggio come modo di essere, insomma, che non può più essere considerato una moda come lo fu all’inizio degli anni duemila. Oggi a passare sul lettino del tatuatore c’è il vip, come l’impiegato o l’operaio, a dimostrazione di una realtà che attraversa tutti gli strati della società. Difficile, invece, stabilire quale sia il tatuaggio che va più di moda. Dai tribali, veri e propri evergreen, fino ai disegni esoterici, passando per i polinesiani, il Salone degli Incanti è un tripudio di fantasia e di colori. «L’importante – ammonisce uno degli espositori – è non tatuarsi il nome della propria fidanzata o del proprio fidanzato. È un errore che continuano a fare in tanti».
Non è solo il tatuaggio però il protagonista al Salone degli Incanti: l’area espositiva propone anche alcuni stand di piercing, di abbigliamento a tema e di altri gadget, oltre a un palco per gli show dal vivo e allo stand dedicato alla birra. Ottimo spunto, magari, per un nuovo tattoo. —
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