Croazia, la Santa Sede sbarra le porte alla canonizzazione di Stepinac

Il cardinale Parolin: «Serve pazienza. Il Papa deve tener conto di tutta la Chiesa». I serbo ortodossi contrari alla glorificazione per la collusione con il regime ustascia

BELGRADO «Ci vuole pazienza», aveva ammesso con un po’ d’amarezza il premier croato Andrej Plenkovic, dopo una visita in Vaticano nel febbraio scorso. Forse c’è invece bisogno di un passo ulteriore, anche se molti più sofferto: quello della rassegnazione. Rassegnazione, a Zagabria, riguardo a un tema estremamente sentito in Croazia, altrettanto divisivo nei Balcani – in particolare sull’asse con la Serbia - ossia quello della canonizzazione del controverso cardinale Alojzije Viktor Stepinac, ai vertici della Chiesa a Zagabria durante il regime ustascia, ai tempi della Seconda guerra mondiale. Canonizzazione che sarebbe lontanissima, indicano le parole del segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che è voluto tornare sulla questione Stepinac dalle colonne del settimanale “Glas Koncila”, autorevole voce della Chiesa cattolica in Croazia.

Parolin ha cercato di usare i termini più diplomatici e delicati possibili – utilizzando anche lui, come Plenkovic in primavera, la parola «pazienza» - per convogliare un messaggio tuttavia duro, che ha provocato delusione e pure rabbia, tra chi vorrebbe Stepinac santo. «Serve pazienza – ha affermato Parolin – in particolare tra le file della Chiesa cattolica croata che naturalmente aspetta con ansia questa canonizzazione». Tuttavia, il possibile «gesto» per onorare Stepinac deve essere «osservato» in un contesto più ampio, quello «dell’intera Chiesa», ha poi aggiunto, sottolineando che «il Papa deve tenere conto proprio di questa visione generale» prima di agire. E, per ora, non agirà. Riferimento, quello all’intera Chiesa, che analisti ed esperti in Croazia e non solo hanno letto come un’apertura alla Chiesa serbo-ortodossa, fieramente contraria alla glorificazione di Stepinac, visto a Belgrado esclusivamente come una figura collusa con il regime ustascia, responsabile di orribili crimini e massacri di massa verso serbi, rom, ebrei e oppositori del nazifascismo, ma anche di conversioni forzate di ortodossi alla fede cattolica, sotto minaccia di violenze e morte. Ed è difficile, forse impossibile che gli ortodossi serbi cambino opinione sul controverso cardinale.

Lo ha ammesso lo stesso Parolin, spiegando che «il dialogo», che c’è stato, tra Belgrado e Zagabria sulla questione Stepinac ma esso «non ha dato nessun risultato particolare». E le opposte posizioni, inconciliabili, «non si sono avvicinate», ha illustrato il segretario di Stato vaticano. Parole queste ultime, che hanno spinto la stampa croata a sostenere che anche il Vaticano abbia ormai pubblicamente ammesso che i colloqui bilaterali tra cattolici e ortodossi su Stepinac «sono falliti». Ancora peggio, ha svelato una fonte dell’alto clero croato allo Jutarnji List, Parolin avrebbe di fatto “abbandonato” i fedeli croati e i supporter di Stepinac, in cambio di un ramoscello d’ulivo porto in direzione Belgrado. «Triste – ha detto la fonte – che il papa tenga più alla Chiesa serba che ai cattolici di Croazia». Cattolici croati che, se il quadro non dovesse a sorpresa mutare in futuro, dovranno accontentarsi della beatificazione di Stepinac decisa nel lontano 1998 dall’allora papa Giovanni Paolo II, che premiò così la memoria di colui che, da ampie frazioni della società croata, è visto come un martire della libertà per essersi opposto al regime socialista della Jugoslavia di Tito.

Stepinac, aveva affermato lo stesso papa Francesco nel 2019, che fu «un uomo virtuoso, per questo la Chiesa lo ha dichiarato beato. Ma a un certo punto del processo di canonizzazione sono emersi punti non chiariti». E rimangono sul tavolo, a congelare ogni nuovo passo avanti. —


 

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