«Da Redipuglia un messaggio per la fratellanza dei popoli»

Muti chiarisce il significato dell’evento che apre le celebrazioni per la Grande Guerra «Serve un richiamo universale perché le lezioni della storia non sono state assimilate»
Di Flaminia Bussotti
Riccardo Muti
Riccardo Muti

RAVENNA. Con un programma alle spalle da sfiancare un bisonte, Riccardo Muti si appresta a dirigere domani al Sacrario di Redipuglia il grande concerto per i 100 anni della Grande Guerra con cui si apre il ciclo di commemorazioni italiane per l’anniversario dello scoppio del primo conflitto mondiale. Prima dell’appuntamento solenne, una tournée di tre settimane in Giappone con il Teatro dell’Opera di Roma, poi due settimane a Chicago con la “sua” Chicago Symphony Orchestra, quindi Ravenna dove il 30 giugno ha diretto l’Orchestra Cherubini in un concerto in memoria di Claudio Abbado. E ora Redipuglia il cui appuntamento rientra nel percorso delle Vie dell’Amicizia, un tracciato culturale nei luoghi più martoriati del pianeta avviato con cadenza annuale dal Festival di Ravenna a cominciare da Sarajevo nel 1997. Il 12 luglio il maestro Muti dirigerà poi un concerto a Spoleto per l’inaugurazione del Teatro Caio Melisso appena restaurato grazie a un’iniziativa di sponsor di Carla Fendi.

Il concerto nel Sacrario di Redipuglia, dove riposano i resti di oltre 100mila soldati italiani caduti nella prima guerra mondiale, sarà presenziato dal presidente Giorgio Napolitano. Assieme a lui anche i capi di Stato di Slovenia e Croazia. In programma il Requiem di Verdi eseguito da una compagine imponente: la Cherubini e la European Spirit of Youth Orchestra, piu’ musicisti provenienti da una ventina di paesi (Berliner Philharmoniker, Wiener Philharmoniker, Chicago Symphony Orchestra, Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, Filarmonici di San Pietroburgo, Orchestre National de France, Orchestre Symphonique du Théatre Royal de La Monnaie, Philharmonia Orchestra). I solisti sono Tatiana Serjan, Daniela Barcellona, Samir Pirgu, Rccardo Zanellato. In tutto, fra musicisti, cantanti e cori del Friuli, di Lubiana, Zagabria, Budapest, la compagine sul palco sara’ di 365 persone.

Durante una pausa delle prove del concerto per Abbado a Ravenna, il maestro ha concesso un’intervista esclusiva al Piccolo.

La prima guerra ha cambiato il volto dell’Europa e segnato la fine delle dinastie imperiali. Fu una ecatombe militare e civile: che messaggio vuole lanciare con questo concerto?

È chiaro che questi conflitti, la prima e la seconda guerra mondiale, sono manifestazioni di orrore con milioni e milioni di morti e atrocità che ancora oggi ci fanno rabbrividire: la prova che la mente umana ha raggiunto e superato limiti ritenuti invalicabili. Ora, 100 anni dopo, un Requiem a Redipuglia ricorda quelle centinaia di migliaia di soldati morti la maggior parte per un ideale, ma fra di loro c’era anche gente semplice chiamata alle armi a combattere e perdere la vita per una ragione che non era loro neanche chiara. Un Requiem in questo luogo con la partecipazione di vari presidenti e musicisti di diverse orchestre europee e dagli Stati Uniti ha un significato ideale di riconciliazione nel nome di una fratellanza dei popoli una volta coinvolti in una guerra atroce e oggi uniti nell’ideale dell’Europa. Il concerto travalica l’evento contingente per riferirsi a un messaggio universale perchè le lezioni della storia non sono state assimilate.

Difficile parlare di pace quando il pianeta è dilaniato da odii e guerre regionali: che ruolo può avere la musica oltre quello simbolico?

Non ha un ruolo meramente simbolico, come abbiamo dimostrato nei tanti concerti delle Vie dell’Amicizia a cominciare da Sarajevo anni fa, e seguiti ogni anno da altri concerti in luoghi tormentati della terra. La musica ha sempre dichiarato la sua capacità di accomunare persone, popoli, culture, religioni e razze diverse in un comune sentire capace di far vibrare il cuore.

Per il concerto ha scelto Verdi, la Messa da Requiem, un brano cui Lei è molto legato e di cui è considerato il massimo interprete. Che cosa significa per Lei?

Il Requiem di Verdi è una preghiera per i morti che chiedono pace eterna e di essere liberati dalla morte eterna e dal fuoco. A differenza di quello di Brahms, che è un Requiem per i vivi nel senso di lenire il dolore per quelli che rimangono, il Requiem di Verdi è per i morti.

Il 12 luglio dirigerà a Spoleto un concerto per l’inaugurazione del Caio Melisso appena restaurato: un’iniziativa che rilancia la cultura del mecenatesimo cui intende manifestare il suo appoggio?

Il mecenatismo è fondamentale, lo era nel ’600 e ’700 ma lo è ancor più oggi perchè nella situazione economica generale lo Stato non può risolvere da solo le necessità inalienabili della cultura. Negli Usa è molto diffuso. Pochi giorni fa, ad esempio, la famiglia Zell ha dato alla Chicago in mio nome 17 milioni di dollari. Grande rispetto quindi alla signora Fendi che ha sponsorizzato l’operazione. Per questo ho deciso di offrire gratuitamente la mia direzione del concerto con la Cherubini e il pianista David Frey.

Lo stato della cultura in Italia è un tasto dolente su cui Lei ha sempre insistito: qualche segnale di speranza con il governo Renzi?

Ho molta fiducia nel governo Renzi, che sta aprendo a una visione più internazionale del problema della cultura.

Dopo la morte di Abbado Lei ha detto di sentirsi più solo ed è tornato a smentire l’idea di qualsivoglia rivalità. Che rapporto vi legava?

Certamente Abbado è stato uno dei protagonisti della cultura italiana nel mondo e la sua carriera internazionale è stata un vanto per l’Italia. Nonostante si sia tentato di creare rivalità fra noi due, pur nella differenza di età abbiamo fatto un percorso parallelo, noi non abbiamo mai sentito questo problema della rivalità e avuto un rapporto di stima reciproca. La sua scomparsa lascia un grande vuoto e quindi un senso di solitudine.

Dopo Redipuglia dirigerà, il 7 luglio, un concerto a Lubiana per i dieci anni della morte di Carlos Kleiber, cui era legato da grande amicizia e affinità: come è nato questo suo omaggio al grande direttore?

Mi univa un legame d profonda amicizia risalente al lontano 1981, quando Carlos veniva a seguire le prove delle Nozze di Figaro con la regia di Strehler alla Scala. Ci conoscemmo e nacque una grande amicizia determinata soprattutto dal comune senso di profondo rispetto verso la nostra professione, che oggi sembra alquanto allentato. Ogni concerto, esibizione erano sofferti, pensati, non c’era catena di montaggio, non c’era un concetto industriale della nostra attività. Ricordo che per il mio ultimo Concerto di Capodanno a Vienna nel 2004 lo chiamai al telefono per avere una delucidazione circa la Csarda di Strauss dall’operetta Fledermaus (Pipistrello) e lo colsi nel momento in cui era appena morta la moglie Stanka, cosa di cui non sapevo. Nonostante il suo dolore, lui volle ugualmente darmi il suo pensiero e prima del concerto mi arrivò un suo messaggio al Musikverein in cui mi diceva che lo avrebbe seguito in tv. Immediatamente dopo mi scrisse dicendo che il concerto era stato magnifico e la Csarda perfetta. Quindi il mio rapporto di fraterna amicizia con Kleiber trova in questo concerto un omaggio alla memoria di un grandissimo artista.

Dopo avere diretto il Festival di Salisburgo, Alexander Pereira, che Lei conosce bene, sarà ora il nuovo sovrintendente alla Scala. Quale potrà essere il suo apporto al teatro scaligero?

Gli faccio i miei auguri, sperando che la Scala ritrovi la sua identità di teatro italiano.

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