Da Barcola beach al "tubone" fino al park sotto le Rive: i tanti sogni irrealizzati nel cassetto di Trieste

TRIESTE Fanno tenerezza quelle illustrazioni del primo Novecento, in cui le città del Duemila sono ritratte come paesaggi futuristici in cui la gente va a spasso su aggeggi volanti. Fa un effetto simile, nel nostro presente, pensare a come sarebbe Trieste se in questi decenni si fossero realizzate le opere ipotizzate, proposte, proclamate o promesse dalla classe politica e dagli amministratori cittadini. Si potrebbe scrivere un libro con tutti i sogni irrealizzati, che nel tempo, i triestini si sono visti passare davanti agli occhi come schegge più o meno impazzite. Brillano per anni, a volte decenni, per poi cadere inesorabilmente nel dimenticatoio. Salvo riemergere di tanto in tanto, evocati come esempi di folklore amministrativo. L'elenco di opere faraoniche e sparate improbabili, partorite dalla fantasia dei politici e degli ”opinion leader” di turno, è lungo: si va dal ”tubone” alla trasformazione di Barcola nella Copacabana d’Europa, fino alla teleferica di Monte Grisa che proprio in questi giorni è tornata alla ribalta nella veste di ovovia che, secondo l'annuncio del sindaco Roberto Dipiazza, dovrebbe collegare il Molo IV a Opicina.
Qualcosa di simile era stato ideato già negli anni ’30, anche se la meta finale era, per l'appunto, Monte Grisa. A ogni tornata elettorale il rilancio della proposta, sempre con protagonista il collegamento al tempio mariano, e lo scorso anno il consigliere comunale Roberto De Gioia aveva presentato pure una mozione in proposito in Consiglio. Ora il progetto dell’ovovia rientrerà nel piano urbano della mobilità sostenibile e nella riqualificazione del Porto vecchio. Questi i dettagli: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all’altezza della Centrale idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo dove c’è il parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano.
Tempo di percorrenza del tragitto 13 minuti, capacità di 2 mila persone all’ora e altezza finestre dei magazzini, non oltre. Finisce definitivamente in archivio, invece, il trenino del centrosinistra per Porto vecchio e il centrodestra rilancia con un collegamento sospeso che, è stato garantito, non influenzerà skyline e vista dalle case. Costo dell’operazione 30 milioni, zero per il Comune a patto di vincere la gara del governo per la mobilità sostenibile, e l’impianto darà addirittura 30 posti di lavoro oltre a mantenersi con l’incasso dei biglietti. La reazione dei telespettatori è stata per la verità abbastanza fredda e non è mancato il tipico morbin triestino nei messaggi passati in sovrimpressione: «Ma posso andare con gli sci a Opicina?», «E prolungarla fin Pramollo?». Eppure il Comune sembra crederci sul serio, come dimostra la rapidità con cui sta portando avanti l’operazione, annunciata un po’ a sorpresa in piena emergenza sanitario-economica da Covid-19.
Non si tratta, come si diceva, di una novità: l'idea affonda le sue radici parecchio indietro nel tempo. L'idea di una teleferica tra il santuario di Monte Grisa e la riviera barcolana fu lanciata da Marino Zorzini nel ’37, ripresa negli anni ’50 niente meno che da Max Fabiani e rispolverata nel ’99 da Manuel de Solà Morales che la vedeva bene per collegare il Porto Vecchio con la Lanterna e l’obelisco di Opicina.
A braccetto con l’opzione teleferica andava fino a qualche anno fa un’ulteriore ”chicca” targata questa volta Primo Rovis: la creazione di un terrapieno davanti al Faro per dotare Barcola di spiagge dorate, palme e piscine e trasformarla così nella Copacabana d’Europa. Un obiettivo ambizioso che, secondo il vulcanico commendatore, si sarebbe potuto ottenere facilmente attraverso un sistema di tubazioni e pompe aspiranti in grado di portare a Trieste la sabbia di Grado.

La riviera di Barcola come Copacabana (o “Copacavana” come qualcuno l’ha subito ribattezzata) è poi tornata in auge quattro anni fa grazie a una cartolina elettorale con i “saluti dalla spiaggia di Trieste” del senatore Francesco Russo.

Se ne parla ormai dal 2004 e per i triestini è quasi uno di famiglia. Il Parco del Mare ideato dal presidente della Cciaa Antonio Paoletti, e da lui sempre invocato, in questi anni ha incontrato il mutevole sostegno delle giunte marcate Dipiazza e un certo scetticismo in era Cosolini. Ora è fermo nel mezzo di una pratica romana che dovrebbe farcene conoscere la fattibilità nella sua ultima destinazione, l’area della Sacchetta.
Ma prima di approdare alla lanterna, l’idea di un grande acquario triestino che faccia da contraltare ai cugini-rivali genovesi ha girato qua e là lungo le rive e oltre. Inizialmente s’era pensato al terrapieno di Barcola: inquinato. Poi Campo Marzio, Magazzino vini, area ex Bianchi.

Ad un certo punto Dipiazza propose di mettere una grande vasca nel mezzo dell’ex Pescheria. Ora ha raggiunto il luogo dell’ultimo riposo all’ombra della Lanterna: spetta a Roma dire se si potrà anche costruire, e alle realtà economiche triestine se ci sono i soldi per farlo.
Il centro di Trieste ha assistito a una lunga rassegna di idee mai realizzate. A due passi dal Parco del Mare, per attenerci alla cronaca recente, la «tensostruttura» che il sindaco Dipiazza dichiarava di voler realizzare poco dopo il crollo dell’Acquamarina. Poi di recente ha sposato la tesi di farne una ex novo in orto vecchio. Ma proseguendo sulle Rive vediamo le linee di tram immaginate dalla giunta di Roberto Cosolini, che da Opicina avrebbero dovuto tornare a ramificarsi nel resto della città, come ai tempi della galina bicefala. S’è visto poi com’è andata in questi anni, col tram.
Il tubone
Un altro sogno irrealizzato del centro città è il “tubone sottomarino”, ovvero il tunnel che nelle ambizioni dell’esecutivo di Riccardo Illy avrebbe far passare il traffico auto dal Porto vecchio a Campo Marzio ricorrendo a un’avveniristica struttura subacquea. Da allora va detto che si è riusciti a ottenere i semafori sincronizzati sulle Rive. Alla giunta Illy si deve anche l’idea di un cimitero monumentale nella Cava Faccanoni, visibile la notte da tutta la città.
Il Park Audace
E sempre sulle Rive doveva sorgere il Park Audace, un parcheggio sotterraneo da 662 stalli nell’area tra palazzo Carciotti e Teatro Verdi. Il progetto, nato attorno al 2005, era stato rilanciato dal sindaco Cosolini, salvo poi cadere nel dimenticatoio.
L'opera fronte mare prevedeva quattro piani sotto terra e un costo anni fa stimato in 24 milioni di euro, in un’area estremamente delicata: da un lato il mare, dall’altro la fila dei più pregiati palazzi storici della città da preservare di fronte a ogni possibile rischio. Sul tavolo la Interparking aveva messo il progetto definitivo, depositato nel 2011, dopo che quello preliminare aveva già ottenuto nel 2009 il via libera dalla Regione.
Il super campus di via Rossetti
Tornando a tempi più recenti la città ancora attende i prossimi risvolti sul super campus di via Rossetti, che il primo cittadino in carica intende realizzare al posto dell’attuale caserma in disarmo, convogliando lì tutti gli istituti superiori cittadini. Una fortezza della conoscenza, al momento teorica.
Il gasometro
Un sogno nel cassetto che potremmo definire ricorrente è il centenario gasometro di via d’Alviano. Ai tempi della giunta Illy ci fu chi propose di farne una “sala rock”, poi per molto tempo si vagheggiò di realizzare un planetario all’interno della grande cupola (con molti scettici sulla sostenibilità dell’operazione), più di recente una palestra d’arrampicata. All’inizio del 2020 l’assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi era tornato alle origini annunciando delle serate disco per la primavera, «al fine di attrarre investitori come in Porto vecchio». I mesi seguenti, come in un buon racconto di fantascienza, hanno reso poco praticabile l’idea.
Più che un cassetto, l’antico scalo è un forziere di sogni riposti. Dovessimo attenerci soltanto agli annunci degli ultimi anni, secondo il sindaco Dipiazza lì dovremmo avere investitori russi, cinesi, arabi praticamente con i soldi in mano. Pare pure un serbo. Ma prima di tutto ciò abbiamo visto apparire e sfumare tante altre fate morgane: un quartier generale di Generali, reso impossibile da complicanze tecniche in seguito alle quali il gruppo spostò la sede per l’Italia a Mogliano Veneto.
Ma anche il progetto di Portocittà, che avrebbe dovuto portare a una riqualificazione di tutta l’area (in cambio di una serie di condomini in zona Barcola) e che almeno portò al recupero del Magazzino 26.
Un altro annuncio recente è quello del Mercato ittico, che secondo il primo cittadino a inizio terzo mandato avrebbe trovato lì una sede ideale, e ora è stato dirottato altrove. Resta ancora un annuncio da parte del Comune la volontà di realizzare una città sportiva accettando la proposta del manager Leo Bassi nella parte finale dello scalo, a partire dalla già citata Piscina terapeutica la cui fattibilità è al vaglio in questi giorni.
Il premio per la trovata più sensazionale, e forse meno realistico, in tanti lo assegnerebbero al ponte sospeso in stile Brooklin da 891 metri di lunghezza proposto una ventina d’anni fa, in occasione del Giubileo del 2000, dall’allora deputato forzista Gualberto Niccolini. Un’opera mastodontica, da realizzare all’altezza della Ferriera, testata per resistere senza danni a terremoti pari a 6.6 gradi della scala Richter e venti fino a 220 km/h, e pensata per dimezzare i tempi di percorrenza verso Muggia e Capodistria, accogliendo 9 mila veicoli l’ora. Necessità poi superata dal completamente della Grande viabilità e della Lacotisce-Rabuiese.
Maxi gallerie
Tra i progetti rimasti nel cassetto anche le gallerie tra largo Mioni e via d’Alviano (il cui progetto di fattibilità era stato completato già nel ’98 e in quell’anno portato all’attenzione del governo per ottenere i finanziamenti), e tra Rotonda del Boschetto e via Revoltella. Trafori presentati come indispensabili panacee per liberare i rispettivi rioni dall’assedio delle auto. Talmente indispensabili, però. da rimanere lettera morta.
Metropolitana leggera.
E non ha visto la luce nemmeno l’ipotesi di una metropolitana leggera con cui collegare Trieste, Capodistria, Gorizia e Nova Gorica, arrivando magari fino fino all’aeroporto di Venezia e agli scali di Ronchi e Lubiana. I tempi di realizzazione? L'ipotesi era di poter chiudere i cantieri nel 2017. E invece siamo ancora qui.
Si potrebbe continuare a lungo, citando ad esempio il progetto romano di far attraversare tutto l’altipiano carsico da un tunnel Tav destinato a pigliare il canyon della val Rosandra come un tornante. La politica, si dirà, è fatta anche di proposte e annunci, e oltre a idee accantonate, ci sono progetti realizzati. Ce li godremo dall’alto dell’ovovia. Forse.
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