Dai Caraibi alle Noghere, il regno delle spugne più antico d’Europa

Forse non tutti sanno, infatti, che in questo settore di nicchia Trieste e provincia vantano un primato affatto scontato
Elisa Coloni
Mary Pesle Rosenfeld. Foto Bruni
Mary Pesle Rosenfeld. Foto Bruni

TRIESTE In Giappone e in Corea c’è chi usa spugne naturali rigorosamente made in Muggia: per la cura del corpo, ma anche come materiale per vere e proprie opere d’arte. Forse non tutti sanno, infatti, che in questo settore di nicchia Trieste e provincia vantano un primato affatto scontato: nella zona industriale delle Noghere si trova il più antico spugnificio in attività d’Europa. Si chiama Rosenfeld, dal nome della famiglia fondatrice e che ancora oggi lo porta avanti, grazie in particolare a Mary Pesle Rosenfeld e a sua figlia Elena, che rappresenta la quarta generazione al timone dell’impresa e raccoglie l’eredità del bisnonno Davide, che la creò nel lontano 1896.

Una storia lunga 125 anni, che fa respirare a Trieste l’essenza delle profondità mediterranee e caraibiche, in un tripudio di forme e sfumature di beige e giallino racchiuse in grandi cesti e poi ordinatamente sistemate nel magazzino. Elena e Mary stringono le spugne tra le mani quasi con affetto, le conoscono, ne “leggono” pregi e difetti: verrebbe quasi da pensare che le capiscano. Consapevoli di essere eredi di un piccolo pezzo di mondo antico, mostrano fiere le foto in bianco e nero degli antenati e della fabbrica negli anni passati, illustrando però in modo sapiente tutte le più moderne declinazioni di un prodotto così particolare.

Le spugne naturali non sono come quelle sintetiche: sono frutto del mare e, come tali, uniche e irripetibili, ognuna con una sua silhouette e sembianze che possono ricordare il cappello di Napoleone Bonaparte o un grande fungo. Possono stare nel palmo di una mano oppure essere giganti, arrivando addirittura fino a un metro, anche se molto rare. La differenza rispetto a quelle sintetiche? «Come tutti i prodotti naturali – spiegano le due titolari dell’azienda – hanno un altro impatto sulla pelle, più delicato, meno aggressivo, perfetto per neonati o per chi ha la cute delicata. E poi, se pulite e conservate nel modo giusto, possono durare anni ed essere sempre efficaci».

Il costo ovviamente non è lo stesso. Per una spugna naturale di piccole dimensioni, utile per detergere viso o corpo, si può spendere intorno ai 10 euro. In generale si oscilla tra i 5 e i 40 euro, a seconda della grandezza e della qualità, ma si può anche superare il centinaio di euro per gli esemplari più grandi, da esposizione. Sì, perché le spugne possono essere anche oggetti del desiderio per artisti, arredatori e designer, che vanno alla ricerca dei pezzi più particolari.

Il loro costo è frutto di un lavoro lungo, lento, fatto di rituali antichi, che in pochi tramandano ancora di padre in figlio. Lo ricorda bene la divisa da palombaro che ancora oggi domina l’ingresso al magazzino: «Ci hanno messo gli occhi sopra e hanno tentato di comprarla in tanti, ma ce la teniamo stretta», commenta sorridendo Mary Rosenfeld.

L’eredità dei palombari risiede nelle tecniche dei pescatori di spugne, mestiere praticato ormai da poche persone al mondo. A Trieste, ad esempio, non ce ne sono, anche perché nel nostro golfo non crescono spugne da pescare. Bisogna spingersi più a Sud, almeno fino alle coste istriane, oltre la punta di Salvore. Lì, in particolare nelle acque della dalmata Sebenico, si trova uno dei più ricchi paradisi delle spugne di tutta Europa, in realtà di tutto il mondo, assieme ai mari di Sicilia, della Tunisia e dei Caraibi. «Quello dei pescatori di spugne è un mestiere poco diffuso e che si tramanda di padre in figlio – spiegano Elena e Mary Rosenfeld –. Si devono conoscere profondamente i luoghi di pesca, i fondali, le rocce, i tipi di spugna; e poi saperle raccogliere, asciugare, pulire, prima che queste siano pronte per la spedizione e arrivino nello stabilimento per essere lavorate. Noi li conosciamo spesso personalmente, da anni, e con loro abbiamo un rapporto di collaborazione duraturo e solido. Con i pescatori croati, vista la distanza limitata, ci si vede di persona, perché – spiegano – andiamo direttamente noi a ritirare le spugne».

Nata alla fine dell’Ottocento, questa azienda di famiglia oggi conta sul lavoro di sette persone. Oltre a Mary, Elena e suo marito Paolo, quattro dipendenti di lungo corso e di grande esperienza, in un settore decisamente di nicchia. Difficile stabilire con precisione quante spugne vengano lavorate in un anno all’interno dello stabilimento muggesano, anche se, secondo le titolari, la cifra si aggira attorno ai 100 mila pezzi, di tutte le forme e dimensioni, che garantiscono all’azienda un fatturato pari a circa 350 mila euro.

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