Da lunedì alt all’attività chirurgica all’ospedale di Gorizia e al San Polo

Conferme da Asugi. Interessati anche i pazienti triestini. Bressan (Uil): «Pronto soccorso al limite»
L’entrata del Pronto soccorso del San Giovanni di Dio a Gorizia Foto Pierluigi Bumbaca
L’entrata del Pronto soccorso del San Giovanni di Dio a Gorizia Foto Pierluigi Bumbaca

GORIZIA «Da domani (lunedì 9 novembre) verrà sospesa a Gorizia tutta l’attività chirurgica programmata, ad esclusione di quella oncologica. Continueranno, ovviamente, ad essere garantiti gli interventi chirurgici emergenti ed urgenti».

L’annuncio porta la firma del segretario regionale Uil-Fpl Luciano Bressan. E viene confermato dal direttore generale di Asugi Antonio Poggiana. Perché questa decisione criticata con fermezza dalle forze sociali? «Perché dobbiamo recuperare risorse di area critica per mettere in sicurezza l’area Covid di Cattinara, al 12° e 13° piano. Si tratta di riduzioni che si stanno verificando in tutti gli ospedali d’Italia, vista la situazione d’emergenza». Ovviamente, interessati anche i pazienti triestini che avrebbero dovuto servirsi delle sale chirurgiche degli ospedali isontini.

Ma i sindacati sono (anche) fortemente preoccupati per quanto sta accadendo nei Pronto soccorso di Gorizia e Monfalcone. «I locali delle astanterie - denuncia Bressan - ospitano contemporaneamente pazienti positivi accertati, sospetti e Covid free con inevitabili promiscuità e con oggettiva impossibilità nel garantire ai pazienti percorsi e ambienti separati. Il personale sanitario non è in numero sufficiente per operare con sicurezza nel rispetto delle norme anti-contagio e già diversi operatori sono risultati positivi al Sars-cov-2. Ormai la quasi totalità delle stanze a disposizione dei Pronto soccorso sono dedicate all’osservazione dei pazienti Covid, dovendo trattenere all’interno dei Ps anche pazienti che non hanno il virus».

Un attacco che viene respinto da Poggiana. «È chiaro che i Pronto soccorso di tutti i nosocomi possono ritrovarsi ad avere a che fare con pazienti Covid. Ma i percorsi sono separati e in totale sicurezza - controbatte il dg di Asugi -. Se, poi, il paziente positivo necessita di essere ricoverato, viene trattenuto in un’area isolata in attesa di essere trasferito al Maggiore o a Cattinara. Quella odierna è una situazione critica e complicata. È vero: manca personale ma stiamo cercando di attivare tutte le procedure di reclutamento degli operatori. Se i sindacati sono più bravi di me, mi sposto e li lascio fare. Purtroppo - conclude Poggiana - io la bacchetta magica non ce l’ho, ma credo neppure loro». Il dg scandisce un altro concetto: «Gli ospedali di Gorizia e Monfalcone sono e restano Covid free. Al momento».

Ma Bressan va giù duro. E propone una possibile soluzione. «Alla luce degli eventi il suggerimento concreto e facilmente percorribile della Uil-Fpl è quello di convertire la struttura dell’ex ospedale di Cormòns (attualmente Rsa) in una medicina Covid a bassa e media complessità assistenziale. Tale scelta (adottata in serata da Asugi, ndr) consentirebbe di avere già fruibili i locali e tutte le stanze di degenza con gli impianti a norma per assistere l’utenza».

Tornando al nodo-personale, «l’analisi svolta sul Dipartimento di prevenzione rileva delle gravi criticità inerenti alla tracciabilità dei Covid positivi presenti sul territorio e contestualmente le gravi carenze di organico: mancano almeno 15 assistenti sanitari, 10 Oss e 3 medici, carenza che grava ulteriormente sull’attività ordinaria impegnando il personale in turni massacranti di 12 ore - contrattacca il segretario regionale Bressan -. Non ultimo per importanza la criticità che riguarda l’organico degli assistenti sanitari, che nonostante l’espletamento dell’ultimo concorso in merito al quale stiamo attendendo le prime assunzioni, abbiamo ripetutamente sollecitato di attivare con urgenza i percorsi formativi universitari in quanto questa figura si sta estinguendo in Friuli Venezia Giulia. Il personale arranca da mesi ma cinque infermieri esperti dall’area isontina sono stati inviati nei reparti di terapia intensiva di Trieste, carente di tali figure a seguito della non integrale applicazione della disposizione regionale che prevedeva la formazione di almeno 30 infermieri che sarebbero rimasti a disposizione qualora vi fosse stato il riacutizzarsi della pandemia: cosa che sta accadendo». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo