Crocerossine, il fascino della divisa

Il fascino della divisa, viene da dire. Ha le stellette, come quella dell’esercito o dei carabinieri, ma questa è diversa. È quella da crocerossina. Sono 16 le nuove allieve infermiere della Cri che hanno sostenuto l’esame di chiusura del primo dei due anni di formazione e domani altre 15 volontarie saranno impegnate nella sede di via Codelli per chiudere il loro ciclo formativo e diventare sottotenenti a tutti gli effetti.
A Gorizia i corsi per infermiere volontarie sono ricominciati dopo 30 anni nel 2011 anche grazie al sostegno economico della Fondazione Carigo. Le giovani donne sono state formate per integrare il servizio di assistenza negli ospedali e nelle altre strutture che accolgono malati e anziani. Il percorso - durato 2mila ore di lezione e mille di tirocinio - è stato molto duro e selettivo. Di quelle che due anni fa si sono iscritte, solo una su due è arrivata al traguardo dell’esame finale. Le allieve, hanno svolto lezioni anche nella sede dell’università di infermieristica a Monfalcone, entrando poi in corsia in entrambi gli ospedali della provincia. «Non posso dire che sia stata una passeggiata – osserva Federica Collovati – ma l’esperienza è stata bellissima. Il corso non si poteva certo prendere sotto gamba: abbiamo studiato materie di ogni genere dalla biologia all’etica fino al diritto. Come diverse mie compagne, lavoro nel campo dell’assistenza domiciliare e in questo modo ho ampliato le mie conoscenze. In ospedale abbiamo girato quasi tutti i reparti trascorrendo delle giornate in pronto soccorso e in sala operatoria. I pazienti, soprattutto quelli più anziani, rimanevano a bocca aperta quando ci vedevano. Siamo state accettate con calore da tutta l’utenza. La divisa? È un po’ romantica, ma ci rende immediatamente riconoscibili e devo dire che nessuno ci ha mai confuse per delle suore». Come ausiliarie delle forze armate, una volta diplomate, le crocerossine potrebbero essere impegnate per le missioni umanitarie all’estero. «Mia figlia me lo ha vietato – osserva Federica – , ma a parte questo, credo che ci sia comunque tantissimo da fare anche qui da noi: c’è da fare per il nostro vicino di casa». Chi in missione vorrebbe andare è invece Francesca Marcolini, di professione docente. «L’ispettrice però mi ha detto che vorrebbe farmi insegnare etica alle nuove allieve», osserva. Con questo corso, Francesca ha coronato il sogno di bambina: «Avrei voluto diventare infermiera per aiutare le persone che soffrivano, poi però la vita mi ha portato da un'altra parte. Sono riuscita a colmare un bisogno personale e quando stai bene tu e allo stesso tempo aiuti gli altri, non c’è cosa più bella». L’esperienza vissuta nel corso di questi due anni è sintetizzata nel titolo della tesina che discuterà domani: «La crocerossina: l’infermiera vestita di bianco che porta sollievo nella sofferenza». «Spero di essere diventata questo – dice - . Spesso quando si vede un malato, specialmente oncologico, si pensa che è finita. Invece si può scoprire che c’è una nuova vita che inizia. La crocerossina non è un angelo come spesso si dice, è una persona concreta che opera professionalmente e questo corso, così impegnativo, mi ha formata tantissimo».(s.b.)
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