Da skipper a detenuto per un contatore

L’odissea del velista Berti Bruss condannato a 22 mesi per un micro furto: «Crimine che non ho commesso»
Berti Bruss
Berti Bruss

TRIESTE. Sembra la versione triestina di «Detenuto in attesa di giudizio». Al posto di Alberto Sordi ad incappare nelle strette e miopi maglie della giustizia è Berti Bruss, lo skipper della Dolce Vita e di Marinariello. Bruss è a casa, ai domiciliari, dove sta scontando la pena di un anno e dieci mesi senza i benefici, per un reato, che dice di non aver mai commesso: il furto di un contatore dell’AcegasAps. A casa ci rimarrà per altri sei mesi quando potrebbero concedergli la semilibertà. E alla Barcolana potrebbe partecipare solo grazie a un permesso straordinario. Perché a tutti gli effetti è un detenuto.

Il paradosso è che Berti Bruss non si è accorto di essere indagato e poi condannato perché era vittima prima delle conseguenze di un grave incidente stradale e poi di un serio esaurimento nervoso conseguente al fallimento della sua ditta di restauri edili. «Ricevevo carte e firmavo ma non capivo. Ero fuori di testa», così la spiega. Altro non può, non riesce a dire. Perché le notifiche gli sono effettivamente arrivate come dimostrano le ricevute di ritorno degli atti inviati dal Tribunale. E poi c’è stata anche la perquisizione. Un giorno nella sua casa di via della Mandria si sono presentati i carabinieri per perquisirla, cercando invano il famoso contatore del gas. Ma lui mai avrebbe pensato di essere indagato per il furto di quella cosa.

La storia inizia nel 2011, quando misteriosamente sparisce appunto il contatore del gas di una casa di Santa Croce gestita da Bruss, per conto di un suo cliente. Le indagini dei carabinieri di Aurisina partono immediatamente. Scoprono che l’inquilino (che non paga l’affitto) sospetta di Bruss. Ai militari poi viene riferito che il presunto ladro è uno alto che spesso si vedeva da quelle parti. In breve, come si dice, il cerchio si stringe su proprio Berti Bruss, che mai e poi mai lo sospetta.

Lui pensa alle vele e al mare. È reduce da un grave naufragio e dall’incidente avvenuto il 18 ottobre a causa del quale è finito a lungo in rianimazione. Ma soprattutto è reduce del crac della Espirit D’Equipe, la sua ditta di restauri a causa del quale i creditori e lo Stato hanno preso tutti i suoi beni. Così si trova - senza saperlo - accusato di furto.

Il procedimento penale lentamente ma inesorabilmente va avanti. Il pm Massimo De Bortoli, dopo le indagini dei carabinieri, gli fa notificare il decreto di citazione diretta. Poi veloce arriva il processo, nessun ritardo. Il giorno fatidico del processo viene fissato. Ma neanche lo sa lo skipper che sulla bacheca dell’aula del secondo piano del tribunale un cancelliere ha scritto il suo nome. Avvocato d’ufficio nominato al momento e poi la prevedibile condanna, senza dubbio esemplare, da parte del giudice onorario Valentina Guercini: 22 mesi senza i benefici e multa di 700 euro. Inammissibile che un presunto ladro non si presenti.

La giustizia prosegue. E se il condannato non lo sa (e forse neanche l’avvocato), nessuno pensa all’appello che bloccherebbe l’esecuzione della pena. Per farla breve la sentenza esemplare passa in giudicato ed è pronta per essere eseguita, senza indugi. Ma Berti Bruss continua sempre a non saperne nulla. E in effetti neanche si immagina che dopo poche settimane per lui si apriranno le porte del carcere.

Ricorda: «È successo l’8 novembre. Avevo ricominciato a lavorare. All’improvviso sono arrivati due poliziotti. Mi hanno consegnato una carta e solo allora ho capito cosa era accaduto. Mi hanno accompagnato in carcere per scontare la pena». In poco tempo lo skipper finisce in cella assieme a uno stupratore e a trafficante di droga. «Ho navigato al Coroneo per cinque mesi: un incubo in cui ho visto un altro mondo che non avrei mai immaginato. Per fortuna ho reagito e così mi sono dedicato agli altri, a quelli più sfortunati. Ho insegnato italiano e inglese e alla fine lo stesso ministero mi ha inviato un encomio».

In aprile - finalmente - è scarcerato. Il giudice di sorveglianza ha accolto la richiesta del difensore di fiducia, l’avvocato William Crivellari e gli ha concesso i domiciliari. La pena la sta scontando a casa in via della Mandria da dove non può allontanarsi: «Forse è il destino. Nella vita bisogna sempre pagare qualcosa. Sicuramente ho fatto tanti errori, ma non certo quello di rubare un contatore del gas». E poi, con saggezza e rassegnazione aggiunge: «Aspettiamo che finisca la tempesta...».

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