Dai carri di Muggia alla City come vola il distillatore Piolo

MUGGIA. «Non scriva che sono muggesano, altrimenti mi fanno nuovo». Col solito tono goliardico Paolo Basolo, classe 1968, scherza sulla sua cittadinanza acquisita oramai una decina di anni fa. L’enologo triestino risiede con la moglie nel centro storico rivierasco. «Pensi un po’, sono dirimpettaio del sindaco Marzi: una bravissima persona», puntualizza Basolo.
Il cofondatore dell’azienda liquoristica Piolo & Max - il collega di avventure è Massimiliano Zocchi - racconta la sua muggesanità. E racconta l’eccellenza raggiunta dal proprio marchio che con 30mila bottiglie all’anno e 35 prodotti differenti ha ben che varcato i confini triestini gettando le basi per essere servito nei migliori ristoranti di Tokyo e Londra. Tutto nasce per caso, o quasi. È il lontano 1989 quando Piolo e Max - quest’ultimo di un anno più giovane - sono colleghi di lavoro nelle cantine del Porto vecchio. Gli anni passano, l’esperienza si accumula e, all’arrivo della crisi economica post-attentato alle Torri Gemelle, i due triestini danno vita ad un nuovo progetto, indipendente e senza l’aiuto di nessuno, creando un originale laboratorio artigianale in via Emo.
«Doveva essere un secondo lavoro, in realtà è andata diversamente», racconta Basolo. È andata diversamente, nel senso che Piolo e Max sono andati ben oltre le proprie aspettative dando vita ad un marchio «dall'impronta femminile» (e non a caso assieme ai due amici lavorano due donne) che spazia come clientela dalle osterie ai ristoranti due stelle Michelin (Bastianich apprezza i prodotti della coppia, per fare un esempio). Dai liquori ottenuti per infusione di erbe - su tutti il Vermut del Porto vecchio, recentemente arrivato all'attenzione del Sole 24 Ore - ai liquori a base di latte, frutta e fiori di sambuco, Piolo & Max sono sempre più conosciuti e... bevuti...
«A Londra, tramite un importatore gallese, siamo presenti già in cinque locali grazie alle nostre creme, viste come dei liquid dessert: cocco, caffè, cioccolato, mou e tiramisù piacciono molto. Ma non vogliamo fermarci qui», racconta soddisfatto Basolo. Nel mirino dell’enologo c’è addirittura il Giappone: «Stiamo per far servire l’amaro di Trieste sulle tavole nipponiche, niente male, no?». E recentemente sono stati avviati contatti anche con Usa e Olanda. Fiori all’occhiello? Tanti. Ne citiamo due: il Centino, liquore storico di Pordenone - «l’abbiamo riprodotto noi, su commissione» - e il Chocoliquor Fleur de Sel - «richiesto dalle Saline di Pirano, in cui il liquore con la presenza del fiore di sale e l’infuso alcolico di rosmarino esalta sorprendentemente il cacao».
Alla domanda del fatturato annuo Piolo fa spallucce: «Non lo so, giuro. Ma so quanto pago di tasse». Sicuramente i litri di liquore prodotti ogni anno si attestano attorno a quota 15mila. «Tanta roba, anche se rispetto ad una volta bisogna stare attenti. Si può bere sempre di meno. Anche per questo il trend è cercare di tenere bassa la gradazione alcolica». Che per inciso può passare dai 17 delle creme ai canonici «e intoccabili» 40 dell’amaro. Ma come va la vita a Muggia? «Io e mia moglie siamo felicissimi. Si sta bene, è una cittadina meravigliosa e meravigliosamente siamo stati accolti. Rimango un foresto, perché solo chi è nato a Muggia è un muggesano, ma mi sta bene così». Basolo è molto attivo con la Compagnia del Carnevale della Bora. Ma non solo. «Facciamo sempre il chiosco con la Bora, ma siamo presenti anche a San Martino e ad altre manifestazioni. I muggesani sono ottimi clienti», spiega Piolo. Che non lesina qualche suggerimento: «Muggia ha un potenziale enorme a livello turistico non ancora espresso. Auspico che i lavori di adeguamento alla costa terminino presto. Poi auspico anche una maggiore apertura verso i turisti, che sono una risorsa. Ma questa mia osservazione devo dire che vale anche per Trieste. A volte pare che a Trieste si faccia di tutto per mandarli via invece che accoglierli a braccia aperte. Mah».
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