Da vecchio rottame a icona di Trieste. La seconda vita dell’Ursus FOTO

TRIESTE Inizia ora la seconda giovinezza dell’Ursus, la mastodontica gru galleggiante costruita nel 1913 che, da 14 anni, sosta inoperosa qua e là nel golfo con un futuro che è andato parzialmente definendosi solo recentemente, dopo lo stanziamento dei famosi 50 milioni del Cipe per il Porto vecchio.
La missione della Guardia costiera ausiliaria, che dal 2004 - dopo averne acquisito gratuitamente la proprietà da Fincantieri che intendeva demolirlo -, lo sta coccolando come un gigante buono, è infatti conclusa. Molti triestini il 7 dicembre scorso hanno visto sfilare elegantemente il pontone dinanzi a piazza Unità per raggiungere l’Arsenale San Marco.
«Tra qualche giorno - conferma il segretario generale dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale Mario Sommariva - si concluderà la procedura burocratica e l’Ursus passerà sotto la nostra giurisdizione. Qui in bacino in queste settimane sono state svolte le prime verifiche sulla sicurezza. I nostri tecnici sono al lavoro per compilare una scheda dettagliata dal momento che la gru ha bisogno di un’operazione profonda e completa di risistemazione non soltanto dello scafo, ma anche del braccio e delle parti meccaniche. Poi saremo noi a operare come stazione appaltante e pubblicheremo il bando per i lavori che dovranno includere messa in sicurezza definitiva, ristrutturazione e messa a disposizione come bene fruibile».
Nel giro di pochi mesi si capirà se l’Ursus conserva ancora l’affetto dei triestini e se avrà le carte in regola per diventare l’icona della città, una sorta di Torre Eiffel di Trieste come pronosticato dall’architetto Claudio Visintini e ribadito recentemente dalla stessa governatrice Debora Serracchiani. Ancor prima l’ex assessore Paolo Rovis aveva osservato: «Il fatto che dovesse venir demolito richiama un parallelismo con la torre Eiffel di Parigi, edificata in occasione dell’Expo del 1900 con la previsione di venir smontata subito dopo. Invece, sappiamo tutti cosa è diventata. Perché mai, quindi, l’Ursus non potrebbe diventare una sorta di “Torre Eiffel” triestina, con la prerogativa del tutto unica che “galleggia” sul mare?».
Il presidente della Guardia costiera ausiliaria Fabrizio Pertot, che affiancato dalla segretaria Sabrina Iogna ripercorre la storia della gigantesca gru e che in questi anni è stato supportato dal vice Roberto De Gioia, ha lo sguardo felice di chi ha portato a termine un’impresa. «Va ringraziato tutto il mondo portuale che ci è stato costantemente vicino - afferma - ma anche le istituzioni a tutti i livelli a partire da Debora Serracchiani. Noi abbiamo sorvegliato l’Ursus con spirito di servizio, con l’abnegazione di molti dei nostri quaranta soci che anche quotidianamente andavano a controllarlo, ma abbiamo avuto aiuti anche dal Comune, da ditte locali e soprattutto dagli ormeggiatori sempre intervenuti in forze nei momenti di necessità. E logicamente dai rimorchiatori della Tripmare - che hanno recuperato l’Ursus in mezzo al mare il 2 marzo 2011 quando la bora ruppe gli ormeggi -, e dalla proprietà della compagnia, la famiglia Cattaruzza, che non ci fece neppure pagare il conto».
Meno di due anni fa con 180mila euro stanziati dalla Regione in bacino sono stati fatti lavori di carena e di prima messa in sicurezza. «Ora – conclude Pertot - siamo ben felici di vedere che questo nostro obiettivo da tempo perseguito sta per essere raggiunto. Spero che l’Ursus divenga realmente l’icona cittadina e che venga posizionato a terra, vicino al Magazzino 26 e all’ex Centrale idrodinamica del Porto vecchio. Se posto a secco, varrebbe la pena costruire l’ascensore panoramico di 80 metri che sarebbe economicamente sostenibile con i biglietti dei visitatori. Se invece l’Ursus restasse in acqua, rischierebbe di rendere l’operazione antieconomica a causa dei costi elevati dei carenaggi e della necessità di manutenzioni cicliche molto dispendiose».
«Il progetto al momento non c’è - ribatte Sommariva - dovrà essere commisurato alle risorse disponibili. Il finanziamento del Cipe è di 3 milioni, ma l’ammontare complessivo del bando dipenderà anche dai lavori che verranno identificati. Se potrà essere compreso nella cifra complessiva potrà venir fatto anche l’ascensore. Di certo la messa a secco attualmente non è prevista, comunque non è ancora detta l’ultima parola».
Il progetto dell’architetto Visintini, valutato 5,9 milioni di euro, prevedeva una piattaforma panoramica a 70 metri sul mare con un ascensore di vetro da 15 posti per inerpicarsi sul belvedere. Il ponte superiore vedrebbe la costruzione di un anfiteatro da 212 posti, che ospiterebbe spettacoli visibili contemporaneamente anche da terra. A poppa verrebbe invece realizzato un ristorante all’aperto. Previsti nella “pancia” dello scafo una sala conferenze da 64 posti, un piccolo bar e spazi per esposizioni e riunioni: il tutto a far da contorno alla sala macchine, i cui motori permetterebbero a Ursus di scorrazzare autonomamente per il golfo a 4,5 nodi di velocità.
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