Da tutta Italia a Chiarbola per la festa dei senegalesi

Quasi milleduecento persone al palasport in occasione della riunione nazionale della confederazione muridista. Partecipanti anche da Palermo, Genova e Milano
la festa dei senegalesi al Palachiarbola (Lasorte)
la festa dei senegalesi al Palachiarbola (Lasorte)

TRIESTE Dei quasi 1200 senegalesi da tutta Italia presenti ieri al Palachiarbola, la maggior parte erano uomini. Tutti vestiti in modo impeccabile, con il loro abito per le feste importanti o cerimonie religiose, il caftano. Poche ma vistose le donne, abbigliate in modo elegantissimo, con dei foulard in testa dello stesso colore del vestito - «ma non è il burqa» specifica subito Mbaye Fall, senegalese che dal 2000 abita a Pavia. Indossano un “taille basse”, un “grand bubu” o un “robe taille mame”, insomma uno degli abiti tradizionali.

 

Oltre mille senegalesi in festa a Chiarbola

 

Organizzata dall’Istituto culturale e religioso dei senegalesi del Friuli Venezia Giulia e dalla Fédération Mame Cheikh Issa Ndiénne, quella di ieri era un’occasione importante infatti, che ha raccolto molti dei 100mila senegalesi che vivono in Italia e che dal 2007 si riuniscono ogni anno in una città diversa per celebrare Cheikh Issa Ndiénne, dove “cheikh” significa “maestro”, discepolo di Cheikh Ahmadou Bamba, fondatore della “Muridiyya”, in italiano muridismo, da “murid”, discepolo, una confraternita islamica sunnita a cui appartiene la maggioranza dei senegalesi presenti in Italia.

 

 

È una riunione nazionale della confederazione muridista di tutte le sessioni di ogni città italiana, che rappresenta i due terzi dei senegalesi nel nostro Paese, anche perché in Senegal la religione preponderante è l’Islam. All’interno del muridismo però ci sono tre rami: uno è quello di Bamba, poi c’è quello di Ibrahim Fall, «il primo che seguì Ahmadou Bamba, e che per questo fu detto pazzo, perché abbandonava la sua famiglia regale per seguire il Maestro» spiega Amadou Fall, segretario generale e tesoriere dell’associazione dei muridi a Trieste, che conta 300 senegalesi di cui 200 muridi. E poi ci sono altri due rami, uno dedicato a Issa Ndiènne, per cui ieri si è festeggiato, ed era presente un discendente di Ndiènne stesso assieme alla sua famiglia. Con lui si è discusso dei temi fondamentali della vita durante la giornata di ieri, «come fa il Papa per i cristiani» ha specificato Amadou. «Molti forse saranno andati in trance» dice Amadou, che sa che quando vengono toccati certi argomenti succede questo, «perché lui dice che potrà salvarci il giorno del giudizio». Sta proprio nella vita e nella parola di Bamba la differenza del muridismo rispetto alle altre confraternite islamiche. Predicava soprattutto una santificazione del lavoro. «Se lavori, sei indipendente, se studi, sai le cose - spiega Mbaye -, poi c’è l’importanza della pace e dell’obbedienza». «Lui era un Meastro, il “khadim” - dice Amadou -, che dall’arabo vuol dire servitore del profeta, Maometto. Lui si è spinto più di altri, è riuscito a parlare direttamente di Dio, lui ha una dimensione spirituale a cui gli altri non sono arrivati». Tappeti a terra, «dove si cammina esclusivamente senza scarpe - spiega Mbaye -. Prima di fare le nostre preghiere o di entrare in luogo sacro, facciamo le abluzioni, non deve esserci nulla di impuro». Così come per tutti i musulmani.

Passano tè e baguette con formaggio tra i fedeli, prima del pranzo a base di riso e carne. Tutti stanno nell’entrata o nel campo dove di solito si gioca a basket. Cantano: «Sono le parole che Mamba ha scritto nei suoi testi poetici e spirituali». All’ingresso invece si sente «Dio è grande, Dio è unico». Sono tantissimi, tra di loro anche diversi senegalesi che vivono a Trieste, gli altri arrivano da Ravenna, Rimini, Ancona, Palermo, Genova, Pavia, Brescia, Zingonia e Milano. Ma le città con la maggior presenza di senegalesi in Italia sono le ultime tre. Qualche bambino salta di qua e di là, i piccoli presenziano con i loro abitini tradizionali. Ma loro ascoltano e basta, capiranno in futuro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo