Crocifisso tolto dal prof gay: «Ma ha sbagliato bersaglio»
La scuola di fatto tace. Il prefetto conclude che «il professore ha sbagliato bersaglio». Staccare dal muro di un’aula scolastica il crocefisso come simbolo di una Chiesa cattolica non rispettosa dei gay, come ha fatto il professor Davide Zotti al Carducci-Dante, non scuote l’istituto scolastico quanto il mondo politico e il popolo di Facebook che ha trovato pane croccante.
Offeso dalle parole pronunciate dal cardinal Camillo Ruini, Zotti ha tirato giù dal chiodo il Cristo in croce: «Sono arrivato a una condizione di fatica psicologica e morale, non posso più accettare di svolgere il mio lavoro in un luogo, l’aula, segnato dal simbolo principale della Chiesa cattolica, che continua a calpestare la mia dignità di persona omosessuale». Pronto a ricevere sanzioni dagli organi scolastici.
Ieri la preside del Carducci-Dante era assente da Trieste, e dall’Italia. La sua vice, Giulia Zudini, è rimasta prudente: «Il professore ha il suo giorno libero, preferiamo prima parlargli, comunque abbiamo la politica dell’ascolto e difendiamo la sensibilità di tutti». L’Ufficio scolastico regionale un dirigente non lo ha più (Daniela Beltrame è in Veneto), e rimanda all’Ufficio scolastico provinciale, dove il dirigente c’è ma è fuori sede. Si inalbera invece un collega di Zotti, Giulio Micheli: «Tristezza e squallore, il Carducci-Dante non è solo questo. Provo indignazione, mi sento offeso in quanto cristiano. È stupefacente: chi è prontissimo a predicare uguaglianza e democrazia è il primo a imporre il proprio pensiero con atti di forza e soprusi. Questo collega non è democratico, ma è un dittatore».
È il prefetto Francesca Adelaide Garufi a dare inquadramento giuridico alla materia, suffragato da sentenze di Tar, Cassazione, Corte di giustizia europea, interpellati a contestazione dei regi decreti degli anni ’20 che ordinavano il crocefisso negli edifici pubblici. «Nel 1988 il Consiglio di Stato ha certificato le norme come ancora vigenti - spiega Garufi -, la Corte di cassazione ha confermato di fronte al ricorso di uno scrutatore con seggio in una scuola, nel 2002 l’orientamento è stato consolidato dall’Avvocatura dello Stato che ha aggiunto: il crocefisso non lede il principio della libertà di religione. Infine il Consiglio di Stato ha detto che il crocefisso va considerato simbolo di una cultura cristiana nella quale il nostro paese ha radici, ed è quindi da distinguere dal simbolo di una confessione religiosa. Difatti chi non vuole l’ora di religione cattolica esce di classe. Il crocefisso ha valenza storico-universalistica. Anche la Corte di giustizia europea - prosegue il prefetto - ha rimesso alle autorità italiane di trattare la questione secondo architettura costituzionale, affermando che il crocefisso non preclude, non esclude, non offende, non contraddice la laicità dello Stato». Il professore ha sbagliato mira? «Ha sbagliato bersaglio, la Chiesa non è rappresentata dal crocefisso».
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