Da Santin a “super Mario”: 50 anni di messe per don Elio
TRIESTE Meglio un sorriso che una predica troppo solenne, un abbraccio piuttosto che un rimprovero eccessivo. La pensa così don Elio Stefanuto, il religioso che domenica festeggerà i 50 anni di sacerdozio, un traguardo che Barcola vuole celebrare allestendo una festa patronale (e popolare). Festa articolata in due momenti; una funzione bilingue delle 18 nella chiesa di San Bartolomeo Apostolo di viale Miramare 113, e una successiva processione per le vie rionali.
Classe 1938, originario di Taglio Veneto, zona Portogruaro, don Elio Stefanuto arriva a Trieste nel 1960 dopo aver conseguito le lauree in Filosofia a Vienna e in Teologia alla Gregoriana di Roma, mentre la consacrazione all'abito sacerdotale matura cinque anni più tardi e avviene a Muggia. A Trieste trova un mentore e insegnante storico, si tratta di monsignor Santin, figura rivelatasi fondamentale per la crescita, non solo spirituale, dell’allora novello sacerdote proveniente dalla Bassa Veneta: « Mi ha accolto con amore e mi ha formato - ricorda Don Elio -. Monsignor Santin sapeva ascoltare e parlare, ma soprattutto sapeva anche agire. Per me è stato un riferimento assoluto».
Il primo scalo del cammino pastorale di don Elio avviene nel 1965, destinazione San Giacomo. È nel quartiere tradizionalmente più proletario di Trieste che il giovane sacerdote muove i primi passi alla “corte” del parroco, monsignor Cosulich, tra insegnamento, rapporti con i giovani e dialogo con la cittadinanza: «Un ambiente umano in effetti strano - ribadisce il sacerdote - proletario, è vero, ma anche semplice e profondo. Posso solo dire che San Giacomo è stato il mio primo vero amore, l'ambiente che mi ha fatto crescere in un clima di affetto». Dura sino al 1979 il “matrimonio” con il suolo sangiacomino. Poi il trasferimento a Barcola.
Altro amore, altro contesto. Qui dominano il mare, le barche, i colori delle vacanze, le tinte sociali sono borghesi e inducono alla necessità di integrarsi al meglio anche tramite la lingua slovena, ben radicata nella zona. Don Elio accetta la sfida e torna sui banchi di scuola, apprendendo in tempo quasi record le basi della lingua della comunità: «È stata una maestra a esortarmi ad apprendere e aveva ragione - rievoca il sacerdote -. Ora me la cavo discretamente anche in sloveno. L'esperienza di Barcola è stata comunque particolare anche per altri motivi, se non altro per aver capito ancor di più l'importanza di stare accanto alla gente ma nel frattempo di far capire che un semplice prete non è certo Dio...».
Non sarà Dio ma don Elio entra nel cuore delle persone, trasmette, cura e soprattutto ascolta. Nel farlo di solito evita la retorica e opta per il respiro dell'accoglienza, fattore ben recepito, pare, dai fedeli, sloveni e italiani. L'incarico da parroco barcolano termina nel 2012, ma nello stesso anno don Elio viene nominato canonico emerito del Capitolo della Cattedrale, titolo di ardua codificazione ma che di fatto gli consente di operare ancora nella chiesa di San Bartolomeo, anche sostituendo il parroco titolare don Angeli, ora alle prese con problemi di salute: «Mi sento come Balotelli, sono tornato in squadra - ironizza don Elio, tradendo l'altro suo grande amore, il Milan -. È qui ad esempio che ho celebrato tanti matrimoni, apprezzato e aiutato tanta gente, imparando anche a non scandalizzarmi troppo..».
Ed è qui che don Elio Stefanuto domenica toccherà il mezzo secolo in abito talare, tappa che coniuga al suo augurio canonico, in tutti i sensi, espresso gergalmente più volte anche dall'altare: «Volemose ben e che Dio non ne la mandi ben, ma assai, assai ben. E per tanti anni...».
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