Da Trieste a Rovigno una casa “senza confini”
Sarà discusso e presumibilmente approvato mercoledì, dopo un ultimo passaggio in commissione, lo statuto del Gect Alto Adriatico, acronimo di Gruppo europeo di cooperazione territoriale. L’Euroregione, almeno in una sua versione in miniatura, sta insomma per diventare realtà: un dibattito che risale a dieci anni fa e che nel tempo è finito quasi nel dimenticatoio. L’assessore ai Fondi comunitari Roberto Treu, in rappresentanza del sindaco Roberto Cosolini, impegnato in un vertice sulla sicurezza in Prefettura, ha dato ieri l’annuncio della vicina votazione, in coda a un nuovo incontro organizzato in municipio sulla Città metropolitana: «Il percorso cominciato alla fine del 2013 sta per andare in porto: la realizzazione del Gect è un fatto storico, che rompe l’isolamento di Trieste e produce la ricomposizione culturale ed economica del territorio, interrotta dal secondo dopoguerra a oggi». La prospettiva è quella euroregionale e transnazionale, appunto.
Il Gect è infatti inserito nei regolamenti dell’Ue dal 2006, allo scopo di prevedere un ente che gestisca la cooperazione transfrontaliera fra due o più territori confinanti, ma collocati in stati diversi e quindi sottoposti a legislazioni e procedure differenti. Un obiettivo su tutti: dar vita a strategie congiunte per fruire dei programmi europei di cooperazione e accedere a maggiori quote di fondi Ue. Non si tratta del primo Gect creato sul territorio del Fvg, dal momento che esiste quello italo-sloveno di Gorizia, fondato nel 2011 e composto da Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba. Il Gect Alto Adriatico è tuttavia più vasto, poiché riguarda «ben tre paesi, caso raro in Europa, e una popolazione di 500mila persone, al cui interno Trieste rappresenta il 41% degli abitanti», ha sottolineato Treu. Ventiquattro i comuni interessati: Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino, Sgonico, San Dorligo, Muggia, Doberdò del Lago e Monfalcone per l’Italia; Capodistria, Ancarano, Divaccia, Erpelle-Cosina, Isola, Pirano e Sesana per la Slovenia; Verteneglio, Buie, Pinguente, Grisignana, Cittanova, Pola, Parenzo, Rovigno, Umago per la Croazia. Vi si sommano tre ulteriori enti, come l’Università di Trieste e quelle di Capodistria e di Pola.
Tre comunità nazionali, divise nel Novecento dall’insorgere dei nazionalismi e dei totalitarismi, che potranno così veder giuridicamente riconosciute le proprie affinità storiche, culturali e ambientali nel quadro dell’Unione europea, dopo l’ingresso della Croazia nel 2013. Gli ambiti di intervento sono numerosi, con la tendenza all’integrazione e alla razionalizzazione dei servizi: mobilità, infrastrutture, logistica, trasporti, intermodalità, comunicazioni, risorse energetiche, ambiente, territorio, istruzione, ricerca scientifica e applicata, attività produttive, agricoltura, mercato del lavoro, formazione, ambito socio-sanitario, tutela delle minoranze e della ricchezza linguistica, etnica e culturale del territorio istriano, costiero e carsico, con il suo patrimonio storico-artistico, naturalistico e paesaggistico. Settori in cui Treu rimarca «l’esistenza di un confronto cominciato da tempo, come dimostrano una serie di progetti Interreg avviati negli anni o l’esperienza di Euradria per lo spostamento dei lavoratori fra Italia, Slovenia e Croazia». I processi decisionali non saranno semplicissimi, ma l’assessore rassicura: «Il confronto tende alla gestione comune nel rispetto delle varie identità. Sono previsti meccanismi di voto a maggioranza, ma vogliamo lavorare in modo consensuale. Il Gect avrà sede a Trieste e strutture decentrate per seguire progetti specifici, anche grazie al coinvolgimento di comitati tecnici con all’interno esperti, imprese, sindacati ecc. Il Comune di Trieste ha aderito per ultimo perché voleva capire l’atteggiamento degli altri».
Dopo l’approvazione, il governo avrà sei mesi per ratificare l’adesione al Gect, mentre Slovenia e Croazia procederanno con il silenzio-assenso dopo tre mesi soltanto.
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