Da Belgrado a Tirana la grande corsa ad accaparrarsi i turisti della salute

TIRANA Gli ultimi dati – assai significativi – arrivano dall’Albania. Descrivono un fenomeno che in molti Paesi della regione balcanica resta per ora di nicchia ma è sempre più in aumento, una potenziale miniera d’oro adocchiata con crescente appetito da imprenditori e governi. Si tratta del turismo sanitario, di tanti stranieri dal portafoglio più o meno gonfio che cercano all’estero cure a prezzi più contenuti che in patria: un business da 100 miliardi di dollari all'anno a livello globale.
I Balcani stanno così cercando di ghermire la propria fetta di torta. Punta a farlo sicuramente l’Albania, dove il locale istituto di statistica, l’Instat, ha rivelato che nei primi sei mesi dell’anno è “esploso” il numero di stranieri atterrati a Tirana dopo aver prenotato una visita in una locale clinica o da un medico privato. I numeri assoluti sono ancora limitati – si parla di 444 persone – ma l’aumento percentuale rispetto allo stesso periodo del 2018 è importante: +270%, 27 volte maggiore rispetto alla crescita degli arrivi turistici totali. Chi sono gli stranieri che vanno a curarsi in Albania? «La domanda maggiore arriva dall’Italia», ha spiegato ai media locali Erjona Shahin, di Health Tourism Albania, un’impresa che «facilita» l’arrivo e la permanenza di pazienti stranieri nel Paese delle Aquile e che offre - come si legge sul suo sito ufficiale - trattamenti medici che vanno dalle cure dentistiche a quelle della fertilità, passando per oftalmologia, ortopedia e chirurgia plastica. Ma ci sono anche sempre più inglesi, spinti verso mete straniere «dai tagli al personale medico» in patria, dalle «lunghe liste d’attesa e incertezza sul Brexit, alla ricerca di opzioni low cost», ha rivelato Shahin.
L’Albania non è sola: si limita a ricalcare le orme di Paesi vicini. Paesi come la Serbia, dove abbondano sul web gli annunci di «impianti dentali a 400 euro», la metà di quanto si chiede in Croazia, o le offerte di «chirurgia gastrica, estetica, urologia». In Serbia nei giorni scorsi la locale Associazione delle agenzie turistiche (Juta) ha parlato di 40-60 mila turisti della salute in arrivo ogni anno su Belgrado e Novi Sad, con una crescita ogni dodici mesi del 15% circa, in gran parte attirati da odontoiatri a buon mercato. Qui a farla da padrone sono stranieri provenienti da Paesi della ex Jugoslavia, ma anche scandinavi e persone giunte dall’Europa centrale. La Serbia, per rispondere alla sfida, pensa in grande, con comparsate nelle maggiori fiere e persino con la creazione di un team Air Serbia e Ente turistico per portare più turisti della salute in Serbia. Non saremo soddisfatti neppure quando si supereranno «i centomila arrivi», ha assicurato solo qualche settimana fa il ministro serbo della Salute, Zlatibor Loncar.
Numeri leggermente inferiori sono quelli che si registrano anche in Bulgaria, mentre in Ungheria e Romania cresce il business, per molti versi controverso, «delle cure del cancro in cliniche private» che stanno sorgendo come funghi in tutto il Paese, ha rivelato nei mesi scorsi il portale investigativo magiaro Atlaszo.
Ma il business conquista anche gli Stati ancora meno interessati dal fenomeno, come il Montenegro, dove da mesi si parla di una strategia nazionale per sviluppare il settore. O la Bosnia, dove si pubblicizzano trattamenti dentistici-turistici “all inclusive”. Fra i Paesi emergenti poi ci sono anche la Cechia - forte sulla fecondazione assistita - e la Lettonia, mentre mantiene le posizioni la Croazia, «con 50 mila pazienti all’anno» solo nella «più grande clinica dentistica» del Paese, la Rident, segnalano documenti dell’amministrazione Usa.
Ma l’obiettivo di tutti è toccare i picchi dell’Ungheria, dove nel 2017 – in questo caso i dati però includono anche i trattamenti wellness alle terme – si sono superati i 2,5 milioni di arrivi all’anno. Sedotti da “spa” e buon cibo. Ma anche da dentisti dai prezzi abbordabili. —
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