Cumuli di vestiti, scarpe e materassi: i sentieri del Carso ridotti a discarica

TRIESTE «Guarda qui, siamo sul sentiero che da San Dorligo porta a Crogole, ma pare di essere in piazza Ponterosso a Trieste negli anni Settanta». Cristian Bencich, fondatore di Sos Carso, scuote la testa. Nel pomeriggio di ieri, insieme ad una decina di volontari dell’associazione ambientalista, ha perlustrato da cima a fondo uno dei sentieri più silenziosi dell’altipiano carsico orientale. E si è trovato davanti agli occhi uno spettacolo definito «impressionante». Scarpe, maglioni, giubbotti in quantità industriali. Alcune volte accumulati tutti assieme, altre sparsi a macchia di leopardo. E poi tende e materassi. Materiali, secondo i volontari, appartenenti ad almeno 300-400 persone, tutti migranti entrati in Italia attraverso i sentieri del Carso.
La via boschiva, che si collega direttamente alla Slovenia, è un vero cimitero di vestiti abbandonati, prove tangibili del ritorno in auge dei viaggi della disperazione lungo la cosiddetta “rotta balcanica”: Bosnia, Croazia, Slovenia e poi la nostra provincia o, per essere ancora più precisi, il territorio di San Dorligo. Da lì, infatti, passa il 90% dei profughi in arrivo da oltreconfine. «La situazione è davvero grave - sbotta l’assessore comunale all’Ambiente Franco Crevatin -. Nelle ultime tre settimane abbiamo ricevuto decine di segnalazioni da parte di cittadini che ci chiamano o ci inviano le foto degli abbandoni nei boschi. Non sappiamo cosa fare. Abbiamo solo quattro operai destinati alle pulizie, ma questo è periodo di ferie... Sia chiaro, parliamo di esseri umani, non di cinghiali - continua Crevatin -, ma siamo in difficoltà».
La situazione di degrado nei boschi del Carso, insomma, pare fuori controllo. Difficile se non impossibile quantificare la spesa necessaria a ripulire tutti i sentieri. Anche perché il problema maggiore non è tanto scavare le risorse, bensì trovare le braccia disposte a far sparire tutte le montagne di rifiuti. Un contributo prezioso, per ora, l’hanno dato i volontari di Sos Carso, partiti nei giorni scorsi da altri punti chiave dell'altipiano est: la Grotta Bac e le aree verdi sotto il monte Cocusso (che ricadono sotto il Comune di Trieste) e la zona dietro la chiesa di Pese, a San Dorligo. «Lì avevano trovato di tutto, ma lungo questo sentiero che dal cimitero di San Dorligo conduce alla vedetta di Crogole stiamo affrontando la battaglia più dura. Abbiamo riempito oltre 30 sacchi neri di vestiti e schifezze varie. Mi chiedo dove siano le istituzioni e che cosa intendano fare - prosegue Bencich -. O forse pensano che saremo sempre noi pochi volontari a risolvere tutto questo macello?».
Operativa dal febbraio dello scorso anno Sos Carso ha fatto già decine e decine di interventi e sopralluoghi nelle aree boschive della provincia triestina: «Ma una cosa del genere non l'avevamo mai vista. Un mese e mezzo fa circa siamo passati proprio di qui e non c'era nulla. Nemmeno un vestito». Adesso c'è di tutto. Decine di zaini, alcuni vuoti, altri pieni, presumibilmente di vestiario. Ma anche rasoi, addirittura un rasoio elettrico. Se si prova ad accenderlo ha ancora le batterie funzionanti.
In questi giorni la pagina Facebook di Sos Carso è stata subissata di commenti sulla ripresa della rotta balcanica. E non sono certo mancati i commenti di carattere politico. «Ma noi non siamo un gruppo politico, bensì volontari nati per agire sul campo - tuona Bencich -. Chiediamo però alle istituzioni di iniziare a pensare a un piano straordinario per ripulire tutto questo schifo. Noi possiamo metterci tutta la buona volontà, ma non possiamo certo essere qui ogni giorno».
Quanto al Comune di San Dorligo, sta per partire il pressing sulla Regione. «Chiederemo formalmente alla giunta Fedriga di inviarci del personale aggiuntivo per ripulire le nostre aree boschive - spiega il sindaco Sandy Klun - . Da soli non possiamo farcela, non abbiamo i numeri. Ma la situazione di degrado è quasi al limite: siamo in piena emergenza». —
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