Da “prato celeste” a tempio del degrado

Da prato celeste a campo incolto, dimenticato. A un anno abbondante dalla morte di Vittorio Spolverini, il veggente che sosteneva di vedere la Madonna, fa una certa sensazione percorrere lo stradone della Mainizza e vedere quell’area chiusa, abbandonata, con le erbacce che la fanno ormai da padrone indiscusse.
Il cancello, dipinto di coloro celeste, è chiuso da una grossa catena ormai tutta arrugginita. Qualche mano pietosa ha appeso al portone un’immagine di Spolverini con una frase dedicata ai tanti che frequentavano il prato celeste: «Non piangete la mia assenza, sentitemi vicino e parlatemi ancora. Io vi amerò dal cielo come vi ho amato sulla terra». Ci sono alcuni mazzi di fiori (finti) attorno a quella fotografia. Per il resto, il panorama regala un’inifita tristezza. La ruggine sta cominciando ad impadronirsi del portone e della cassetta della posta. All’interno, tutti i vialetti ben curati che portavano a quell’edificio che Spolverini aveva trasportato nella sua “chiesa” sono invasi dalle erbacce. Tutto chiuso, tutto abbandonato. E non c’è più traccia delle corriere (provenienti soprattutto dal Veneto) che, alla domenica pomeriggio, venivano parcheggiate lungo la Mainizza dopo aver fatto scendere i “fedeli”. No, il prato celeste non c’è più: è morto con Vittorio Spolverini.
La vita del fotografo, questo faceva di mestiere, era improvvisamente cambiata nel settembre 1988. Una delusione d’amore con una giovane aiutante di studio che lo aveva lasciato dopo una visita a Medjugorie (Dani era sposato con tre figli ma di fatto separato), lo aveva portato un giorno a passeggiare su un prato, dalle parti di Farra d’Isonzo, a due passi dall’Isonzo. E mentre meditava sui suoi problemi di cuore, disse di essere stato folgorato da una visione celeste, quella della Madonna.
La notizia fece il giro della città. Un mese più tardi si radunarono oltre 5mila persone su quel prato dinanzi al veggente che, puntualmente alle 14.30, si inginocchiava e puntava gli occhi sbarrati al cielo verso la presunta apparizione mariana. Spolverini chiuse il suo negozio di fotografo in via Trieste e iniziò la vita da veggente. Acquistò un campo d’altra parte della Mainizza e costruì la sua “chiesa” tra qualche contenzioso legale che riuscì sempre con la sua abilità e inventiva a risolvere. Divenne pure agricoltore pur di ottenere la licenza di costruire un capanno per raccogliere attrezzi e prodotti della terra. In realtà lo adibì a chiesa con tanto di altare e banchi disposti su due file. La Madonna gli apparve prima solo la domenica poi diradò ancora le sue apparizioni limitandole alla prima domenica di ogni mese e nelle grandi feste mariane. La sua esperienza fece breccia non tanto fra i “locali” ma fra la gente venuta da fuori: c’erano sempre di più corriere dal Veneto ed anche dalla Lombardia. E ciò è continuato sino ad un anno fa, quando Spolverini è passato a miglior vita.
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