"Cultori indifferenti del tutto e del nulla, una malattia dell’anima e della mente"

La lettera di Giampolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste
Professore,

dalla sua Lettera Aperta sul
Piccolo
deduco, con piacere, che, tra i suoi molteplici impegni, ha trovato il tempo per dare espressione a un suo interesse per il Settimanale Cattolico Diocesano
Vita Nuova
. Questo mi facilita il compito di parteciparle una qualche mia riflessione.


1 – Presi la decisione di sopprimere la rubrica Lettere al Direttore non per mortificare il dialogo, ma per favorirlo, cercando di chiarirne i presupposti. Si trattava e si tratta di una salutare provocazione. Molti elementi mi avevano convinto che, senza cattiva volontà da parte di nessuno, il Settimanale Diocesano stesse scivolando lentamente dal suo essere uno spazio cattolico per diventare una specie di spazio
neutro
dove tutti potevano scrivere tutto e il contrario di tutto, fino al punto di auspicare una Chiesa di relazioni senza riti e senza dogmi. Ritengo che era mio dovere aprire una riflessione su questa questione perché ero e sono profondamente convinto che chi non ha chiara la sua identità non è in grado di coltivare alcuna forma di dialogo. Chi non ha volto non è nella condizione di riconoscere il volto dell’altro e di dialogare con lui. I miei timori, collegati anche a qualche altro ambito ecclesiale, erano e rimangono connessi a possibili scivolamenti verso quelle forme della cultura attuale che ci rende cultori indifferenti del tutto e, alla fine, del nulla. Tutto questo è una malattia dell’anima e della mente. Non è evidentemente il caso del Direttore e della Redazione di Vita Nuova a cui voglio esprimere qui la mia stima e la mia gratitudine per il generoso lavoro che hanno fatto e continuano a fare. L’aver poi montato un caso giornalistico su una normale dialettica mi sembra del tutto sproporzionato e fuorviante la verità dei fatti e della intenzioni, se non strumentalmente messo in atto da qualcuno malintenzionato. Nella mia vita ho imparato presto a diffidare di chi ha sempre in bocca le parole dialogo, tolleranza e pluralismo. Si tratta di persone, in genere, convinte di possedere la verità. Io mi metto sempre con coloro che, invece, cercano umilmente e cristianamente di rendersi disponibili a lasciarsi possedere dalla verità. Come vede, Professore, non la mortificazione del dialogo, ma la sua promozione mi ha mosso e mi muoverà anche per il futuro.


2 – Sono felice che auspichi per il Settimanale una stagione come piena espressione della vita diocesana. È quello che desidero anch’io, ma così non è, e non per colpa del Direttore o della Redazione. Delle 900 copie che vengono distribuite alle parrocchie solo una novantina vengono vendute. Sono cifre che si commentano da sole. Il Settimanale vende poco e costa alla poverissima Diocesi di Trieste una barca di soldi. Quando a questi problemi oggettivi si aggiunge la pretesa di qualche cultore del pluralismo più estremo che pesta i piedi per veder pubblicati i suoi scritti contrari alla fede, alla chiesa e al magistero con i soldi della Diocesi, io credo che non ci sia niente di male a domandarsi se non ci sia qui qualcosa che non funziona. Se poi tenti di sollevare il coperchio di qualche loro pentolino, eccoli pronti a mettere in scena un vittimismo che a me sembra senza dignità e responsabilità. Le uniche vittime se di vittime vogliamo parlare, professore, sono il bene immenso della fede cattolica e le casse della Diocesi. Per fortuna e grazie a Dio, che il popolo cristiano di Trieste è altro e ben libero da queste marginali e clericali problematiche.


Grazie Professore anche per le preziose indicazioni legislative e per avermi informato della possibilità dell’editore di licenziare il Direttore. Non lo farò e del Direttore ho fiducia. Mi consola sapere del suo interesse per Vita Nuova e, spero presto, di vederla coinvolta in un dialogo sui grandi temi della fede e sui tanti e preoccupanti problemi delle persone della nostra città, a cominciare dai giovani.


Con cordialità

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