Da demolire la casa incendiata a Gorizia
Mezzo tetto non c’è più e l’altro mezzo è gravemente danneggiato. Dallo scheletro della copertura emergono i comignoli e l’antenna della televisione. Il muro grigio su cui poggiavano le capriate e il colmo si vede dalla strada. Da via Faiti la ferita lasciata dalle fiamme che mercoledì pomeriggio si sono mangiate parte dell’edificio al civico 35 appare in tutta la sua evidente gravità. Una volta domato il rogo scoppiato attorno alle 14, i vigili del fuoco non hanno potuto fare altro che dichiarare l’inagibilità dello stabile e delimitare l’area di pericolo con il fettucciato biancorosso. Le operazioni di smassamento dei materiali e la messa in sicurezza dell’area sono andate avanti fino alle 23.30, ma i sopralluoghi di verifica non si sono fermate neppure durante la notte. Ieri mattina le squadre del comando provinciale di via Paolo Diacono sono poi ritornate in via Faiti per assicurarsi che non ci fossero focolai ancora attivi. Le due famiglie che vivevano nella palazzina hanno cercato di recuperare quello che potevano facendosi forza a vicenda. Ciò che non è andato distrutto dalle fiamme, è stato danneggiato dall’acqua. Fuori dai garage, rimane un ammasso informe di oggetti anneriti. La causa più accreditata rimane quella del surriscaldamento della canna fumaria, ma in attesa delle verifiche ufficiali, i vigili del fuoco non escludono nulla. Una delle due famiglie che vivevano nella palazzina era quella dell’architetto Svetlana Putic Sarec, progettista oltre che inquilina dell’edificio. Lei stessa avrebbe raccontato agli investigatori che poco prima dell’incendio aveva acceso il camino. La versione è compatibile con le testimonianze raccolte per strada da alcune delle persone che hanno assistito ai primi attimi dell’incendio. Secondo i vicini prima il fumo ha cominciato a uscire da un comignolo sul retro dell’edificio, di lì a pochi istanti le fiamme hanno cominciato ad alzarsi dalla trave del colmo per poi diffondersi rapidamente a tutto il tetto. Comprensibilmente la voglia di parlare per rivivere quei momenti drammatici è poca. Le considerazioni della progettista sono amare, ma in qualche modo guardano già al futuro. «Tante volte mi è capitato di dover ricominciare. Lo rifarò ancora una volta. È il mio carma, si vede», dice tenendo in mano un paio di scarpe di tela rovinate dall’incendio. La palazzina era stata completata soltanto tre anni fa. In via Faiti l’architetto aveva voluto disegnare una sorta di mini-villaggio a tre edifici all’olandese. E quello stile era piaciuto a diverse famiglie. Ora la sua e quella di un dipendente comunale dovranno trovare un’altra sistemazione e ricominciare da zero. Forte la solidarietà nei loro confronti espressa dell’intera comunità, rimasta a sua volta scossa per quanto accaduto. Mercoledì pomeriggio l’alta colonna di fumo aveva richiamato nelle vicinanze di via Faiti una moltitudine di persone sinceramente dispiaciute per quanto stava accadendo. Tra le tante, c’è stato chi si è immedesimato a tal punto che non ha potuto trattenere le lacrime di dolore per quanto stava accadendo sotto i propri occhi. “È una delle cose peggiori che ti possono capitare”, è stata una delle frasi più ripetute.
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