Dai cavalli al gratta e vinci i “drogati” delle scommesse
La perdita del lavoro, la fine di una relazione sentimentale e il definitivo crack economico, una condizione, quest’ultima, che costringe a dormire in automobile e a chiedere aiuto agli strozzini. L’evento traumatico, per un giocatore patologico, precede quasi sempre il raggiungimento di un bivio, oltre il quale provare a risalire la china con l’aiuto di un professionista e di una struttura sanitaria. «Quando mia figlia ha smesso di guardarmi in faccia ho sentito di avere toccato il fondo. Solo allora ho deciso di fermarmi, avendo capito che altrimenti avrei perso tutto». Ciro, 45 anni, è seduto attorno a un tavolo insieme a una decina di persone. Fra di loro c’è Giulia Targa, una psicoterapeuta dell’associazione Hyperion, a cui spetta la conduzione del gruppo che ha deciso di chiamarsi “Canguro”.
Quella ospitata nella Microarea di Cittavecchia è la prima esperienza che coinvolge un gruppo di ex giocatori patologici. Dopo aver portato a termine con successo un lungo percorso all'interno di una struttura sanitaria, queste persone hanno deciso di tenersi ancora per mano nel tentativo di lasciare definitivamente alle spalle la schiavitù del gioco d'azzardo. «Giocavo tutto ciò che avevo - continua il vulcanico Ciro - . Niente slot machine, solo giocate al lotto. Avrò mandato in fumo oltre 60mila euro. La bomba è scoppiata quando in famiglia si sono accorti che rubavo il bancomat a mia moglie e infilavo le mani nella borsa delle mie figlie».
Quella di Ciro è una storia comune a molti ammalati di gioco. Si inizia per gioco, appunto, e si finisce per perdere completamente il controllo delle proprie azioni. «Siamo i primi bugiardi al mondo - ammette Ciro -. Si esce da questo inferno solamente con l’aiuto dei propri cari e con il sostegno di un professionista. Io devo tutto al dottor Davide Jugovac, dell’Ambulatorio per il gioco d’azzardo patologico dell’Azienda sanitaria. È una persona speciale, che è riuscita a tirare fuori tutti i miei 45 anni di gioco».
Eppure un ex giocatore non deve mai abbassare la guardia. La tentazione di rimettersi a giocare può rimanere sottotraccia, senza scomparire del tutto. «La nostra lotta durerà tutta la vita - così l'ex giocatore - . Guai se facciamo rientrare il gioco nei nostri pensieri».
Paolo, sessantuno anni, si è «mangiato due lavori e un matrimonio» con le slot machine. Anche lui ha perso in tanti anni oltre 60mila euro. «Giocavo i soldi della ditta - racconta - , convinto che sarei stato in grado di restituire tutto. Il buco, invece, diventava sempre più grande, fino a quando sono stato costretto a finire nella spirale dei prestiti. Mia moglie non capiva, credeva che il mio fosse solamente un vizio e così mi ha lasciato. Ho toccato davvero il fondo e sono finito a dormire in auto. Solo adesso io e mia moglie ci stiamo pian piano riavvicinando».
Maurizio di anni ne ha 64. Con i cavalli, il Superenalotto e i gratta e vinci ha lasciato per strada centinaia di migliaia di euro. «All'inizio ho avuto la sfortuna di vincere - spiega - . Poi però il vento ha cambiato direzione e ho iniziato a perdere. Ma a me non interessava vincere, mi bastava continuare a giocare. Avevo una malattia e non me ne rendevo conto, fino a quando non sono stato scoperto mentre mi impossessavo dei soldi dell'azienda dove lavoravo». Nelle parole degli ex giocatori c'è molto rammarico nel constatare come lo Stato «non faccia nulla per tutelare i propri cittadini. Gli interessi delle lobby del gioco sono evidenti e il guadagno derivante dall'azzardo è superiore alla spesa sanitaria per curare chi rimane vittima del gioco stesso». Una vincita, però, questi ex giocatori la riportano a casa quotidianamente: «Non proviamo più vergogna - spiegano - . Siamo a posto con le nostre coscienze e raccontiamo le nostre storie a testa alta». (l.sa.)
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