Da Maria fino a Maria, e poi Aldo con Loredana: nomi e vite di chi è stato portato via dal Covid

TRIESTE. Maria, che amava il mare di Barcola e aveva lavorato come massaggiatrice ed estetista. Aldo, comandante di lungo corso, e la compagna Loredana, fisioterapista. E ancora Maria, esule da Albona trapiantata giovanissima a Trieste. Altre vittime del coronavirus in Fvg: qui vogliamo ricordarle.
La 90enne Maria
Il mare di Barcola, Maria Lombardi Leggio, trapanese trapiantata a Trieste assieme al marito negli anni Cinquanta, se lo ricordava, eccome. Lungo la riviera la figlia Giovanna la guardava da lontano, con la cagnolina, mentre scendeva la rampa per bagnarsi “i piedini”. «Mamma, ti riporterò lì», le ha detto in quell’ultima telefonata, prima che i suoi occhi si chiudessero per sempre all’Itis. Respirava a fatica, perché il coronavirus l’aveva colpita all’improvviso, l’8 aprile, in quel marasma di persone contagiate dal Covid-19. «Tutti nello stesso reparto, gli ospiti non li hanno divisi fin dall’inizio e mia madre, che aveva un cuore grande, continuava ad accarezzarli e baciarli tutti, come faceva sempre». È il racconto di Giovanna Leggio, la figlia di Maria Lombardi Leggio, morta a 90 anni «per Covid sospetto, ma il medico mi ha detto che i sintomi ce li aveva tutti». Era affetta da «deterioramento cognitivo con alterazioni psicotiche», per questo era stata ricoverata da febbraio 2019 nel centro di via Pascoli.
«Era una donna molto allegra e positiva, mi dava sempre coraggio», sottolinea la figlia, che non ha potuto trattenere le lacrime quando la fisioterapista Laura le ha finalmente passato, per l’ultima volta, al telefono, la madre, dopo quattro settimane in cui non aveva potuto sentirla né vederla. «Tu sei forte, sei una leonessa, torneremo a Barcola a bagnare i piedini in acqua», le aveva promesso. Maria Lombardi Leggio aveva lavorato come massaggiatrice ed estetista e faceva ancora i massaggi alle operatrici sociosanitarie: «Possedeva una vitalità inesauribile, nonostante un tumore che l’aveva colpita dieci anni fa». «La cattiva gestione del Covid l’ha stroncata. Certo – osserva ancora la figlia Giovanna – forse sarebbe morta di qualcosa d’altro, se avessero isolato i positivi, invece di lasciarli insieme a tutti gli ospiti».
L’ultimo saluto è stato nei giorni scorsi, ma non come Giovanna avrebbe voluto: «La salma è stata avvolta in teli disinfettanti, senza poterle mettere quello che volevo. Cioè un rosario di sua madre e un vestito da sera, che abbiamo invece posato sopra la bara. Mio figlio ha lasciato le partecipazioni del matrimonio, perché si sposerà ad agosto. I sacerdoti non potranno accompagnare la salma alla sepoltura, questa è l’ultima decisione del vescovo: tutto ciò è una follia pura, folle più del coronavirus».
Eppure, prima di questa epidemia, Maria usciva spesso con la figlia, che la portava a pranzo fuori, a Barcola al mare e a Natale a vedere gli addobbi da Eataly. Per i 90 anni era stata organizzata una grande festa al ristorante “Pier the roof”: «Lei era vestita come una principessa», rammenta Giovanna. Il ricordo di Maria Lombardi Leggio rimarrà vivo non solo in chi l’ha conosciuta, ma anche in chi guarderà il video che il nipote e la futura nuora le hanno dedicato, con la canzone “E tu” di Baglioni in sottofondo. Un ultimo atto d’amore.
Aldo e Loredana
Aldo Danek è stato un comandante di lungo corso, fino alla pensione. L’ultima compagnia per cui aveva lavorato era stata la Bulk Italia di Genova, ma aveva solcato il mare anche al comando di grandi petroliere. Un uomo “vecchio stampo”, che incarnava la «figura asburgica dell’essere perfetti, corretti e rigorosi», ricorda l’amico Piero Delbello, direttore dell’Irci a Trieste. Danek se n’è andato a 82 anni a causa del Covid-19. Si trovava all’ospedale Maggiore, nel reparto di Geriatria, per altri motivi e lì ha contratto il virus.
«Era stato ricoverato per accertamenti alla Salus – spiega la figlia, Maria Luisa Danek –, dove avevano identificato la causa dei suoi problemi, avevamo tirato un sospiro di sollievo. Poi è stato trasferito al Maggiore per ricevere cure specifiche, la situazione però a un certo punto si è aggravata, gli è venuta la polmonite e in pochi giorni è morto. Il destino ha voluto che, una volta appurato che mio padre aveva contratto il virus, anche mio marito e io, essendogli stati vicino in ospedale, siamo stati messi in quarantena e per questo non abbiamo potuto partecipare al suo funerale. È morto in solitudine, non ho potuto nemmeno dirgli addio».
La pandemia si è portata via anche la compagna di Danek che, assistendolo, è stata a sua volta contagiata. Si chiamava Loredana Colugnati, classe 1937, ed era una fisioterapista specializzata molto conosciuta, in particolare nel monfalconese, area di cui era originaria. Nella sua vita aveva aiutato molti bambini disabili nella rieducazione motoria così come, per oltre 30 anni, aveva tenuto corsi di ginnastica riabilitante dedicati alle donne dell’Andos (Associazione nazionale donne operate al seno), ma non solo. La coppia viveva a Trieste. Danek era nato a Genova ma apparteneva a una famiglia di origini austriache, vissuta quasi sempre nel capoluogo giuliano. «Da bambino aveva abitato per un periodo a Vienna con la madre», precisa la figlia.
Il mare era stato la sua vita tanto che abitava in una casa affacciata sul golfo, ai piedi del faro della Vittoria. «Un galantuomo, un uomo d’altri tempi – sottolinea ancora Delbello –, incarnava la sobria e squisita eleganza di questa costa giuliana che al mare e alla navigazione ha dato tanto. In pensione si era dedicato anche alla pittura e alla costruzione di modellini di navi». «Quando tornerò a casa sua – conclude la figlia –, troverò l’ultima nave costruita a metà».
Il coraggio di Maria
Era stata bene in salute fino a dicembre, al punto da guidare la propria automobile con sicurezza, nonostante gli 82 anni compiuti. Poi il veloce decadimento, con il coronavirus che le ha dato il colpo di grazia in questi giorni, proprio alla vigilia del compleanno degli 83. Era una donna coraggiosa Maria Viscovich in Pesaro, classe 1937, nativa di Albona in Istria.
Seguendo il destino di migliaia di istriani, la giovanissima Maria era arrivata a Trieste nel dopoguerra, trovando ben presto lavoro nella fabbrica di scarpe che, all’epoca, era situata nei pressi della Stazione ferroviaria di piazza della Libertà. Dimostrando sempre forza ed entusiasmo, Maria si era guadagnata la fiducia e la stima dei suoi colleghi e dei datori di lavoro. Poi l’incontro con quello che sarebbe diventato suo marito, Antonio, un falegname di provata bravura. Dal matrimonio erano nati due figli, la primogenita Ornella e poi Marco. Per seguirli fin da piccoli e poi negli anni della scuola, Maria aveva deciso di abbandonare il posto di lavoro, una prassi per molte donne di quegli anni, dedicandosi anima e corpo alla famiglia e alla casa.
Ma il coraggio, caratteristica di tutta la sua vita, la accompagnò anche in quel frangente e, per arrotondare, aveva deciso di fare servizi nelle case. «È sempre stata una donna molto attiva – dice la figlia Ornella – che ci ha educato alla generosità, all’impegno per gli altri, all’attenzione per la comunità nella quale si vive. Non è un caso – precisa – che sia io sia mio fratello siamo professionalmente impegnati nel sociale. Purtroppo, nell’ultimo frangente di vita, il destino con lei è stato crudele. Se n’è andata in pochi giorni – prosegue la primogenita – e pensare che, fino a pochi mesi fa, stava bene. Poi si sono accavallate varie problematiche – conclude Ornella – che ne hanno minato la forte tempra, rendendola vulnerabile a questo terribile virus che l’ha stroncata. Mi dispiace che non sia arrivata a tagliare il traguardo degli 83 anni».
Attorno alla famiglia di Maria Viscovich in Pesaro si è stretta l’intera comunità di Borgo San Mauro, il piccolo centro nelle vicinanze di Sistiana, abitato per lo più da profughi istriani o dai loro figli, dove viveva. In molti l’hanno ricordata in questi giorni. «Le abbiamo mandato un pensiero e una preghiera – ha spiegato una vicina che le era molto affezionata – perché purtroppo, fra le conseguenze di questo terribile virus, c’è anche il divieto di partecipare ai funerali, perciò non si può fare altro che ricordare le persone scomparse a debita distanza».
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