Da Trieste e Bilbao le nuove tecnologie per ripulire a fondo i siti inquinati
Trentuno solo in Friuli Venezia Giulia tra cui Trieste
TRIESTE Al via a Trieste e a Bilbao la sperimentazione di due nuove tecnologie per la decontaminazione dei siti inquinati. Frazioni pesanti di idrocarburi del petrolio, ma anche metalli pesanti, come piombo e arsenico e altri contaminanti. È l’identikit delle sostanze inquinanti presenti nel Sin di Trieste, uno dei 58 siti più contaminati d’Italia, che rappresentano un grave rischio per la salute umana. E si tratta solo della punta dell’iceberg, perché l’Ispra ha contato ben 12.482 siti contaminati in tutt’Italia, di cui 31 in Fvg, dove si trova anche il Sin di Caffaro di Torviscosa. Sono aree industriali dismesse o in attività, che in passato sono state oggetto di incidenti, e aree in cui sono stati ammassati o interrati rifiuti pericolosi. A livello europeo sono 340.000.
Nonostante gli oltre tre miliardi di euro stanziati solo a livello italiano per bonificarli, nella maggior parte dei casi la bonifica non è avvenuta o procede a rilento. Questo anche perché a oggi le procedure di decontaminazione sono lunghe e molto costose. Ora, grazie al progetto europeo Posidon Pcp, finanziato dal programma Horizon 2020 e coordinato da Area Science Park, in due aree inquinate localizzate nella zona industriale della Valle delle Noghere, partirà sotto la conduzione dell’Autorità portuale e con l’autorizzazione della Regione la prima sperimentazione di due tecnologie di decontaminazione che promettono maggiore rapidità d’esecuzione e minori costi. «Sono tecnologie nate da partnership tra imprese, enti di ricerca e università, che verranno testate contemporaneamente a Trieste, dove si vorrebbe riutilizzare il sito a scopi industriali, e a Bilbao, in un’area che in futuro si vuole rendere residenziale», spiega Manuela Masutti, coordinatrice del progetto per Area Science Park.
«Sono due soluzioni per la decontaminazione di terreni inquinati in-situ più efficaci e alternative allo scavo e allo smaltimento del terreno inquinato, che funzionano per la bonifica sia di inquinanti organici che inorganici contemporaneamente - sottolinea Martina Terconi, tecnologo di Area Science Park -. È un nuovo approccio alla bonifica green che mira a rispondere alla necessità, largamente diffusa in Europa, di trovare tecnologie di decontaminazione dei suoli efficaci e con costi ridotti».
La prima soluzione, sviluppata dal consorzio guidato da Hcp Italia, si chiama “Erase” ed è una piattaforma che prevede la posa in-situ di elettrodi per ridurre, attraverso il trasporto indotto dal campo elettrico nel suolo, la contaminazione di inquinanti, oltre che azioni di trattamento chimico e biologico per iniezione di prodotti chimici e nutrienti.
Il consorzio capitanato da Teseco Bonifiche ha invece sviluppato la tecnologia “Soil-Omic”, che prevede processi biologici e chimico-fisici integrati per la decontaminazione di suoli e acque sotterranee tramite l’immissione nel terreno di formulazioni biologiche basate sull’integrazione di metagenomica e ingegneria ambientale. Il progetto vale 4 milioni 340 mila euro e si è sviluppato in più fasi: dei 6 concept selezionati nel corso della prima fase, i consorzi hanno sviluppato e validato in laboratorio quattro prototipi. Quindi ne sono stati selezionati due per la sperimentazione sul campo. I test dureranno oltre sei mesi, al termine si analizzeranno i risultati e se tutto dovesse andare nel migliore dei modi le due tecnologie verranno commercializzate. —
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