Da Roma a Trieste per ricostruire la Destra

Solo i paracarri non cambiano idea, diceva Bordon. Lo sa bene Luca Chiavegatti, l’ex candidato sindaco della Destra sociale che fino all'altro ieri attaccava Dipiazza e che oggi, invece, compare in una lista in suo appoggio, quella di Fratelli d'Italia. D’altronde i grandi accordi si fanno a Roma e l'altare elettorale val bene un ripensamento. Ed è dalla capitale che l’hanno catapultato qualche mese fa, a Trieste, con la grande ambizione di rimettere insieme i cocci della destra in tutto il Triveneto.
Il cinquantatreenne Chiavegatti, di mestiere consulente aziendale, in realtà gravita da queste parti da tempo: è originario di Bologna, ma si è diplomato a Padova e laureato a Venezia. Si fa conoscere al pubblico triestino, politicamente parlando, appena a ottobre dello scorso anno nella triste vicenda dell'ex militare in pensione cacciato dal suo alloggio di via Donadoni. Lui è lì a difendere il sacro diritto alla casa di una famiglia che lo Stato mette in strada. Chiavegatti, la vediamo dappertutto.
Come sta andando la campagna elettorale?
Bene, sono tra chi ha bisogno, nelle piazze e nei rioni.
Lo slogan?
Famiglia, casa, lavoro. Sono stato contattato dai comitati Coop e disoccupati. Tutti rimangono stupiti perché con la politica in genere trovano un muro.
Lei è spuntato all'improvviso, dov’era prima?
Ho sempre lavorato a Roma.
E poi l’hanno spedita qua per la campagna elettorale?
La Destra sociale mi ha mandato qua con l’obiettivo di fare il coordinatore del Triveneto e recuperare voti ex Msi, cioè quelli che sono passati alla Lega e al M5S. Ho fatto 150 tesserati a Trieste. Un lavoraccio.
Però poi si è candidato con Fratelli d’Italia.
A livello nazionale c’è stata un riunificazione delle destre tra Giorgia Meloni e Luca Romagnoli, eurodeputato e presiedente della Destra sociale, e quindi siamo confluiti in Fratelli d’Italia.
Adesso sostiene Dipiazza, lo stesso che fino a qualche tempo fa criticava a suon di post su Facebook.
C’è stato l'accordo nazionale. Mi sono reso conto che se vogliamo riprenderci la città con i valori della sicurezza e del lavoro, serviva una persona rappresentativa con cui vincere. Abbiamo condiviso a tavolino l’appoggio a patto che porti avanti i nostri punti programmatici.
Cosa le piace di Dipiazza?
Dà la carica alla gente, è schietto, ha un suo bacino elettorale e alla città piace. Non è come Cosolini che ti guarda dall'alto o Menis tutto sul web. Anche Dipiazza fa campagna elettorale su Facebook. Ma è pure tra la gente e sulla Ferriera sta dando risposte chiare.
Forse la Ferriera non è proprio l’esempio più vincente.
E infatti si è assunto le colpe.
Se Dipiazza diventa sindaco e si mette a celebrare matrimoni gay, lei che fa?
Se è coerente non lo deve fare. La famiglia è padre, madre e figlio. (g.s.)
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