Crollo di Monte Grisa, indagato il vescovo

Ravignani accusato di concorso in disastro colposo assieme a don Vazzoler
È indagato anche il vescovo di Trieste per il crollo del tetto di Monte Grisa avvenuto nel giugno 2007. Eugenio Ravignani, che proprio in questi giorni lascia il pastorale al successore Giampaolo Crepaldi, è sotto indagine per iniziativa del pm Raffaele Tito. L’avvio del procedimento è stato notificato in Curia quasi un mese fa, protetto dal silenzio generale. L’accusa per il vescovo è di concorso in disastro colposo.


L’incredibile collasso della copertura (il secondo nella storia del tempio voluto dal vescovo Antonio Santin dopo quello del 2004) aveva scaraventato a terra non meno di 50-60 tonnellate di pietra schivando per poco due comitive di pellegrini. La Procura aveva subito messo sotto indagine l’amministratore del sacrario, don Sergio Vazzoler, e posto sotto sequestro Monte Grisa. Il dissequestro, dopo la messa in sicurezza del sito, arrivò appena nel dicembre. «Non parlo di questa vicenda, non voglio dir niente, riferisca l’avvocato» sussurra Ravignani al telefono. Si sa è che profondamente amareggiato e che ha ricevuto con forte turbamento le carte giudiziarie che lo riguardano. La Curia si è affidata alla difesa dell’avvocato Antonia D’Amico dello studio Giovanni Gabrielli. Proprio in questi giorni, prima della scadenza dei termini, l’avvocato sta redigendo la memoria difensiva da presentare in Procura. Chiusa l’indagine, resta da vedere se il pm chiederà o meno il rinvio a giudizio. La clamorosa notizia è tenuta in grande riserbo da tutta la Curia. Lo stesso don Vazzoler, che continua a presidiare un santuario «ingabbiato» e ancora in attesa di restauri dopo una faticosissima ricerca di soldi, afferma di non avere più avuto alcuna notizia del procedimento in corso.


Monte Grisa è sempre stato, strutturalmente, un grande e irrisolto problema. Già prima dei crolli si erano verificate infiltrazioni d’acqua e la pioggia entrava dalle finestre. Nel 2004 il primo disastro: metà del rivestimento di un lato del tetto si era staccato scivolando lungo la parete inclinata del tempio e infine era precipitato nella chiesa inferiore sfasciando vetrate e altari. Già quella volta solo «per miracolo» due gruppi di fedeli, arrivati dal Veneto, non erano rimasti investiti dalla lastra di calcestruzzo e pietra d’Aurisina, 20 metri per 20. Un milione di euro la previsione di spesa per il restauro.


Il drammatico bis nel pomeriggio del 3 giugno 2007. Crollarono gli altri due lati del tetto. Don Vazzoler alzò la voce, e non solo per lo spavento: «Da un anno e mezzo chiediamo fondi per il restauro, non abbiamo ricevuto un solo centesimo». Tre milioni di euro il preventivo per i nuovi lavori. Lì per lì, nonostante l’impegno e il lavoro di regìa anche del prefetto Giovanni Balsamo, solo la Cei stanziò dei fondi, 500 mila euro. Dopo esplicite perplessità, i denari (non tutti) sono arrivati dalla Regione. La colletta fra i fedeli è durata invece solo il tempo dell’emozione.


Nel dicembre 2008 lo stesso Ravignani aveva scritto al direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, per sollecitare il finanziamento ministeriale di 520 mila euro. Poche settimane fa Di Paola ha invece pubblicamente denunciato: «Il ministero non ci dà più fondi, li ho chiesti già due volte per il tetto di Monte Grisa, alla fine ho ritenuto di avvertire il prefetto: con l’inverno, gli ho detto, il tempio potrebbe crollare di nuovo».

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