«Da Trieste a Mestre in 70 minuti si andrà a 200 km/h»
TRIESTE «Il conto alla rovescia è partito. Quest'anno avvieremo i primi cantieri fra Brescia e Vicenza, entro 7 anni il sistema Alta velocità sarà completato fino a Venezia e la linea ammodernata fino a Trieste». Parola di Renato Mazzoncini, amministratore delegato del Gruppo Fs Italiane. Che aggiunge: «Così in circa due ore il treno andrà da Milano a Venezia, e poi da Mestre a Trieste in circa 70 minuti. Cambia la vita per Veneto e Friuli Venezia Giulia». Mazzoncini parla in questa intervista anche degli investimenti per collegare ai binari gli aeroporti di Venezia e di Trieste, e di sviluppare il traffico merci con i relativi porti, e di una stazione a ponte per connettere Mestre e Marghera, e di una vera “cura del ferro” anche per il servizio locale. Una prima consistente quota dei denari necessari è già stanziata. «Rimane in particolare interamente da finanziare la tratta Vicenza-Padova per 1,3 miliardi. Ma confidiamo di recuperare fondi e progetti nell’arco dei sette anni».
Prima delle infrastrutture nuove, parliamo dei treni di oggi e di quelli per i pendolari?
«Andremo al rinnovamento della intera flotta in Veneto e Friuli Venezia Giulia, per fornire davvero un servizio metropolitano. Con la Regione Veneto riguardo al finanziamento di nuovi treni, abbiamo sottoscritto un accordo ponte di 9 anni e negoziato un investimento di 500 milioni. Dal 2019 inizieranno a arrivare 44 nuovi convogli denominati Rock. È la prova che non pensiamo solo alle Frecce».
A proposito di Frecce e di Tav, dopo un quarto di secolo di indecisioni siamo davvero alla boa?
«La Trasversale padana è destinata a divenire una realtà fondamentale su scala europea, poiché stiamo risolvendo uno a uno i nodi sui territori. Per esempio, riguardo a una delle tratte più complicate, ossia la Torino-Lyon, con l'ultimo accordo tra Italia e Francia direi che resistenze non ce ne sono più: ne avremo la conclusione al 2030. Non stiamo più discutendo sulla utilità dell'opera ma su come realizzarla. E in area padana siamo arrivati a Brescia».
Ma controversie su aspetti attinenti all'impatto ambientale ce ne sono ancora.
«Vero, stiamo puntando a minimizzare il consumo di suolo e i costi sociali e ambientali dell'opera. Di sicuro. Prendiamo il tema di Brescia e dell'attraversamento del basso Garda: complessivamente l'occupazione dei pregiati terreni destinati alla coltivazione della Lugana, da parte della nuova infrastruttura ferroviaria, sarà ridotta al 3% del totale. E così, confermando la centralità della storica stazione di Brescia e non andando in variante, riduciamo l'uso di suolo e serviamo meglio il territorio. Quanto all'aeroporto di Montichiari, stiamo valutando di servirlo con una bretella».
Le stazioni storiche da Milano a Trieste sono tornate tutte fondamentali: qui ci sta un cambio radicale nel progetto.
«Vero. Quando la Tav fu concepita nel '91 era pensata con stazioni nuove indipendenti come Roma Tiburtina, Napoli Afragola o il polo disegnato per Firenze da Norman Foster. Ma le Frecce stanno in piedi solo con un coefficiente di riempimento dei posti del 70%, obiettivo irrealizzabile se non passi in centri storici. Saranno poi le imprese di trasporto a stabilire quante fermate fare a Verona, Vicenza, Padova, Mestre, Venezia e via dicendo. Ma stop ai bypass che accorciavano la linea ma saltavano le città».
Quali effetti produce questa scelta su un territorio fortemente antropizzato e densamente costruito?
«Sceglieremo soluzioni di minimo impatto. Per esempio non ho dubbi che da Brescia l'uscita sarà in quadruplicamento, dove la zona sud presenta ampie zone libere. Cercheremo ovunque i corridoi e i varchi più appropriati».
Un altro aspetto chiave attiene ai finanziamenti.
«Il costo della tratta Brescia-Verona è pari a 3,8 miliardi, di cui 2,2 già finanziati. Il lotto da Verona al bivio di Vicenza costa 2,8 miliardi, di cui 1,3 miliardi già finanziati. Per questo posso dire serenamente che entro il 2017 partiranno i cantieri e che, man mano che procederanno, arriveranno i finanziamenti che mancano».
Un punto di svolta è la soluzione del nodo di Vicenza.
«Significa che la nuova linea nell'abitato di Vicenza andrà in affiancamento alla storica. Tutto si semplifica, funziona meglio per l'utente e costa meno. Il Consiglio comunale di Vicenza ha scelto nella seduta del 30 giugno 2016 di mantenere la stazione in via Roma, sede storica. Ed è coerente con la nostra tesi riguardante anche Padova o Mestre. Le stazioni tornano assolutamente centrali. Il caso tipo per noi è Verona, che è stata riqualificata e sta performando molto bene: funziona come hub per una modalità integrata del treno con bus e pullman, shuttle per aeroporto, bike e car sharing, auto a noleggio».
Tutto da ripensare il nodo di Venezia e Mestre, anche per la relazione con l'aeroporto.
«Venezia Santa Lucia ha un enorme valore perché consente di essere già nel centro urbano più prezioso del mondo. Ma non potrà mai avere grandi flussi. Mestre svolge un ruolo fondamentale, non solo per le funzioni passanti e avrà un formidabile incremento quando ammoderneremo i collegamenti verso Udine e Trieste, insomma verso l'Austria e l'Est Europa. Infatti con il sindaco Luigi Brugnaro stiamo discutendo a Mestre di una stazione a ponte per unire le due parti della città separate dalla ferrovia. Siamo molto interessati a questo intervento, dentro a un contesto urbano in fase di rivitalizzazione».
Una stazione strutturata a ponte è stata immaginata anche per Padova.
«Ci è stata richiesta dall'allora sindaco Massimo Bitonci e ne capisco le ragioni. Ma qui non abbiamo esigenza di ulteriori spazi. Su Padova stiamo invece investendo per potenziare l'Interporto, con nuovi binari dove allestire treni di 750 metri di lunghezza. E stiamo iniziando a progettare la bretella con la stazione centrale, se possibile con sottopasso della viabilità urbana».
Torniamo a Venezia e al collegamento con l'aeroporto.
«Con il presidente di Save, Enrico Marchi, stiamo immaginando una sorta di bretella a forma di asola, che scendendo dalla linea storica vada in aeroporto. A Venezia sarebbero garantite alcune Frecce e soprattutto il servizio di treni navetta, secondo lo stesso schema di Fiumicino. Osservo anche che, con i lavori in corso per la fermata ferroviaria a margine dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari, i due aeroporti di Veneto e Friuli Venezia Giulia saranno interconnessi».
Quando avverrà tutto questo? La linea Mestre-Trieste è tra le più lente del Nord Italia.
«Con la presidente Debora Serracchiani abbiamo condiviso che il progetto di una linea dedicata a treni da 300 km orari implica complicazioni enormi per tempi e costi. Più semplice e meno oneroso ottenere uno standard di 200 km orari guadagnando 25-30 minuti tra Trieste e Mestre, collegabili dunque in poco più di un'ora. Abbiamo sottoscritto un programma da 1,8 miliardi, di cui 200 milioni già finanziati e destinati alla progettazione e alle prime opere. Finiremo i lavori nel 2024».
Il 2024 pare una data magica.
«Procederemo in parallelo ai lavori sull'intero asse da Verona a Padova e poi da Mestre a Trieste. In questa seconda tratta le opere sono molto più semplici, si tratta di introdurre nuove tecnologie, di aggiustare il tracciato con una serie di rettificazioni di curve, di eliminare i passaggi a livello. Allo stesso modo, sono relativamente semplici gli interventi per la velocizzazione della Padova-Bologna: investiremo in tecnologie per 160 milioni e al 2019 garantiremo un recupero di 10-15 minuti sull'orario di percorrenza».
Resta ancora un grande cantiere, ossia la linea del Brennero.
«Al 2026 avremo concluso la galleria più lunga del mondo. Parliamo di una infrastruttura molto complessa: se il tunnel richiede 8 miliardi, di cui la metà già finanziati, la nuova asta della galleria a Verona ne chiede 6. E su questo siamo più indietro, in alcuni lotti ai progetti preliminari».
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