Da giocatore della Sgt a barbone in stazione: il declino di Schergat

«Avevo un buon posto al Lloyd Adriatico, ma l’alcol mi ha rovinato. E la mia compagna mi ha buttato fuori»
Lasorte Trieste 27/01/12 - Silos, Stazione Bus, Barboni
Lasorte Trieste 27/01/12 - Silos, Stazione Bus, Barboni

di Laura Tonero

C’è anche una vecchia gloria del basket tra i senzatetto che alloggiano all’interno dell’autostazione delle corriere. E’ Romano Schergat, campione della Ginnastica Triestina negli anni Sessanta e Settanta nonché figlio di Spartaco Schergat, medaglia d’oro al valore militare.

Oggi Romano ha 63 anni, da tre vive in strada, senza fissa dimora. Ai più passa inosservato, ma talvolta qualcuno lo riconosce e con lui rivive quegli anni gloriosi con i sostenitori che lo incitavano sul parquet, con i suoi successi in serie A e B del campionato nazionale di pallacanestro e con i suoi indimenticabili passaggi e canestri.

Quei tempi però ormai sono lontani, anche se Romano quando ne parla riesce ancora a sorridere e ad emozionarsi. Racconta la sua storia al bar dell’autostazione sorseggiando un caffè corretto e stropicciandosi le mani grandi, robuste ma rovinate dal freddo, dalle condizioni di estrema precarietà nelle quali vive ormai da troppo tempo. E’ una persona calma, riflessiva che tutti gli altri barboni, che trovano riparo nell’atrio della stazione, rispettano.

Ma come è accaduto che una vecchia stella dello sport sia caduto così in basso? Come è possibile che sia finito così il figlio di quello Spartaco Schergat che nel ‘41 contribuì a far affondare la Queen Elizabeth, diventando uno dei protagonisti di un episodio di coraggio e valore tra i più noti della seconda guerra mondiale?

«E’ stato l’alcol a rovinarmi – racconta – è stata la causa della perdita del lavoro e del fatto che la donna con la quale convivevo tre anni fa mi ha buttato fuori di casa».

La carriera sportiva di Schergat ha inizio fin dalla sua adolescenza. «Ho cominciato a giocare basket quando avevo 14 anni – ricorda – quando facevo i primi allenamenti al ricreatorio Nordio. E’ lì che quelli della Ginnastica Triestina mi notarono». Romano ha continuato a giocare per la gloriosa squadra allora ai vertici del massimo campionato nazionale fino ai 32 anni con compagni di squadra come Poli e Fortunati. «Ricordo ancora con emozione la mia partecipazione nel ’66 ai campionati europei juniores a Porto San Giorgio – rammenta – tra i compagni di squadra c’era Dino Meneghin. Arrivammo terzi».

Nel 1967 Shergat viene contattato dalla Orange, la squadra di Cantù allora campione d’Italia. «Sono andato ad allenarmi con loro – racconta la vecchia gloria del basket – ma la Ginnastica Triestina non volle cedermi e così ritornai a Trieste». Per risarcirlo di quella rinuncia a Schergat viene trovato un posto come archivista al Lloyd Adriatico. «Mi ricompensarono così – conferma – e rimasi a lavorare lì per 23 anni. Poi sono subentrati i miei problemi con l’alcol. La mia incompatibilità con quel posto di lavoro mi spinsero a trovare un accordo con la società per andarmene».

La liquidazione gli permise di vivere tranquillamente per un breve periodo. E’ in quei mesi che Schergat fa anche un viaggio in Brasile: un paradiso di musica, spiagge e colori che Romano ricorda ancor oggi con grande nostalgia. «Ritornato a Trieste, grazie a mio padre, - racconta – iniziai a lavorare per la Cividin Costruzioni. Più avanti ho fatto il garagista e il manovale. L’ultima esperienza lavorativa è stata quella per la Cooperativa San Giacomo: con loro fino al 2003 ho spazzato le strade».

Senza lavoro, senza soldi e alcolista: tutti problemi che hanno rovinato anche i rapporti con la sua compagna. «Qualche volta mi permette di farmi una doccia – racconta l’uomo con malinconia – talvolta viene qui in stazione delle corriere e mi porta qualche cosa di caldo da mangiare».

Schegat da un paio di mesi la notte viene ospitato dal dormitorio di via Udine gestito dalla Comunità di San Martino al Campo. “A Don Vatta e Suor Gaetana devo molto – ammette – lì la sera mangio anche un piatto caldo. La mattina alle 8 gli ospiti devono lasciare la struttura e io vengo qui in stazione delle corriere dove, specialmente in queste giornate di freddo, trovo riparo e qualche amico che vive senza un tetto come me con il quale divido un pezzo di pane”. Schergat non percepisce nemmeno la pensione, gli mancano due anni di contributi.

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